Recensione: In Absence

Di Roberto Castellucci - 11 Giugno 2021 - 5:30

Cosa succederebbe se mettessimo in una sala prove 4 buoni musicisti poco più che ventenni, dando loro una strumentazione adeguata e obbligandoli, prima di iniziare una jam session, ad ascoltare per almeno tre giorni solo ed esclusivamente  “Ecliptica” dei Sonata Arctica, “Natural Born Chaos” dei Soilwork ed “…And Justice For All” dei Metallica? Una delle possibili risposte è questa: dopo i ringraziamenti per averli chiusi in una stanza in compagnia di 3 ottimi dischi il quartetto ci potrebbe consegnare un album come “In Absence”. In qualche modo infatti il primo full-length dei Cathartic Demise richiama alla mente i tre (capo)lavori elencati poco fa, non tanto per una questione di imitazione o scopiazzatura, anzi: “In Absence” risulta decisamente fresco e innovativo, quanto perché l’impressione generale è che la musica del gruppo canadese sia un riuscito miscuglio di Thrash Metal, Power Metal e Death melodico, scritto con un occhio di riguardo all’originalità delle composizioni e alla ricercatezza dei riff. Si tratta di elementi già individuabili nel precedente lavoro dei gruppo, un EP dal semplice titolo “Cathartic Demise” uscito nel 2019, il cui ascolto anticipa efficacemente le soluzioni musicali che troviamo, adeguatamente potenziate, nel disco oggetto di questa recensione. Qua e là, sia nell’EP che tra le intricate maglie dei brani di “In Absence”, si riesce oltretutto a cogliere qualche lieve coloritura di Metalcore, grazie alla quale, in modo assolutamente non invasivo, i Cathartic Demise ammiccano a chi non disdegna suggestioni di questo tipo. D’altronde i musicisti, stando a quanto si vede dalle immagini che li ritraggono, raggiungono a stento i 25 anni di età; è plausibile che, volenti o nolenti, abbiano incontrato certe sonorità durante i loro primi periodi di ‘indottrinamento metallaro’.

“In Absence” oltretutto è prodotto in Canada, patria di gruppi estremamente innovatori come i Voivod e di personalità dagli orizzonti musicali sconfinati come il buon Devin Townsend, che a onor del vero ha prodotto proprio il succitato “Natural Born Chaos”. Non crediate tuttavia di dover affrontare un album ricco di intrepide sperimentazioni e allo stesso tempo tristemente arido, come succede con certi dischi privi di anima che spesso vengono spacciati come prog: i quattro canadesi creano musica molto diretta, orecchiabile e allo stesso tempo audace come il brano “Disparity” tenendo quasi sempre l’acceleratore premuto a tavoletta. Talvolta i Cathartic Demise sembrano ridurre il ritmo permettendo all’ascoltatore di tirare il fiato, ma si tratta di momenti che resistono per il tempo di una breve illusione: basti pensare alla prima metà del penultimo brano “Waves”, in cui il cantante abbandona lo scream per concedersi qualche strofa cantata con voce pulita, o ai primi due minuti in salsa doom della quinta traccia “Pale Imitations”, che ci illudono di poter far riposare le orecchie prese a randellate fino al brano precedente. Fortunatamente per noi la regola aurea dei Cathartic Demise è sorprendere i fan: colpisce soprattutto “Pale Imitations”, che continua furiosamente la sua corsa di 8 minuti attestandosi tra le tracce più feroci del disco, in barba all’iniziale promessa di rilassamento non mantenuta. Stessa sorpresa ci coglie ascoltando l’ultima canzone del lotto, la strumentale “Desire”: la prima metà del brano riprende delicatamente, seppur con qualche differenza, le note della traccia introduttiva “With Lust…”, chiudendo ‘ad anello’ la struttura musicale del disco; inizialmente viene da pensare alla classica traccia ricca di arpeggi di chitarra malinconici, spesso posta a chiusura di un album per allentare la tensione…e un po’ per allungare a tradimento il minutaggio. Mai impressione potrà essere più sbagliata: il brano si trasforma ben presto in una rapidissima sfuriata Thrash d’altri tempi, con tanto di assolo di chitarra sprint in stile Dragonforce, che lascia intravedere nei Cathartic Demise una vena dissacrante che ci fa sperare in un futuro ancora più radioso. Già l’artwork del disco, che ad una prima occhiata rischia di depistarci, definisce bene le peculiarità dell’album: la statua in primo piano, inserita in un contesto cimiteriale mesto e un po’ decadente, non appena viene esaminata più da vicino tradisce, grazie ai suoi luccicanti occhi incolleriti, una vitalità che poco ha a che vedere con l’ambientazione circostante, sottolineando ulteriormente le spiazzanti trovate stilistiche escogitate dai Cathartic Demise. Un altro aspetto degno di nota è la durata dei brani; per ascoltare il disco dall’inizio alla fine abbiamo bisogno di 56 minuti, distribuiti su 9 brani fra i quali abbiamo un intro di un minuto e mezzo: le tracce restanti arrivano quindi a un minutaggio medio di poco meno di 7 minuti. Nonostante questo, va indubbiamente riconosciuta ai musicisti la capacità di non perdere quasi mai la strada: i giovani Cathartic Demise riescono a mantenere viva l’attenzione dei fans anche in un brano dal songwriting discretamente complesso come “Blade In The Dark”, che tra parti in up-tempo, blast beat, ritornelli più o meno melodici e inserti strumentali dal sapore prog rappresenta la summa del pensiero musicale del combo canadese. Se questo è l’album di debutto di un gruppo di giovani leve, chissà cosa ci capiterà tra le mani quando arriveranno i loro dischi della maturità…complimenti ai Cathartic Demise e buon ascolto a tutti!

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