Recensione: Destruction Manual

Di Daniele D'Adamo - 20 Dicembre 2010 - 0:00
Destruction Manual
Band: Hatred
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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58

Hatred.
A questo nome corrisponde una lunghissima lista di band provenienti da tutti gli angoli della Terra. In quest’intricata selva dell’omonimia spicca al momento quella tedesca, fresca autrice di “Destruction Manual”, terzo full-length di una carriera ormai decennale.

Nati infatti a Schweinfur nel 1998, i Nostri propugnano con incrollabile fede il verbo dell’oldschool thrash metal; come quello, cioè, suonato da gente come Destruction, Sodom, Tankard e Kreator, giusto per non uscire dai patri confini.

Una fede intransigente nel rispettare l’ortodossia, però, poiché “Destruction Manual” non ha nemmeno una nota fuori da quanto scritto nell’«Enciclopedia dell’oldschool thrash metal». Non si tratta necessariamente di una critica negativa, questa: se si decide di suonare pedissequamente un certo genere, è ovvio che a esso non saranno applicate contaminazioni e/o elementi di progressione. E, se si tratta per l’appunto di suonare, i bavaresi lo sanno far bene.
Bacchus interpreta con duttilità, a petto in fuori, le stentoree linee vocali; evitando di sconfinare – se non per pochi attimi – sia nel growl sia nello scream. Maddin e Kört generano la struttura portante del sound mediante una selva di riff elaborati utilizzando solo e soltanto la tecnica del palm-muting. Hudson riempie i vuoti della tessitura musicale con il suo basso, tanto presente quanto anonimo. Evil Ewald, infine, percuote le pelli dal caratteristico «suono Bay Area anni ‘80» limitandosi a lavorare su tempi pari ed evitando, inoltre, di accelerare dal suo sempiterno mid-tempo.
L’ottima produzione, che solo un’etichetta discografica professionale può regalare, consente di cogliere con facilità tutto quanto sopra descritto. La regolarità del suono è difatti irreprensibile, così come l’omogeneità fra le sezioni musicali, con la possibilità – da parte di chi ascolta – di percepire perfettamente tutte le varie armonizzazioni: un suono potente e carnoso fatto apposta per far rendere al meglio lo stile del combo mitteleuropero. In sintesi, “Destruction Manual” suona come “Bonded By Blood” (Exodus, 1985) realizzato con le tecnologie del 2010.

L’amore e la dedizione dell’act proveniente dalla Germania per il thrash si trovano, intatte, anche nelle canzoni. Sia per quanto riguarda i temi trattati, sia per i titoli delle medesime; da «Manuale del perfetto thrasher». Anche in questo caso, non si deve necessariamente trattare di un elemento di negatività. La tradizione del genere si fonda, ormai, su quasi trent’anni di esperienza; per cui è del tutto normale che tutte le caratteristiche possedute dal genere stesso siano state indelebilmente marchiate a fuoco. Con ciò non potendo offrire nulla, in termini di originalità, a chi fa dell’oldschool thrash metal il proprio credo musicale.
Gli undici brani del CD, infatti – seppur dotati ciascuno di una propria identità – formano un insieme che, nemmeno dopo troppi ascolti, conduce inevitabilmente alle sabbie mobili della noia. I singoli episodi sono certo godibili e, a volte, piacevoli sia nel ritmo sia nei ritornelli (anche se appare esagerato e quindi ridondante l’uso dei cori riottosi). Tuttavia, quando nella fondamentale operazione di scrittura delle canzoni manca la classe, queste rimangono piatte e monotone. Non decollano, insomma. Tutto sa di trito e di ritrito, come se ci si trovasse davanti all’ennesimo «solito disco di thrash» della «solita band di thrash». Cosa che, purtroppo, accade.
“Destruction Manual” fa battere spesso e volentieri il piede con il suo andamento sciolto e dinamico. Probabilmente scatenerà pogo, headbanging e mosh, quando sarà proposto dal vivo. Ma, altrettanto facilmente, andrà a prendere polvere anche sugli scaffali del thrasher più incallito.

La «quasi-sufficienza», per “Destruction Manual”, c’è: ma solo per la bontà dell’esecuzione e della produzione, così come per la raggiunta consapevolezza – da parte degli Hatred – di aver raggiunto un sound maturo e personale. Un sound vuoto, però, in cui pare del tutto assente, o quasi, un sostegno artistico qualitativamente apprezzabile.     

Daniele “dani66” D’Adamo

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Track-list:
1. United 4:28
2. Ratter Of Hell 5:56
3. Run Amok 3:31
4. Black Sun Prophecy 5:42
5. Moshpit-Ritual 3:20
6. Porker’s Revenge 4:21
7. Submission Of The Uncontrolled 6:18
8. Speak Of The Devil 3:56
9. Metal Bastards 3:17
10. Smash ‘Em 4:49
11. Franconian Speed (Bonus) 4:53

All tracks 50 min. ca.

Line-up:
Bacchus – Vocals
Maddin – Guitar
Kört – Guitar
Hudson – Bass
Evil Ewald – Drums
 

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