Recensione: Heresy And Creed

Di Stefano Burini - 10 Ottobre 2012 - 0:00
Heresy And Creed
Band: Ten
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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75

Passarono ben cinque anni tra il discusso “The Twilight Chronicles” e l’apprezzatissimo “Stormwarning” ma per fortuna non ne sono passati altrettanti, da allora, prima di poter vedere Gary Hughes e i suoi Ten ritornare in pista con un album nuovo di zecca. Dopo l’addio di Vinny Burns la vena dei Ten pareva essersi un po’ offuscata a causa di un paio di dischi generalmente ritenuti poco brillanti (“Return To Evermore” e “The Twilight Chronicles”) e l’allora chitarrista Chris Francis, impietosamente schiacciato dal confronto con il suo illustre predecessore, fu da molti indicato come l’anello debole dei “nuovi” Ten” e presto messo alla porta. 

Da allora più che mai i Ten sono dunque diventati di fatto una sorta di Gary Hughes Project, con il compositore britannico solo al comando e pronto a circondarsi di volta in volta dei musicisti più adatti alla bisogna. Così se su “Stormwarning” Neil Fraser ricopriva il ruolo di chitarrista solista, oggi al suo posto troviamo il misconosciuto Dan Mitchell e anche alla tastiera e alla batteria si registra l’arruolamento di due new entry, rispettivamente Darrel Treece-Birch e Max Yates, ad affiancarsi ai veterani John Halliwell e Steve McKenna. Nonostante ciò, accingendoci all’ascolto, notiamo che nemmeno questa volta il sound dei Ten si sposta di molto da quanto essi hanno proposto nel corso degli anni, pur colorandosi per l’occasione di sapori orientaleggianti che ne caratterizzano le atmosfere alla maniera di quanto accadeva con gli arrangiamenti futuristici di “Babylon”. Si accentua inotlre in certi frangenti il lato epico delle composizioni senza tuttavia deragliare mai dai binari su cui la musica dei britannici è incanalata da quasi vent’anni e se c’è una band a cui si perdonano volentieri le autocitazioni e la scarsa (eufemismo) sperimentazione sonora, questi sono proprio i mitici Ten.

“The Gates Of Jerusalem” è un intro dal sapore epico e dai forti accenti orientaleggianti, non troppo distante da quella che potremmo immaginare come la colonna sonora di un documentario sugli antichi Egizi. L’Intro lascia velocemente campo libero al primo (e per fortuna non unico) pezzo da novanta di “Heresy And Creed”, la fantastica “Arabian Nights”: le strofe, le sonorità, il refrain a presa rapida, tutto è 100% Ten-style e funziona a pieno regime,  in due parole una instant classic. 

La successiva “Gunrunning” pur non mancando di spunti interessanti non ha la stessa efficacia ed evidenzia, in particolare, la tendenza di Mitchell ad esagerare talvolta con le scalate a velocità supersonica. Tocca quindi a “The Lights Go Down”, con le tastiere a creare un atmosfera drammatica molto coinvolgente che sfocia in un altro ritornello di tipica marca Ten , e alla splendida “Raven’s Eye”, probabilmente Il vero apice di “Heresy And Creed”, forte di una melodia ciondolante ed immaginifica come un sogno ad occhi aperti, riportare in quota l’indice di gradimento.

Il riff che non ti aspetti, molto Led Clone fine anni ’80, come del resto il bridge intorno al minuto 3:30, regge la più rockeggiante “Right Now” buona ma leggermente “tarpata” da un refrain che non riesce realmente a spiccare il volo. Questione di attimi e si sale tosto di tono con la spettacolare “Game Of Hearts”, altra hookline da antologia e la riprova che quando Gary è ispirato non ce n’è davvero per nessuno. Peccato forse per i suoni, per la verità mai nitidissimi ma, soprattutto in questa traccia, penalizzanti per i passaggi di batteria più spinti.

Partono i primi accordi di pianoforte di “The Last Time” ed è immediatamente chiaro che è giunto il momento dell’immancabile ballata regina, quella che nonostante la qualità espressa finora potrebbe farci tranquillamente dire che “finora abbiamo scherzato”. Arrangiamenti di gran lusso e un Gary Hughes più romantico e suadente che mai al servizio di una ballata di una bellezza disarmante nella sua semplicità che raggiunge il proprio culmine in un altro refrain da tramandare ai posteri.

“The Preisteress” è da manuale dell’AOR/melodic rock: clima festaiolo, alternanza voce/chitarra come si usava trenta e passa anni fa e una linea vocale che riporta all’AOR ipervitaminizzato di fine anni ’80/primi anni ’90, quello di gruppi come i Tyketto e i Giant, tanto per fare due (illustri) nomi. Segue “Insatiable”, sempre all’insegna di un hard/AOR di lusso che non perde colpi, mentre “Another Rainy Night” è come un cucchiaio di zucchero ingurgitato tutto d’un fiato: diabete e carie sono dietro l’angolo, tuttavia gli amanti irriducibili delle melodie più dolci e cullanti non mancheranno di gradire anche questa traccia, per quanto forse un po’ sotto la media. L’ottima “Unbelievable” torna a volare alto con il suo passo spedito, la melodia periodo “Far Beyond The World” e un bel refrain; quasi a sottolineare che quando a giocare sono i campioni, tutto sembra più semplice.. Chiude “The Riddle”, garbata e aggraziata come ci si attende da una canzone di commiato ed è una punta di tristezza quella che ci accompagna sulle ultime note di questo album, segno inequivocabile della sua complessiva riuscita.

Con “Heresy And Creed” i Ten spostano di pochissimo il loro spettro espressivo ma dimostrano il proprio (ottimo) stato di forma resistendo alla prova del tempo e proponendoci, a distanza quasi diciassette anni, le “solite” melodie dolcemente familiari senza risultare (quasi) mai stantii. Long live Ten, Long live rock ‘n’ roll!

Stefano Burini
 

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Tracklist

01. Gates OF Jerusalem

02. Arabian Nights

03. Gunrunner

04. The Lights Go Down

05. Raven’s Eye

06. Right Now

07. Game Of Hearts

08. The Last Time

09. The Preistess

10. Insatiable

11. Another Rainy Day

12. Unbelievable

13. The Riddle

 

Line Up

Gary Hughes: voce

Dan Mitchell: chitarra

John Halliwell: chitarra

Darrel Treece-Birch: tastiere

Steve McKenna: basso

Max Yates: batteria

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