Recensione: Hostage

Di Fabio Vellata - 24 Aprile 2023 - 0:10
Hostage
Band: Smackbound
Etichetta: Frontiers Music
Genere: Gothic  Groove  Hard Rock 
Anno: 2023
Nazione:
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77

Più focalizzati, sicuri, centrati sull’obiettivo.
In una parola: meglio.
In tutta onestà ed in contrasto con molti commenti fioriti all’epoca, l’esordio degli Smackbound uscito tre anni fa non ci aveva convinto sino in fondo. Un ibrido ruffiano e lusingante di metal moderno che cercando di apparire “true”, lanciava occhiate al mainstream. Con il tentativo nemmeno tanto nascosto di catturare il pubblico generalista attratto più dalla forma che dal contenuto.
Insomma, c’erano parsi una buona band, persa però in un dualismo tutto fumo e poco arrosto che alla fine non trovava consistenza e si traduceva in brani già sentiti e poco incisivi.

Il nuovo che avanza ma cerca di conservare memoria del vecchio. È un’operazione rischiosa, soprattutto se ci si mette sopra anche il tentativo di apparire accattivanti e “vendibili”. Una formula che nel primo capitolo non era riuscita benissimo.
Con il secondo cd, “Hostage“, diciamolo come abbiamo detto in apertura, le cose vanno meglio.
Forse perché Netta Laurenne, in gran forma assieme alla sua band, ha finalmente deciso di smettere i panni della metal queen arrivata per caso nel terzo millennio, per assumere finalmente le caratteristiche che avrebbero dovuto appartenerle sin da subito. Quelle della moderna singer di razza, che cerca di sfruttare senza tanti compromessi l’occasione per arrivare al pubblico “grosso”. Che apprezza le melodie orecchiabili, con qualche chitarrone potente appoggiato su canzoni dal ritornello easy listening ed arrangiamenti importanti da ascoltare ad alto volume.
Non ci voleva poi molto: bastava guardare da vicino ciò che di meglio avevano prodotto anni addietro – ad esempio – gli Evanesence per arrivare dritti al punto. E sfornare un album che non si nasconde dietro a tanti cliché e va dritto per dritto alla ricerca dell’obiettivo. Ovvero di piacere e mietere consensi.

Ci potrebbero riuscire, in effetti.
Un pezzo come “Change” trainerebbe anche un tir con le gomme sgonfie: contagioso ed accattivante, ha un incedere che dilaga in un ritornello molto riuscito.
Grossomodo le stesse coordinate su cui si muovono anche “Graveyard”, “Reap” e “Hostage“. Qualche accenno dark gotico alla Within Temptation uniti alla bella voce di miss Laurenne ed alla ruvidità di un rock – a tratti sinfonico – sempre accessibile, suonato con verve e molto semplice da metabolizzare. Con pure alcune lussuose parti strumentali espresse in assolo energici e ritmiche bollenti.
Materiale che crediamo abbia il potenziale per piacere un po’ a chiunque, presente nel DNA della band finlandese sin dal principio, ma che sinora non era forse pronto ad esprimersi.

Gli Smackbound per cercare il grande salto, miscelano con discreta inventiva molti degli ingredienti appartenuti a chi prima di loro ha conseguito successi rilevanti nel settore. Hard rock, gothic, dark ed un po’ di groove in una formula lineare che privilegia il lato facile delle canzoni.
C’avevano provato anche con il debutto con meno efficacia: il balzo in avanti in termini di personalità e concretezza è evidente.

Ed “Hostage“, in definitiva, un disco molto interessante.

 

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