Recensione: Flames From Below

Di Stefano Ricetti - 15 Agosto 2020 - 0:30
Flames From Below
Genere: Heavy 
Anno: 2020
Nazione:
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70

I Perpetual Rage sono un combo nato nel 2009 in quel di Kuopio, città arcipelago posta nella Finlandia orientale. A oggi, compreso Flames from Below, oggetto della recensione, contano tre full length in bacheca preceduti da quattro demo.

La loro è una ricetta che poggia sugli stilemi dell’heavy metal anni Ottanta di stampo veloce, dall’appeal melodico e sino ad ora, seppur senza far mai gridare al miracolo, sono riusciti a realizzare i propri album (Empress of the Cold Stars del 2017 e The New Kingdom del 2015) totalmente nel solco della tradizione a loro cara.

La formazione è a quattro elementi e comprende i due fondatori Petri Hallikainen (chitarra) e Tomi Viiltola (voce), seguiti da Ari Helin al basso e Kari Hyvärinen alla batteria.

La particolarità di quest’ultimo disco risiede nel fatto che la label che lo pubblica è l’italianissima Underground Symphony. Non che vi sia da stupirsi più di tanto, l’etichetta piemontese vanta un passato ricco di collaborazioni con band straniere, probabilmente i Perpetual Rage, approdandovi, sperano di scimmiottare la carriera di certi Sabaton, lanciati in orbita proprio da Maurizio Chiarello, agli inizi del loro percorso artistico.

Flames from Below è il tipico disco che va preso in blocco: cinquanta minuti scarsi di musica declinati lungo dieci canzoni senza particolari scossoni fra una e l’altra. I finlandesi ci mettono il cuore e basta, l’onestà di fondo che li contraddistingue porta a scrivere che questo loro terzo sia la diretta prosecuzione dei primi due. L’attitudine e la fede, d’altronde, si misurano anche in queste cose. Staticità? Si può rispondere con coerenza. Ripetitività? Si può controbattere con attitudine. Album fotocopia? Si può semplicemente obiettare con il credo…

A impreziosire il Metallo di stampo classico dall’allure melodico contenuto all’interno di Flames from Below vi è senza dubbio l’ugola di Tomi Viiltola, non certo un signor nessuno ma uno che in più di un passaggio ricorda, senza sfigurare affatto, fuoriclasse del calibro di James Neal, Geoff Tate, James Rivera e il nostro Morby. Nel mezzo di quest’unità di intenti avviluppata dentro una confezione digipack robusta ma minimale, fanno la loro porca figura pezzi quali “The Call”, la Primal Fear orientedReplicant”- entrambe garanzia di scapocciate a oltranza – insieme con i due lentoni d’ordinanza “Down to the Wire” e “Lost in a Dream“.

Flames from Below non scompaginerà di certo le sorti dell’HM di questo 2020 ma, con tutta la sua onestà di fondo, potrà costituire sollucchero per tutti coloro i quali si riconoscono nelle tre risposte di cui sopra.

HAIL

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

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