Recensione: Karyoubinga (迦陵頻伽)

Di Elisa Tonini - 24 Gennaio 2017 - 10:00
Karyoubinga (迦陵頻伽)
Etichetta:
Genere: Folk - Viking 
Anno: 2016
Nazione:
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A quasi un mese dalla fine del 2016 gli Onmyo-Za/陰陽座 (traslitterati anche Onmyoza ed Onmyouza), gruppo considerato una delle più importanti band metal in Giappone, rilasciano un nuovo full-length: “Karyoubinga”.Gli Onmyo-Za si sono formati ad Osaka nel 1999. Nella loro musica uniscono heavy metal, fortemente influenzato dagli Iron Maiden e dai Judas Priest, musica folk e pop giapponese. Il loro stile è tuttavia difficile da catalogare dato che comprende una grande varietà di generi come power metal, symphonic metal, prog metal, gothic, death, thrash, doom ed a volte quasi sfiora il black. Gli Onmyo-Za si definiscono “Yokai Heavy Metal Band”. Per yokai si intende una categoria di mostri, spiriti e demoni del folklore giapponese. Gli yokai possono essere malevoli, dispettosi o, occasionalmente, possono portare buona fortuna a chi li incontra. Spesso gli yokai possiedono tratti animaleschi, altre volte possono apparire quasi umani, altre volte hanno l’aspetto di oggetti inanimati ed altri ancora non hanno una forma distinguibile. Molto comune negli yokai è la capacità di cambiare forma. A detta della band lo yokai è una creatura spirituale che mostra l’interiorità degli esseri umani come uno specchio. Cantando gli yokai, viene coinvolto ogni singolo aspetto delle emozioni umane: gioia, rabbia, dolore, felicità, qualsiasi tipo di emozione. Quando gli Onmyo-Za si riferiscono all’heavy metal, non si riferiscono solo ad un particolare genere di musica, bensì all’innovazione, al credo, che è stato rappresentato dall’heavy metal e si è evoluto dalla sua creazione. La traduzione letterale di “Yokai Heavy Metal Band” sarebbe quello di “una band con un credo innovativo che canta l’intero essere del genere umano”. Gli Onmyo-Za usano vestirsi con abiti nello stile in uso nel periodo Heian (Rinascimento Giapponese, X secolo, 500-600 anni prima del Rinascimento Europeo) ed un trucco elegante. Questa cura per l’aspetto visivo li portano spesso ad essere catalogati nella corrente visual kei, analogamente ai loro conterranei Versailles ed agli X-Japan, band annoverata tra le più importanti del movimento nonché tra i pionieri e fondatori di tale genere.
Il leader e la mente degli Onmyo-Za è il bassista, cantante, scrittore di testi e compositore Matatabi (Taisei Kunimoto), scrive e compone quasi tutto lui. Gli altri membri del gruppo sono i chitarristi Maneki (Yukinari Kunimoto) che si occupa anche delle backing vocals, e Karukan e la cantante Kuroneko (Akiko Kunimoto). Infine ci sono i membri di supporto, ovvero il tastierista Abe Masahiro ed il batterista Dobashi Makoto. Quest’ultimo è diventato il batterista di supporto degli Onmyo-Za dal 2011. Dagli esordi fino al 2009 alla batteria c’era Tora come membro ufficiale della band. Dal 2009 Tora ha suonato negli Onmyo-za col suo vero nome (Atsushi Kawatsuka) in veste di membro di supporto. Nel 2010 Tora ha lasciato definitivamente gli Onmyo-Za. La cristallina e carismatica voce di Kuroneko è il polo d’attrazione del gruppo per la sua unicità, incredibile estensione vocale, potenza ed espressività. Una voce per certi versi assimilabile a quella di Kate Bush (che Kuroneko cita nelle sue influenze insieme ai W.A.S.P., Ann Lewis ed ai Guernica) “adattata” in uno stile chiamato enka, sorta di pop giapponese. Per il modo di far risuonare, vibrare la sua voce e di raggiungere anche note profondamente basse Kuroneko può in un certo senso essere paragonata anche a Messiah Marcolin. Grazie alla sua agile e versatile voce, Kuroneko conferisce alla tracce della band un’aura gotica, spettrale, sensuale, seducente ma anche tenera, giocosa e gioiosa. L’acuta voce di Kuroneko assieme alla potente, profonda e graffiante voce del marito Matatabi crea degli emozionanti dinamismi. I dinamismi tra le due voci come il duellare tra le due chitarre si collegano al tema dello Yin e dello Yang. Il significato letterale di Onmyo-Za è, infatti, “L’unione dello Yin e dello Yang”. Il nome Onmyo-Za si riferisce inoltre all’Onmyodo, cosmologia esoterica tradizionale giapponese, un miscuglio di scienza naturale ed occultismo. Onmyodo si basa sui principi dello Yin e dello Yang e del Wu Xing, i cinque elementi:legno, acqua, fuoco, metallo e terra. In Giappone, alla corte imperiale dell’era Heian vi erano inoltre degli stregoni chiamati onmyouji, consiglieri spirituali, indovini ed esorcisti di spiriti maligni. Le leggende spesso raccontano di onmyouji alle prese con creature mitologiche giapponesi, yokai. Si dice che gli onmyoji potrebbero anche evocare e controllare gli shikigami (esseri soprannaturali).
