Recensione: Infidel

Di Lucia Cal - 13 Novembre 2009 - 0:00
Infidel
Band: At War
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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66

“Questo è il mio fucile. Ce ne sono tanti come lui, ma questo è il mio. Il mio fucile è il mio migliore amico. E’ la mia vita.” Nei cuori dei Marines statunitensi martellano le parole di “Rifleman’s Creed”, marcate a fuoco da labbra votate alla dottrina di un esercito a volte avvezzo alla guerra con troppa leggerezza, dove il rischio è incorrere in una drammatica spersonalizzazione dell’individuo addestrato alla mera logica di calcolo militare. Kubrick docet. Tuttavia gli At War trascurano tutto ciò che potrebbe rivelarsi artificiosamente introspettivo a favore di una propaganda che assume le fattezze di un messianico metaller stante una folla di “infedeli” cui inculcare una ferrea disciplina a base di thrash old school che non disdegna influenze speed in perfetto stile Eighties.

Il trio che vide la propria genesi in Virginia nel lontano 1983 si proietta oggi sul mercato per Heavy Artillery Records, fieri di essere ancora identici a loro stessi nonostante il susseguirsi degli anni e l’alternarsi delle tendenze musicali avessero diluito già nei primi anni ’90 il promettente filone thrash con l’imperare sempre più deciso di novità introspettive come il genere grunge. Il lavoro è stato affidato ad Alex Perialas (noto old school thrash producer per le sue collaborazioni con Overkill, Testament, Anthrax…) che regala all’album un lindore nitido e decisamente inusuale per una band che è passata alla storia per un sound grezzo lontano da certe raffinatezze stilistiche che invece ritroviamo nella produzione odierna. Una pulizia lontana dal classico calderone di suoni caoticamente rozzi, premio per un album che rispecchia una realtà tecnologicamente all’avanguardia pur non dimenticando suoni d’acuta sottigliezza eighties come l’incisività della batteria di Dave Stone. “Infidel” mantiene inalterata tutta la loro spudorata tendenza filo conservatrice che si traduce in un album dalle tinte mimetiche e reazionarie attraverso la strenua contestazione del nemico di turno, identificato questa volta nelle file infinite dell’esercito jihadista. Paul Anderson costruisce sapientemente vocals che ringhiano l’imponente military attitude che caratterizza l’album, fin dalla ruvida first track “Assassins”. La velocità di riff affilati trancia la ritmica dei pezzi, scatenando momenti di sfrenato breaking out come in “Semper Fi”, dove è impossibile non constatare un omaggio al motto dei US Marine Corps “Semper Fidelis” ribadito dal grido dei primi versi del “My Rifle” , scheggia basilare della dottrina Marines.

Echeggia una risonanza con un Thrash di matrice tedesca quali Kreator (“Extreme Aggression”),di cui però perdono quella aggressività carica di personalità corroborante, facendo apparire il prodotto troppo piatto, spesso caratterizzato dal propagarsi di sonorità che richiama in certi aspetti “Under the Influence” degli Overkill, disco che vanta una produzione firmata proprio Alex Perialas. Ciò che manca agli At War è la grinta compositiva, inficiata da uno scarso piglio innovativo che rende l’album quasi un ripetersi degli stessi identici temi presentati dalla band già nell’86, senza dare tuttavia all’involucro una vitalità possente che non si accende se non in qualche raro momento. Una personalità poco modellata, risollevata in qualche momento da un songwriting piuttosto spontaneo;inoltre lo stesso riff depurato dalla rudezza primigenia rende alcuni momenti piatti e monotoni, come avviene in “Want you Dead” o in “R.A.F.”, track che celebra i piloti della Royal Air Force britannica, risollevate tuttavia dagli splendidi assoli di Shawn Helsel. Da segnalare una più matura Rapechase, d’arrangiamento decisamente superiore rispetto alla track presentata nella compilation “Speed Metal Hell” vol. II, intatta nel suo fascino speed thrash.

Una produzione attuale e discretamente bilanciata, mirabile per essere ancorata tutt’ora ad ideologie notevoli, una band tenace nel presentarsi senza troppi complimenti attraverso un art work che rispecchia in pieno lo spirito dell’album, compresa la mancanza di originalità che talvolta diventa il vero tallone d’Achille del disco. Nonostante i buoni spunti compositivi l’assenza di poderosità diluisce molto la cattiveria con cui era intenzione lanciare il prodotto, anche se non mancano quei momenti per cui, se siete amanti del genere, l’album vale più di un ascolto. Le premesse per un’uscita d’intensa veemenza non mancano, ciò che si attende è che l’interpretazione riesca a travolgere l’ascoltatore attraverso l’impetuosità di ritmi inarrestabili: un traguardo non irraggiungibile.

Lucia Cal

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Tracklist:
1.    Assassins    03:24   
2.    Semper Fi    03:48 * MySpace *
3.    Make Your Move    03:11   
4.    At War    03:50 * MySpace *
5.    Want You Dead    03:51   
6.    R.A.F.    04:38   
7.    Deceit    03:58   
8.    Vengeful Eyes    03:54   
9.    Raperchase    03:44

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