Recensione: Homo Hereticus

Di Daniele D'Adamo - 4 Marzo 2012 - 0:00
Homo Hereticus
Band: Sphere
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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78

Uno dei più fecondi paesi in materia di death metal, cioè la Polonia, non smette nemmeno per un momento di sfornare band dall’alto livello qualitativo. Dietro ai campioni Behemoth e Vader c’è una vera e propria orda infernale, composta da centinaia di act senz’altro meno noti ma comunque in grado di costituire una valida alternativa alle corazzate capitanate da Adam Michał “Nergal” Darski e Piotr Paweł “Peter” Wiwczarek. Fra essi, compaiono gli Sphere che, con il presente lavoro, “Homo Hereticus”, fanno il paio con “Damned Souls Rituals”, debut album del 2007.
 
L’ensemble di Varsavia, nato nel 2002, rappresenta un po’ la summa di alcune delle caratteristiche che contraddistinguono il death moderno. Oltre al death tradizionale, nella sua musica si possono trovare elementi di old school, technical, brutal, death’n’roll; il tutto cucito da quella che è la peculiarità primigenia di – se non tutte – molte delle realtà polacche in materia: il costante richiamo all’umore malsano che permea il black metal. Il death, in questo Paese, ha avuto una sua evoluzione partendo non da un’idea a sé stante ma dal black. Le stesse realtà sopra menzionate ne sono due esempi lampanti e, assieme a esse, si possono citare anche i Crionics, giusto per menzionare un altro complesso passato dal black al death nel corso degli anni. E, questo mood tetro e morboso, funge da filo conduttore per i brani di “Homo Hereticus”. Un filo conduttore che si materializza nei numerosi inserti ambient messi a fare da incipit qua e là giusto per incupire l’atmosfera sino a lambire l’oscura emotività della filmografia horror.

I pittoreschi war name dei membri degli Sphere non devono ingannare: i Nostri, facendo musicalmente parte della generazione del 2000, coniugano al loro retroterra culturale fatto di tanta musica estrema passata sotto i ponti un approccio tecnico/artistico attuale, totalmente professionale; definendo in tal modo il concetto ‘death metal’ nella sua migliore accezione in questo secondo decennio del terzo millennio. Insidiato anzi accerchiato dalle esasperazioni stilistiche del technical e del brutal, oppure dall’evoluzione fantascientifica del cyber o anche dalle invasive contaminazioni *-core, il death metal – appunto – ha rischiato ultimamente di perdere a sua identità primigenia. Gli Sphere, allora, sono qui apposta per dimostrare che si può sfornare un CD di death puro, aggiustato e rifinito ma non stravolto dalle inevitabili micro-evoluzioni che camminano assieme all’avanzare del tempo. L’emblema di questa lettura critica del death nel suo rapporto con i propri sottogeneri e con la sua storia è Analripper. A dispetto del suo pseudonimo, il vocalist affronta con rara sensibilità e finezza (sic!) il proprio ruolo di cantante death, affiancando in un’unica idea più stili come il growling e l’inhale. Prevale un tono stentoreo e aggressivo che ben si fonde con la musica suonata dagli altri componenti e che, buon per lui, ne personalizza l’interpretazione. Analogo discorso si può fare per i chitarristi Lucas e Cthulhu, capaci di accostare ritmiche a volte meccaniche a soli addirittura heavy, per il basso metallico di Burning e, soprattutto, per il drumming di Th0rn, a suo agio quando si tratta di accelerare all’inverosimile da sulfurei mid-tempo a violentissimi blast beats.

Le canzoni di “Homo Hereticus”, per aggiungere un genere a quelli che gli Sphere tengono assieme, hanno una struttura spostata verso il grindcore: dodici brevi quanto devastanti brividi compongono un album la cui durata supera di poco la mezz’ora. Le song sono correttamente strutturate, varie e consistenti, portando con ciò a ottenere una buona unitarietà d’intenti. Dopo qualche passaggio, difatti, diventa semplice prendere un singolo episodio a caso e riconoscerlo come cellula di un unico organismo: “Homo Hereticus”. La media qualitativa dei pezzi è buona, con qualche picco come l’opener “Forever Sworn To Blasphemy”: brutale, trascinante e da ascoltare con concentrazione per gustarne i tanti risvolti della ricetta death cucinata da Analripper e compagni.  

Ancora una volta la gelida Polonia regala agli appassionati un gruppo di metal estremo che, se non passerà alla storia, regalerà senz’altro parecchie emozioni e molti attimi nei quali si potrà aspirare l’essenza del death inteso sia nella sua forma più tradizionale, sia in quella più progredita.

Daniele “dani66” D’Adamo

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Tracce:
1. Forever Sworn To Blasphemy 4:02       
2. Godless Profanity 3:42       
3. Third Scent Carcass 2:30       
4. Sadistfucktion 1:47       
5. Homo Hereticus 3:39       
6. Holistic Paralisys 3:33       
7. Psalm To The Dark One 3:51       
8. Grave’s Cold Darkness 2:09       
9. Vengeance’s Core 2:51       
10. Devils Reunion 2:20       
11. Beyond Madness Of Gods 2:35       
12. War 2:01                

Durata 35 min.

Formazione:
Analripper – Voce
Lucas – Chitarra
Cthulhu – Chitarra
Burning – Basso
Th0rn – Batteria
 

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