Recensione: Dissociation

Di Andrea Poletti - 20 Ottobre 2016 - 0:00
Dissociation
Etichetta:
Genere: Vario 
Anno: 2016
Nazione:
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82

 “…il termine dissociazione acquista il suo significato in base ai criteri prescelti per la sua delimitazione. In generale esso designa la distorsione, la limitazione o la perdita dei normali nessi associativi con conseguente incongruenza tra idea e idea, tra idee e risonanza emotiva, tra contenuto di pensiero e comportamento, dove è leggibile una separazione e nel contempo un allacciamento arbitrario tra i diversi elementi della vita psichica.”

Ancora più in sintesi: The Dillinger Escape Plan : “Dissociation”.

Signori e signore venghino, questo non è un teatro, non è un cinema e nemmeno un cabaret, tale proposta non rispecchia altro che la controtipazione della vostra vita; mi dirvi signori che tutto ciò è molto, molto, molto peggio di quanto la vostra follia più repressa possa anche solo immaginare. La vita è una grande dissociazione. Tu, io, noi, loro guardali questi folli benpensanti che non vedono oltre il loro becco informe. Favoreggiamo alcuni elementi dei processi psichici più reconditi poiché essi rimangono “disconnessi” o separati dal restante sistema psicologico dell’individuo. Dunque? SestoalbumperinostriTheDillingerEscapePlancheprendeformasottounaspettoalquantoinusualepoichèdivental’ultimodell’interacarriera. Come? Non capite cosa c’è scritto? Allora evitiamo anche di comprendere “Dissociation” poiché questo canto del cigno è la sintesi di una carriera, e in contemporanea il definitivo passo in avanti verso lidi sempre più progressivi, ma progresso nel vero senso del termine, dell’andare oltre non delle semplici note suonate in qualche ritmo strambo che fanno godere solamente i “morti di note”. Pensiero troppo lungo quello appena trascorso? Mi dispiace… non è vero, fatti vostri. Guarda! (urlo disperato) un bicchiere rotto nel nero più assoluto, un cristallo in frantumi e le tue speranze svaniscono. La fine di una storia, di una carriera ancora al top che prende vita con il “Calcolo dell’Infinità” per diventare vetro rotto, come la cover suggerisce. Avevo già parlato di vetro credo…Grazie bravo vai avanti

Ed il vetro si sente solo.

Sesto album.

Undici Canzoni

Tu sei il dodicesimo uomo in campo.

No, non è la pubblicità di FIFA, ma ragionandoci sopra non è altro che la pura verità: senza diventare parte di queste undici canzoni “Dissociation” non prende vita; un ascolto poco accurato no, no signori non si fa, no grazie. Bisogna comprendere e raccontare come suona il disco, bisogna sentirlo attivo, che spinge senza diventare e/o essere passivi diavolo! Alzate il volume questo è il metal estremo, nel puro senso del termine, dove rimanendo fermi e vigili nei propri stilemi compositivi si riesce ad estremizzare il proprio percorso evolutivo e guardare oltre la collina, dove Leopardi non è mai arrivato, povero Giacomo.

