Recensione: Discography Reissue

Di Francesco Bellucci - 11 Giugno 2012 - 0:00
Discography Reissue
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Anno: 2012
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50

Come molti dei lettori sapranno, Consortium Project è uno dei primi ego-progetti di Ian Parry, cantante e compositore olandese che nonostante le molteplici collaborazioni e creature, il sottoscritto ama ricordare per la più nobile, seminale ed elegante di esse: gli Elegy.

I CP sono un laboratorio di ottimi musicisti heavy riuniti da Parry per narrare un concept epico – fantascientifico che muove le proprie trame musicali in territori power- prog.
Il riferimento più vicino sono sicuramente gli Ayreon, ma fatte salve le competenze messe in campo da entrambe le parti, paragonare i due lavori francamente sarebbe come far competere del nobile Barolo con della ristagnante acqua salmastra.
Il 23 marzo di quest’anno la Lion Music decide di celebrare la conclusione della pentalogia firmata CP, ristampandone i primi quattro capitoli. Le release in questione godono di un restyling sonoro fatto dall’abituale rimasterizzazione bombastica e dall’aggiunta di alcune bonus track, più che altro superflue versioni demo ed acustiche di pezzi già presenti sugli album.

Per amor di chiarezza: non c’era alcun ragionevole motivo per cui la Lion Music impiegasse energie e quattrini nella ristampa di album che già all’uscita non destarono grande attenzione, se non per il prestigio dei nomi coinvolti.
Francamente quindi dispiace che, in tempi così bui, si provi ad indirizzare l’acquirente verso prodotti tanto pencolanti, prova di una mancanza di fantasia, attitudine imprenditoriale e senso artistico, prima delle case produttrici che degli artisti prodotti.

Consortium Project – I – Criminals & Kings (1999)

Snervante, ripetitivo e noioso. Le 11 tracce in questione sono ancor prima che prive di corrispondenza empatica con i testi, banali e monotone fino allo sfinimento.
Le composizioni spesse volte menano il can per l’aia. Nessun pezzo decolla, nessuna melodia sorprende, e quello che rimane è solo la fastidiosa sensazione di ascoltare dei demo abbozzati e tutti uguali.
Oltre alla pizzosa e monocorde prova di Parry dietro il microfono, delude anche Rondat, comprimario di lusso il cui rigoroso e circolare senso melodico è totalmente annichilito della povertà del tessuto armonico nel quale i suoi soli si inseriscono. Inascoltabile davvero.
Non c’è una canzone che si faccia ricordare, né una melodia che si finisca per riascoltare, o tanto meno un passaggio che appassioni. Molto più emozionante ed artistica una gara di curling.

Tracklist:

01. House of Cards
02. Banquet for Thieves
03. Evilworld
04. Garden of Eden
05. The Entity (Instrumental)
06. Change Breeds Contempt
07. A Miracle Is All We Need
08. The Snake
09. Criminals & Kings
10. Chain of Fear
11. Pandora’s Box
12. A Miracle Is All We Need (Acoustic version)
13. Evilworld (Demo version)

Line-up:

Ian Parry (Voce)
Stephan Lill (Chitarra)
Thom Youngblood (Chitarra)
Tamas Szekeres (Chitarra)
Patrick Rondat (Chitarra)
Barend Courbois (Basso)
Martin Helmantel (Basso)
Arjen Lucassen (Basso)
Dirk Bruinenberg (Batteria)
Jan Vayne (Piano)
Tommy Newton (Tastiera)

Consortium Project – II – Continuum in Extremis (2001)

Continuum rimane nel solco segnato da Criminals & Kings, solo un po’ meglio arrangiato e con un pizzico di verve e maturità rispetto al predecessore. Rimane ahimè quanto detto sopra per il primo capitolo della saga, di cui questo secondo atto porta con sé il peccato originale di un lavoro disomogeneo e tedioso.
A differenza del pessimo Criminals però, Continuum propone idee a tratti decenti, come in Asylum Seekers ed in Mirror Image, song quest’ultima dal ritornello niente affatto scontata, o in Asphyxia, nella quale musica e melodie trovano una consonanza assai rara per gli standard proposti fin adesso, oppure in What you sow, you reap , che tuttavia manca del guizzo melodico cha avrebbe potuto fare la differenza.
Affiancano queste tracce altre più convenzionali e deludenti, a tratti inascoltabili, come Lapes of Madness e Intrusions of Madness, o l’orribile Poetic Justice. Ed ancora Sentiment in Sanctuary, le cui armonie non si capisce mai dove vogliano andare a parare. Un altro pessimo album, di poco al di sopra del primo.

Tracklist:

01.Continuum in Extremis
02. Asylum Seekers
03. The Catalyst
04. Intrusions of Madness
05. (A Momentary) Lapse of Reason
06. Mirror Image
07. Sentiment in Sanctuary
08. What You Sow, You Reap
09. Asphyxia
10. Collide-O-Scope (When Past and Present Collide)
11. Poetic Justice
12. Intrusions Of Madness (bonus demo)
13. Poetic Justice (bonus demo)

Line-up:

Ian Parry (Voce)
Stephan Lill (Chitarra)
Thom Youngblood (Chitarra)
Günter Werno (Tastier)
Jan Bijlsma (Basso)
Patrice Guers (basso)
Patrick Rondat (Chitarra)
Dirk Bruinenberg (Batteria)
 
Consortium Project – III – Terra Incognita (The Undiscovered World)(2003)

