Recensione: E.DIN

Di Michele Carli - 14 Aprile 2011 - 0:00
E.DIN
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Anno: 2011
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85

Stavolta è proprio il caso di dirlo, non ci sono scuse: ve l’avevo detto.
Volizione, demo uscito un po’ in sordina nel 2008, dimostrava già una direzione e un modo di intendere il grindcore decisamente interessante, seppure ancora acerbo. Cantato in italiano, forti influssi black metal e una particolare attenzione sul fronte dei testi ne avevano fatto un prodotto di tutto rispetto, facendo intuire una bella dose di potenzialità ancora da esprimere e sviluppare a pieno. E effettivamente, con il tempo la crescita c’è stata, ed è stata selvaggia.

E.DIN è un calderone che riprende tutto quanto fatto di buono in Volizione e lo amplifica, lo arricchisce ulteriormente di dettagli e sfaccettature e lo rende completo. Rimangono le forti influenze black metal, rimane la base di powerviolence e grindcore tradizionale e rimane l’attenzione per la parte concettuale, sempre curata da tutti e tre i membri: Dario (chitarra e voce), Puja (basso) e Magris (batteria). Quello che cambia è la sensazione complessiva data dall’ascolto del disco: E.DIN è chiaramente un album maturo, si scrolla di dosso l’aria da demo scritto e registrato in fretta e si propone come prodotto studiato e ragionato fino in fondo.

L’attacco è diretto e costante: si salta da tracce chiaramente debitrici verso la follia e l’ultravelocità di gruppi come i grandi Yacøpsæ, ad esempio nell’introduttiva Sangue del mio sangue o in Vomitsoapbubbles, fino a momenti più articolati e meno diretti, seppure costantemente aggressivi, come in So I’m Cook o Coscienza, con le loro parti cadenzate e le strutture più complesse. Ogni traccia ha una peculiarità che la rende facilmente riconoscibile rispetto alle altre dopo pochi ascolti, grazie anche ai testi, spesso comprensibili, o al limite intuibili, tra le urla sguaiate e isteriche di Dario. Urla continue che sono la norma in tutto il disco, solo in alcune parti accompagnate da un growl più tradizionale eseguito da Puja.

La produzione è secca e potente, con il giusto accento sulla batteria di un Magris in gran spolvero. Tutti gli strumenti sono perfettamente udibili ma non asettici, fieri e attivi partecipanti al marasma sonoro, lontanissimi dai suoni tirati a lucido da sembrare finti, come spesso succede in ambito estremo.

È difficile trovare un difetto in E.DIN, sul serio. La voce può non essere del tutto digeribile a chi non mastica abitualmente pane e Hellnation, questo sì, e i quaranta minuti di legnate in testa possono mettere a repentaglio la capacità di sopportazione di alcune persone, indubbio anche questo. Ciò nonostante, i Male mISANDRIA stavolta hanno dato piena dimostrazione di essere uno dei gruppi grind più in forma di tutta la penisola. Cercate questo disco!

Michele “Panzerfaust” Carli

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Tracklist:
1. Sangue del mio sangue
2. So I’m Cook
3. Amorfe
4. Earth reset
5. Somni specus
6. Convinzioni
7. Non siete
8. Homo homini homo
9. Scriba
10. Alba
11. Vomitsoapbubbles
12. Nella culla della speranza
13. Come creta
14. Cometa
15. Certezze
16. Daltonico
17. Money turns into paper
18. L’amore perso
19. Coscienza
20. Coerenza
21. Idolima
22. Noi
23. Incendio
24. Jizo
25. In stagione di guerra

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