Gli Onmyo-Za prima di Karyoubinga hanno composto dodici full-length, un mini album, due best-of e svariati singoli. La band fin dagli esordi non ha mai smesso di elaborare il suo sound, di innovarsi. Questa spinta all’innovazione del sound li accomuna in un certo senso ai canadesi Rush, i cui album sono suddivisi in “fasi”. Idealmente gli album degli Onmyo-Za possono anch’essi essere suddivisi in fasi. Quattro fasi per la precisione. La prima è la fase “grezza, stile diretto” ed include gli album Kikoku Tenshou/鬼哭転生​ (1999), Hyakki-Ryouran/百鬼繚乱 (2000), Kojin-Rasetsu/煌神羅刹 (2002) ed il mini album Fuin-Kairan/封印廻濫 (2002). La produzione è un po’ scarna, le sonorità sono un po’ acerbe, generalmente molto aggressive, influenzate molto dall’heavy, dal thrash e dal doom. Lo stile è diretto, istintivo ma al contempo molto complesso strutturalmente. In Kojin-Rasetsu appare una suite, tipo di canzone che apparirà anche in album successivi.
La seconda fase è di “transizione” ed include gli album Houyoku Rindou/鳳翼麟瞳 (2003) e Mugen Hoyo/夢幻泡影 (2004). Questa fase segna l’inizio di un sound più ricercato, elaborato, personale, o meglio ne rappresenta la transizione dal passato più grezzo al futuro/presente più elaborato, personale. Strutturalmente è una fase molto legata all’heavy classico, a tratti thrash/death. Ci sono tuttavia varie sperimentazioni, maggiori aperture melodiche, linee prog. La produzione è migliore, più pulita.
La terza fase è “personale, ricercata, progressiva” ed include Garyotensei/臥龍點睛 (2005), Maoh Taiten/魔王戴天 (2007), Chimimoryo/魑魅魍魎 (2008) e Kongou-kyubi/金剛九尾 (2009). Le composizoni sono più dinamiche, variegate. C’è sempre una forte influenza heavy europea ed americana ( specie in Chimimoryo), nonchè del folk e del pop giapponese espresse in un sound generalmente più melodico ed elegante. La produzione è ulteriormente migliorata.
La quarta fase è “moderna, compatta, sperimentale” ed include Kishibojin/鬼子母神 (2011), Fujin Kaikou/風神界逅 (2014), Raijin Sosei/雷神創世 (2014) e Karyoubinga/迦陵頻伽. Con Dobashi Makoto alla batteria di supporto il sound si fa generalmente ben più compatto e corposo ed ha un impronta molto più moderna, “groove”. Le strutture delle canzoni sono assai complesse ma anche molto epiche. Gli Onmyo-Za in questa fase si sono ulteriormente resi più personali. Da Kishibojin lo stile dei brani pare seguire un “filo conduttore”. Pur avendo sempre uno stile complesso, varietà di tipologie dei brani, le sonorità sono più “omogenee”. Kishibojin è un concept-album oscuro e triste, Fujin Kaikou pare evocare il vento (Fujin è il Dio del vento nella religione Shinto), Raijin Sosei pare evocare i temporali (Raijin è il Dio del tuono, dei fulmini e dei temporali nella mitologia giapponese e nella religione Shintoista).
Ma andiamo al disco in questione: Karyoubinga. Karyoubinga è una creatura immortale fantastica del Buddismo con una testa umana e il torso di un uccello e dotata di una lunga e fluente coda. Si dice che Karyoubynga abiti nel paradiso buddista (Gokuraku-Jodo, il nirvana) ed è nota per predicare le sacre scritture buddiste con la sua incantevole voce. Si dice che canti mentre ancora è rinchiusa nel suo guscio d’uovo. La sua voce è un descrittore della voce del Buddha. Generalmente un’immagine con Karyoubinga viene interpretata come una terra pura.
Ed è con l’omonima traccia che l’album inizia. La title- track è un brano dalle atmosfere sognanti, ariose e poetiche. Il cantato di Kuroneko, avvolgente e sensuale si unisce ed intreccia a tratti ad epici e gotici cori. I due chitarristi disegnano a tratti complessi intrecci, a tratti affilati assoli di grande fluidità e trasporto emotivo. Karyoubinga è una canzone attraversata di una grande sensazione mistica, ultraterrena. Karyoubinga è il brano più atmosferico del disco.
 