In questo terzo capitolo pezzi improponibili come Nemesis, Accros the Seven Seas e White Sands, si alternano a brani mediocri come Terra Incognita, dagli intriganti arrangiamenti iniziali, ma dai cori che sembrano appartenere ad un’altra canzone, o Spirit of Kindness, in generale piuttosto varia e con un bell’inizio, la cui melodia conduce però ad un chorus di rara bruttezza e dissonanza.
Quasi impossibile trovare composizioni che riescano a stagliarsi al di sopra di tanto magma informe. Segnalo comunque alcune piccole eccezioni, come Reductio in Absurdo, che possiede buone idee, e Great Exploration, dai cori azzeccati che cerca però una quadratura del cerchio malriuscita. Interessante inoltre Lost Empire dalle melodie dense e meditate, e la buona traccia d’apertura The Council Of Elders.
A conti fatti però anche questo terzo capitolo non si discosta dal genere, dagli strumenti e dalle modalità adottate per i primi due deludenti e noiosi album della saga.
    
Tracklist:

01.The Council Of Elders
02. Spirit Of Kindness
03. The Ark
04. Lost Empire.
05. Reductio Ad Absurdum
06. White Sands (California Lighthouse)
07. Great Exploration
08. Across The Seven Seas
09. Nemesis
10. Beyond The Gateway Of Legends
11. Terra Incognita (The Undiscovered World)
12. Great Exploration (Bonus-demo version)
13. Terra Incognita – The Undiscovered World (Bonus-demo version)

Line-up:

Ian Parry (Voce)
Ingeborg Wienten (Voce)
Brenda Davis (Voce)
Stephan Lill (Chitarra)
Mike Chlasciak (Chitarra)
Jan Bijlsma (Basso)
Robert Finan (Basso)
Marcel van der Zwam (Basso)
Casey Grillo (Batteria)
Joshua Dutrieux (Tastiere)
Oliver Wright (Cori)
Jacqueline Kuperus (Cori)
Judith Rijnveld (Cori)

Consortium Project – IV – Children Of Tomorrow (2007)

Questo quarto capitolo appare sicuramente più coerente e fantasioso, nonché meno dispersivo e più funzionale al testo narrato rispetto ai lavori precedenti. Buona A Sign Of The Times. Nowhere Fast ha la grana spessa di un vero pezzo, curato dall’inizio alla fine, con ottimi arrangiamenti, sapiente uso della voce femminile nel ritornello, e divertenti ostinato di violini. Anche il solo, per quanto poco personale e discretamente prolisso, risulta ben inserito nella composizione.
Neverland è un brano dall’incedere solido e degli inserti di tastiere-carillon e corni francesi davvero pregevoli. Per quanto non ci siano melodie trascinanti, l’insieme risulta soddisfacente.
Shadows e Exodus sono composizioni articolate, ma compatte ed in generale ben concepite.
Made in heaven è una traccia trascurabile, fastidiosamente claustrofobica e con una melodia affrettata e fuori contesto.
Segnalo Let The Wind Carry You Home: inizio da musical per 3 minuti sinfonici che spaziano da spunti celtici a paesaggi sonori corali tutto sommato godibili, nonostante alcune ingenuità. Si apprezzano finalmente piuttosto fresche, e Parry per la prima volta artefice di una decorosa interpretazione.
Enigma è un pezzo veloce ed aggressivo, peccato per il controcanto totalmente alieno alla melodia del brano. Mastermind e Path of destruction sono tracce interlocutorie. Contengono qualche idea, ma restano modeste, per non dire carenti, dal punto di vista melodico.
Anche Children of Tomorrow è nella media, cioè un brano senza nerbo e tirato troppo per le lunghe. Agghiacciante il finale con cornamuse sintetiche.

Tracklist:

01. A Sign Of The Times
02. Nowhere Fast
03. Neverland
04. Shadows
05. Exodus
06. Made In Heaven
07. Let The Wind Carry You Home
08. Enigma
09. Mastermind
10. Path Of Destruction
11. Children Of Tomorrow

Line-up:

Ian Parry (Voce)
Joshua Dutrieux (Tastiera, Basso, Chitarra)
Ivar de Graaf (Batteria)
Lou St. Paul (Chitarra)
Henk van der Laars (Chitarra)
Niels Vejlyt (Chitarra)
Marcel van der Zwam (Basso)
Rosita Abbink (Cori)
Erna auf der Haar (Cori)
Arjo Midema (Cori)
Kyra Dutrieux (Voce Narrante)
Roy Patrick Parry (Snare Drums)

Il lavoro dei Consortium Project è per larghi tratti estenuante, noioso, caotico, imbarazzante, superfluo. Una serie di album che, salvo rari casi, inanellano con costanza matematica insufficienze sotto molteplici punti di vista, e che più volte propongono musica inversamente proporzionale alle capacità e fama dei musicisti coinvolti.

Le composizioni di Parry, unico responsabile, sono difficili da seguire, ma non per la loro complessità – essendo in verità talora piuttosto banali, sghembe e kitsch – quanto per la presenza di così tante idee poco convincenti e spesso ripetitive, oltre a tante pessime melodie che, con pervicacia davvero lodevole, ben si tengono distanti da una qualsivoglia parvenza di sostanza.

Vano a questo punto aggiungere che tanto il lavoro dei Consortium Project, quanto e soprattutto la malfatta decisione della Lion Music di ristampa, abbiano – opinione personale – mancato l’obiettivo. Qualsiasi esso sia.

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