Recensione: Enigma Prognosis

Di Giorgio Vicentini - 24 Giugno 2004 - 0:00
Enigma Prognosis
Band: Veneficum
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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45

Il Symphonic black metal è un’arma a doppio taglio e questa seconda uscita americana perora ulteriormente la mia tesi; sono sempre scettico di fronte a prodotti di questo genere perché ho chiara nella mente la convinzione che ci siano stati davvero pochi fulgidi esempi in tal senso; primo tra tutti l’epocale “In the Nightside Eclipse” sul quale baso sempre il mio metro di giudizio oltre che su pochi altri. Tralasciando le convinzioni di carattere personale, influenzate dai miei gusti, non si possono escludere dal discorso “symphonic” i Dimmu Borgir, tanto autorevoli da stimolare anche i Veneficum visto che il loro platter sembra uscito proprio dalle mani di Shagrath & Co.
Purtroppo, realizzando un disco di questo tipo, lo scivolone è dietro l’angolo perché i casi sono due: o si è dotati di una classe ed un talento fuori dal comune, oppure basta poco per cadere sulla buccia di banana detta “clichè”.

Il caso “Enigma Prognosis” non è uno dei più eclatanti però tende a ricadere senza problemi nella seconda categoria visto che per tutto il disco è palpabile l’aria di già sentito, dove la sorpresa non è certo di casa. Tutto scorre secondo assodati binari fortemente “Dimmu Borgir oriented” che prevedono una produzione limpida e professionale, un certo tipo di suono, passando per lo scream caratteristico, per il riffing che varia dalla posizione di supporto alle melodie di tastiere ad essere parte dominante per dare ritmo e violenza ai pezzi. Tutto bello, tutto riuscito, ma già udito altre centinaia di volte tanto che in alcuni pezzi, capita la linea guida di questi americani, si può perfino prevedere lo svilupparsi delle melodie anticipando mentalmente quando attaccherà la tastiera o quando ci sarà una sfuriata in velocità.
Questo non significa che i musicisti non sappiamo quello che fanno, probabilmente lo sanno fin troppo bene visto che è davvero difficile che escano dal seminato; le doti tecniche ci sono eccome, sia da parte dei due chitarristi che sfoggiano padronanza e gusto, ma soprattutto dal cantante/bassista (per l’occasione anche batterista) che svolge un lavoro notevole ed impegnativo.
Anche le melodie portanti sono pregevoli, alcune aperture di tastiera fanno gonfiare i polmoni per quanto riuscite siano, ariose ed evocative ma sempre con lo spettro del già sentito.

Come se non bastasse, a calcare la mano c’è anche la lunghezza dell’intero disco che appesantisce l’ascoltatore per ben 73 minuti; troppi ed ostici da sopportare per un genere musicale che, se proposto con poca originalità, è una sincera mattonata. Indubbiamente, certe idee cardine per la costruzione dei pezzi non potevano essere liquidate in tre-quattro minuti, anche alla luce del giusto ed ampio risalto concesso alle tastiere che nobilitano moltissimo le composizioni. In ogni caso, qualche pezzo più diretto ed originale avrebbe aiutato l’ascoltatore a combattere la tendenza a distrarsi durante composizioni così prolisse che culminano nel mastodontico strumentale di ben 15 minuti, semplicissimo nella struttura ma atmosferico e rilassante.

Seguendo questa linea generale, che lascia in bocca un vago sapore di “bello però…”, arriva anche l’artwork con una copertina davvero riuscita e realizzata in una grafica pulitissima e di altissimo livello che esalta l’esterno del disco, ma che lo appiattisce nel booklet con una veste molto meno raffinata, non all’altezza della facciata.
Se volete comprarvi per forza un disco di symphonic black potete anche acquistare “Enigma Prognosis” perché nei suoi evidenti limiti di originalità che ne inficiano la longevità, è ben realizzato, altrimenti essendoci tanti pesci nel mare…

Tracklist:

1. Odd Weather
2. Psychological Orb Unrest
3. Oblivion Sektor
4. Existential Stellar Palette
5. Bleak Transparent Face
6. Tired Aeons
7. Contorted Wake Tapestry
8. Spectresphere
9. A New Consciousness
10. Evolution Damnation
11. Reflections Collapse

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