Limerent Death” parte mandando a quel paese ogni canzone standard per la classica “botta in faccia”; è costruita su di un riff vizioso, che gira su se stesso sino al torcicollo per espandersi e alla fine il vetro esplode, tu tramortisci a terra con la voce pulita in sottofondo.. la voce pulita la voce la voce pulita la voce pulita pulita pulita su distorsioni amorfe. Il finale? Un’esplosione di gusto a salire e silenzio. Il progressive arriva e ti feconda con un finto lento che odora di sperimentazione e paura, cosa accade? Aiuto… perché in quattro minuti ‘Symptom Of Terminal Illness’ si impadronisce di me? Non mi importa, devo dare da mangiare alle ortiche e menare il cane per l’aia. Ma a Den Haag (l’Aia) ci sono andato e non vedevo cani malmenati. Dite che i Dillinger siano dei “picchiacani”? Cavolo è partita ‘Symptom Of Terminal Illness’ ho perso la cognizione del tempo e il jazz, l’avanguardia mi sta aspettando, sono in ritardo. Che botta questa canzone, un sali e scendi versi lidi inesplorati in dissonanze che danno il voltastomaco, adoro stare male. Da 2:14 a 3:44 gli spasmi e le visioni, l’arcangelo fantozziano dal cielo; questo breve stacco è la sintesi della sperimentazione senza perdere l’anima di se stessi. Poi, poi, poi c’è ‘Fugue’ e penso di aver sbagliato album; Trip-Hop, elettronica e la disco impazzisce; su le mani gente! Funziona diamine se funziona e serve da collante alla seconda parte perché è ora, in questo millisecondo, dalla quinta traccia che “Dissociation” prende forma nel suo vero essere. Non ho voglia di raccontarvele una ad una, ho dormito poco, salto alla settima e ottava fatica, in mezzo mistero non posso raccontarvi tutto e il perché prende forma lo comprendere nel vostro io, la dove volano le aquile. Si sono egoista. ‘Honey Suckle’ combina bossa nova, leggerete musiche caraibiche con velature elettroniche per un mojito supertrendy, ma io che ci posso fare se la struttura dei nostri rimane identica, non smentisce il proprio passato e diventa la ciliegina sulla torta di ricotta dove noi danziamo frivoli e scanzonati? Un finto lento che mi attizza il giovane e disinibisce il vecchio califfo. ‘Manufacturing Discontent’ è lo shakerato perfetto come un pugno in faccia e una carezza. Alimenta istinti da serial killer e la testa mi scoppia, headbango contro il muro, tanto vinco io; muro a noi due bastardo… so che domani avrò la carne greve. Che botta questa canzone, più la ascolti più la adori. Poi salto del coniglio, maliziosi che non siete altro… Salto e arrivo direttamente alla conclusiva ‘Titletrack’ passando dal via. 20.000 lire per me grazie e non vi pago parco della vittoria. In mezzo accade che ho il silenzio stampa, solo un consiglio, mettetevi il casco da 1:34 a 1:45 di ‘Apologies Not Included’ questi sono pazzi.

Vedo la gente pazza.

I tedesci! I Teschi!

No scemo è solo la conclusiva ‘Titletrack’ che come dicevo prima, pone il punto di non ritorno atipicamente. Fai il serio un minimo. Ohhh, ho voglia di prosciutto crudo con fritto misto, come mai sono le 23:45 e ho fame? Cosa accade? La “Titletrack’ dicevamo, è la struttura che chiude alla perfezione il cerchio, poiché dopo attimi di istrionismo, di elettronica con trip-hop, di puro death, di math-core, di progressive, la pentola ribolle, ci lascia definitivamente per comprendere come i Dillinger siano così maturi che lasciare la scena con questo album è la decisione migliore che potessero mai fare. Ora datemi la sigla di Quark e chiamatemi Piero Angela, no Alberto non lo voglio è troppo sexy e sfiguro.

Lo vede che stuzzica? Come se fosse antani, prematura o scherziamo? Bene, ‘Dissociation’ è magistrale, è l’apoteosi di una carriera, la sintesi del tutto, la gigante nera, il buco nero, la luna nera, il mare nero, Franco Nero della carriera dei nostri. Chiudere con questo album significa portare a compimento un percorso che oggi li vede andare oltre, forse troppo oltre per quelli che vedranno in tutto questo solo note inutili e indifferenti. Sono quelli che vedranno questo scritto come inutile e stupido… vanno di pari passo le due cose. I The Dillinger Escape Plan non hanno certamente sfornato il loro miglior disco di sempre, questo sta al gusto personale…ma questo è un signor disco! Margherita con bufala e calfort grazie per me, paga tutto lui, niente romana perfavore. 

Si usted entiende, que este disco es la mejor conclusión posible, entender mucho del grupo. Otherwise, Aufwidersehen e figli maschi. Je suis Dissociation!

Signori, Signore, dissociatevi, andate oltre, non richiudetevi dentro schemi, soffocherete la vostra apertura mentale diventando fragili e senza carattere. Dissociatevi, dissociatevi, dissociatevi anche volontariamente per comprendere come lo spettacolo che avete perso lungo la strada darà la nascita ad una parte di voi che prima era persa negli bissi della vostra razionalità.

Sipario grazie.

E come diceva Peppino il breve: A me le ascelle piacciono rasate.

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