Recensione: Into The Slaughter

Di Luca Recordati - 13 Novembre 2014 - 22:24
Into The Slaughter
Band: Blindeath
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2014
Nazione:
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74

“Come on,
It’s time to hit the street.
Make a fucking moshpit
We know you’re insane,
Lets kick this place away”

Il metal in Italia è un genere di nicchia, figuriamoci negli anni ‘80\’90 nel settore thrash, dove spiccavano, più per mancanza di varietà, poche bands ora oggetto di culto: Bulldozer, gli unici che sono riusciti a pubblicare un live album, cosa rarissima per l’epoca, gli Extrema, gli In.si.dia, gli Hyades e i Necrodeth, che però sconfinavano anche nel black/death. Mentre in Germania molte band hanno creato un proprio stile di thrash, le nostre si sono sempre attenute allo stilema della Bay Area a parte poche eccezioni (vedi per esempio proprio i Necrodeath, citati come fonte d’ispirazione da vari gruppi esteri), cercando quindi di trarre il meglio da Metallica e soci.

Oggi, invece, il panorama è di nuovo cambiato e vede la nascita di alcune realtà dedite al revival thrash come Ultra-Violence e Game Over, che si sono ben attestati nel panorama italiano. In questo contesto inseriamo i milanesi Blindeath, nati nel 2011 e già all’attivo con un Ep “Headshot” accolto con un certo scetticismo da buona parte della stampa nostrana e il qui presente “Into The Slaughter”.

Come si può già intuire da queste poche righe, i Nostri pescano a piene mani dal thrash americano: riprendono lo stile dei vari D.R.I e The Accused, principalmente, per creare un thrash dalle radici hardcore, un po’ come fatto di recente dai Municipal Waste. Rispetto a questi ultimi, i quattro italiani, hanno preso forse più l’attitudine al mosh pit che lo stile veloce di canzoni che durano quasi meno di due minuti. Oltre a ciò si sente fortissima l’influenza dei Metallica, dei Megadeth, degli Exodus e soprattutto degli Anthrax nei cori e nelle parti strumentali.

La produzione non è delle migliori, ma di sicuro c’è di peggio. Si può dire volutamente eighties, con alcuni parti, come la batteria e la voce, che pur suonando “imperfette” si integrano molto bene tra loro creando un sound sporco e retrò. E’ un peccato, però, che la batteria sia così ridotta, perché Danilo Sunna dà prova di essere in vena e molto capace. Oltre alla batteria, lo strumento che più mi ha convinto, spiccano le chitarre di Simone Aiello e Gioiello Zoppellaro, che riescono sempre a duellare ed a creare buoni riff: headbanging quasi assicurato, almeno in sede live. Purtroppo però la voce di Gioiele è il punto debole della catena, non solo per via dell’accento, ma anche per alcuni passaggi non proprio nelle sue corde. Basta pensare ad alcuni acuti non riusciti. Sicuramente non è facile cantare e suonare la chitarra, questo gli va riconosciuto. Il problema comunque va risolto, anche se ritengo che in parte si debba al mixaggio, spinto nella direzione di rendere questo disco molto old school.

I testi sono incentrati quasi tutti sul macello, sulla carne e sulla vivisezione, usati come sottofondo di un discorso più ampio sulla società, anche se due canzoni, escludendo la strumentale, inneggiano ai fan, all’essere parte integrante del movimento thrash “Moshing Maniax” e al divertimento più sfrenato. “Arcadia” e “Feast Of Blood” spiccano su tutte per la potenza scaturita dal micidiale doppio pedale e dal cantato (nella prima), e dagli assoli tecnici quanto basta (nella seconda). Potentissima anche “Murdered By The Beast”, adatta di sicuro per un headbanging sfrenato in sede live; l’assolo finale ha un che di Megadeth. Azzeccata anche “Toxic War” non solo per i suoi riff/assoli, ma anche per il ritornello, con un coro che fa presa spingendo l’ascoltatore a cantare, “Something to die for … Toxic War”. Purtroppo, l’acuto sulle ultime due parole non riuscito nel migliore dei modi…

Stesso discorso vale per “Moshing Maniax”; bellissimo l’assolo finale che spezza il coro, ma prepara l’ascoltatore al finale al fulmicotone. “2977” è un ottimo strumentale che strizza l’occhio alla parte strumentale di “Master of Puppets” dei ‘tallica. “Rebels Die Hard” vede il featuring di Gl Perotti degli Extrema, quasi a omaggiare la storica band ed a porre un continuum tra quello che è stato un tempo storico del metal italiano e quello che i Blindeath stanno facendo oggigiorno. Nonostante ciò la traccia non convince, perché le due voci non riescono ad amalgamarsi. “Welcome To The Thrash Party” è un invito a pogare ed un brano di sicuro utilizzo in sede live. “Blood and Guts”  è anch’essa tra le più potenti ed ha assoli di ottima fattura, come sempre in stile Megadeth.

Nonostante qualche evidente magagna, l’album resterà nel vostro lettore per molto tempo e questo è di sicuro quello a cui puntano i nostri quattro thrasher, per cui non possiamo che incoraggiarli a fare sempre di meglio in futuro, dato che potrebbe essere nelle potenzialità. Certo è che non potranno presentarsi con un secondo album di questa medesima fattura: dovranno necessariamente mostrare una sostanziale crescita rispetto all’album di debutto. Ad ogni modo se siete adolescenti o lo siete stati negli anni ’80, chiamate i vostri amici, comprate un paio di birre, prendete l’auto, questo cd e andate in un parcheggio; state sicuri che partirà l’headbanging!
Come dicono i Nostri: “We’ll bring the metal up your ass! Welcome to the thrash party! Welcome to the thrash party!
 

Luca Recordati

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