Recensione: Jam Room

Di Abbadon - 5 Ottobre 2005 - 0:00
Jam Room
Band: Clutch
Etichetta:
Genere:
Anno: 2005
Nazione:
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73

A sei anni dalla sua uscita ufficiale, ma solo uno dopo il sesto e finora ultimo full lenght ufficiale (“Blast Tyrant” del 2004, ma si attende a breve il nuovo disco, presto anche su queste pagine), la Megaforce Records decide di riproporci uno dei capisaldi del quartetto statunitense Clutch. Trattasi di una nuova versione del quarto platter della band, “Jam Room”, che viene riproposto a 6 anni dalla sua prima uscita (nel 1999). Cosa ha di nuovo questo remaster rispetto al suo predecessore? Beh non molto, solamente la presenza di 3 bonus tracks assenti nella versione originale (cosa che mi sente di farlo sconsigliare a chi già possiede quest’ultima).
Compreso questo primo, fondamentale, aspetto, vediamo i lati positivi e negativi del prodotto in sè.
Cosa ha in sé di buono il disco? Una grande espressività e una buona dose di creatività e originalità, cosa piuttosto rara oggigiorno. E per quanto riguarda i lati negativi? I tempi di ascolto, che almeno per il sottoscritto non sono stati affatto brevi. Avendo infatti fra le mani un prodotto contenente canzoni prettamente frutto dell’improvvisazione, ci si mette un po’ a entrare in sintonia con alcune trovate “fuori dagli schemi”, trovate partorite dalla mente di Neil Fallon (voce), Dan Maines (basso), Tim Sult (chitarra) e J.P. Gaster (batteria); sicuramente però, una volta entrati nell’atmosfera, il platter non manca di motivi per essere apprezzato nei suoi numerosi frangenti. I Clutch mostrano infatti che, seppur ancorati a delle basi saldamente hard, non mancano assolutamente di infarinature ed ispirazioni provenienti da altri ambiti musicali, sui quali spiccano soprattutto blues, jazz, southern, ma anche proto-rock, stoner e funky, il tutto in piena libertà e scorrevolezza. Una tale mole di lavoro può essere una bomba ad orologeria per più di un purista, ma pur senza rinunciare a nulla il combo riesce ad incanalare il finito su dei binari sempre precisi e mai esasperati, per quanto eclettici. Possiamo quindi imbatterci, giusto per fare un esempio, in una sguaiata e grooveggiante “Who wants to rock”, per poi sentirla troncata quasi subito a favore di una “Big Fat Pig” che fa seriamente chiedere all’ascoltatore se il cd nel lettore sia sempre lo stesso. Non vi sono particolari dimostrazioni di tecnica lungo i quasi 50 minuti di musica, si lascia però ampio spazio alle prestazioni dei singoli, che producono anche ottimi risultati (ad esempio è più che buona la prova di J.P Gaster, a mio avviso il migliore del quartetto, su quella “Going to the Market” che altro non è che un grosso assolo batteristico).
Difficile indicare dei pezzi migliori rispetto ad altri, non perché (a differenza del 99% degli altri dischi) tutti di altissimo/alto/basso livello, quanto perché spesso un brano non c’entra nulla con gli altri. Uno può solo ragionare basandosi sui suoi gusti personali, di mio potrei quindi eleggere a migliore traccia del lotto una “The Drifter” (ove si sente chiaramente l’influenza BlackSabbathiana) ed avere sì qualcuno d’accordo con me, ma trovare anche qualcun altro pronto a tirarmi le prime imprecazioni che gli passano per la testa.
Pensandoci bene, forse il maggior punto di forza di Jam Room non è la musica in sè, quanto questa capacità di rendere indecisi, e di dividere, abilità che se unite alla varietà con buoni risultati (questo è un caso) portano una ventata d’aria fresca in un mondo che tanti continuano a dire essere saturo. Per ora pare di no, Jam Room lo insegna.

Riccardo “Abbadon” Mezzera

Tracklist:
1) Who Wants To Rock?
2) Big Fat Pig
3) Going To Market
4) One Eye Dollar
5) Raised By Horse
6) Bertha’s Big Back Yard
7) Gnome Enthusiast
8) Swampt Boot Upside Down
9) Basket Of Eggs
10) Release The Kraken
11) The Drifter
12) I Send Pictures
13) Sink ‘em Low
14) Super Duper
15) Release The Dub

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