Recensione: Echoes of Wonder

Di Tiziano Marasco - 4 Aprile 2012 - 0:00
Echoes of Wonder
Band: Raven Tide
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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64

Che l’imperativo categorigo del female-fronted gothic metal italiano, nel 2011, fosse ridare dignità a Madonna?
Domanda molto strana con cui aprire una recensione, vero? Ma è un fatto che, nel giro di pochi mesi, ben due band nostrane si siano cimentate in una cover di “Frozen”, pezzo che la signora Ciccone ha portato alla ribalta mondiale nel 1998.

Oggi è la volta dei Raven Tide, gruppo di Prato a quattro membri, attivo dal 2009, e giunto con “Echoes of Wonder” al secondo full-length. E si può tranquillamente affermare che di dignità, a “Frozen”, questi ragazzi ne danno parecchia. A contribuire alla buona riuscita della trasformazione del pezzo originale in brano gothic-metal, infanti, oltre alle trame già gothic-oriented dell‘originale, contribuisce anche un certo gusto dei Raven Tide per le divagazioni elettroniche. Sta di fatto che la traccia in questione non sfigura affatto all’interno dell’album e si inserisce perfettamente all’interno della tracklist senza stonare.
Un album che, in generale, ci offre dieci brani ariosi e di ampio respiro, per quasi un’ora di buon gothic.
La più evidente delle influenze sembrano i Tristania del periodo di transizione. Questi ragazzi devono essere stati stregati dall’indimenticabile “Word of Glass”, con le sue trame dark liquide, il piano etereo, l’elettronica. Da qui poi una spiccata svolta verso la melodia dolce e la quasi totale pulizia dei growl.
Stupisce, per una band poco conosciuta e con un solo disco all’attivo, la solidissima maturità del songwriting e l’abilità nel comporre ritornelli che esaltano la ottima voce di Cheryl; è impossibile, a tal proposito, non citare la cantilenante strofa di “The Ashent” o la teatrale “Lucifer Bliss”, l’unica canzone in cui compaiano dei growl maschili. Proprio questi sporadici growl donano una marcia in più al pezzo, con la loro fulminea dissonanza. Va detto, poi, che la cantante, sebbene si muova su toni abbastanza elevati, mai cede ad acuti lirici che possano rivelarsi di cattivo gusto e rovinare, così, il grande equilibrio del disco.
Altro elemento davvero sorprendente è la classe e il gusto per la melodia che questa band rivela, tanto che il disco ha un sapore unico. Riporta alla mente certe arie di “Lovelorn”, debut dei Leaves’ Eyes, o il successivo “Vinland Saga”, nonostante, in realtà, “Echoes of Wonder” viaggi su sonorità notturne assai più cupe rispetto a quelle della band tedesca. Senza dubbio, però, le due proposte sono accomunate da una sobrietà che, spesso, in questo genere latita. Per il resto si può porre l’accento sui sette minuti dell’ariosa opener “Oblivion”, con un ottimo ritornello ed un’altrettanto ottima prestazione vocale di Cheryl: una song sempre sulle linee di ipotetici Tristania “sub valium”, così come “Steal Me From Death”, che regala vaghi echi di “Wormwood”. Molto buone anche “Doom Reveil” o “Abyss”, che si segnalano per qualche fantasiosa divagazione di tastiera, o “Frail”, come da copione, immancabile ballata per piano e voce. A chiudere l’ultima fragile ballata per piano e voce, guidata da un buon giro di piano e da una convincente semplicità.

Insomma, vediamo questo gruppo cimentarsi in un genere (o, meglio, nel sottogenere del female-fronted melodic gothic metal) che ha finito di stupire il mondo non meno di dieci anni fa. Quindi con tutti i rischi che il caso comporta di finire nel dimenticatoio dopo un paio di, seppur molto piacevoli, ascolti. Tuttavia se la proposta non brilla per originalità, e qui, davvero, non si inventa nulla, viene comunque spontaneo augurare ai Raven Tide di continuare su questa strada.

Line Up:
Cheryl / Vocal & Pianoocal
Shark / Guitar
Fred / Bass
Mark / Drums

Tracklist:
01 Oblivion (6:57)
02 The Ascent (5:17)
03 Doom Reveil (4:49)
04 Abyss (5:02)
05 Frail (4:04)
06 Frozen (5:32)
07 Alfirin Alagos (5:59)
08 Lucifer Bliss (4:47)
09 Steal Me From Death (5:19)
10 End to the Flame (4:54)

Tiziano “Vlkodlak” Marasco

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