Ran (鸞​) è un brano di tutt’altro stampo. Un brano furioso, senza compromessi. Le chitarre si attorcigliano a tratti turbinanti e virtuose, a tratti assecondando la severa ed esplosiva voce di Kuroneko che si lancia qui su tonalità acute, a volte glaciali. Ran è intriso di una sognante atmosfera magica, avvolta di una sacralità quasi inavvicinabile. Sono le tastiere e Kuroneko, supportate a tratti da epici cori a conferire quest’aura sacra ed intoccabile. Ran è un brano diretto, istintivo eppure ragionato, composto. Ran si riferisce a Luan, un uccello fantastico, una versione della fenice. Si dice che tale uccello sia come una fenice quando nasce ma muta in un Luan, riconosciuto dai 5 colori delle sue piume.
 
Shiten no sekiyoku ( 熾天の隻翼​) è un brano dalla forza aggressiva di matrice death fusa con drammatiche e gotiche atmosfere sinfoniche. La fiera voce in clean di Matatabi supportata dai cavernosi cori maschili di matrice folk in sottofondo si intreccia alla leggera e veemente voce di Kuroneko creando un’epicità dinamica, un contrasto di dolcezza ed asprezza. Shiten no sekiyoku è un brano implacabile, stemperato con una componente fortemente romantica, che pare rimandandare a tempi antichi, mitologici.
 
Yaiba (刃​) trascina con la sua aggraziata eppure abrasiva epicità. Le atmosfere sono velate, dolci, fiabesche, contrapposte però da potenti e virtuosi passaggi chitarristici dall’aria heavy e progressive. Gli interventi delle tastiere in certi passaggi paiono simulare uno strumento a corde tradizionale giapponese (probabilmente il koto) e ciò conferisce un’affascinante componente arcana e misteriosa alla canzone. Yaiba è totalmente cantata dalla trascinante, soave e limpida voce di Kuroneko. Yaiba è il brano più legato al folk del disco.
 
In Nijunihikime wa dokuhami (廿弐匹目は毒蝮​) la batteria è in risalto come non mai con il suo stile esplosivo, nevrotico e terremotante. L’autoritaria voce in clean di Matatabi che a volte si fonde ed a volte si alterna con la profonda voce di Kuroneko dona alla traccia una fiamma solenne, ardente ed orgogliosa. I potenti e rochi cori maschili dall’aria folk supportano entrambe le voci aumentando il senso di epicità, furia e veemenza. Nijunihikime wa dokuhami è un brano velato da un sapore vagamente industriale, un’aria “meccanizzata” con ritmiche death ed una complessa struttura progressive metal. Il duellare delle chitarre e gli assoli a tratti di stampo progressive, a tratti speed, a tratti neoclassico sono affilati come rasoi. Nijunihikime wa dokuhami non lascia prigionieri: è il brano più aggressivo e cupo dell’album.
Omae no hitomi ni hajirai no suna (御前の瞳に羞いの砂​) cambia totalmente registro con il suo animo gioviale dato da ritmi e tastiere di stampo hard/n heavy e power metal europeo ed americano. La voce di Kuroneko coivolge con il suo entusiasmo e piglio deciso. Degli abrasivi ed epici cori maschili dall’aria folk in sottofondo danno un’animo battagliero al brano. Omae no hitomi ni hajirai no suna è un brano diretto ma non senza elaborati e virtuosi intrecci chitarristici.
 
Rokurokubi (轆轤首​) travolge per il suo vivace incedere pop-dance anni 70-80 condito da ritmi power metal ed alternato a raffinati, dolci, sognanti e malinconici passaggi. La voce di Kuroneko conquista con una grande carica vivace, sensuale ed esuberante. In questo brano Kuroneko interviene con risate che conferiscono alla traccia un’aria divertente e dispettosa come un yokai. Per lo stile “dance” Rokurokubi è simile a Maiagaru/舞いあがる (canzone inclusa nell’album Hoyoku Rindou del 2003) ed il suo incedere può ricordare anche un po’ Kumikyoku [kyuubi] – Tamamonomae/組曲「九尾」~玉藻前 (inclusa nell’album Kongou-Kyubi del 2009). Il rokurokubi è un tipo di yokai che ha quasi completamente l’aspetto degli esseri umani. Ci sono due tipi di Rokurokubi: uno di questi può allungare il collo a lunghezze notevoli ed un altro tipo (nukekubi) ha testa che si stacca e gira intorno liberamente.
Hyouga-Ninpochou (氷牙忍法帖) corre come un treno in un magmatico e veloce intrecciarsi di chitarre virtuose dallo spirito heavy e power e da assoli prog e neoclassici. L’imperiosa voce di Kuroneko, intrecciandosi con eterei ed algidi cori femminili dona alla traccia un animo selvaggio e spiritato. Le tastiere avvolgono Hyouga-Ninpochou conferendo un’aura cosmica e romantica. Hyouga-Ninpochou è il brano più “maideniano” del disco. Oltre a Hyouga-Ninpochou ci sono altre tredici canzoni dedicate a “Ninpochou”, o “ninja scrolls”. Queste canzoni sono un tributo all’autore Futaro Yamada e alle sue serie ambientate nell’era Ocho. La canzone hit della band, Kouga Ninpocho/甲賀忍法帖 ( tratta dal full-lenght Garyotensei del 2005) è stata scritta per le serie animate di Basilisk.
 
Ningyo no ori (人魚の檻) con la durata di 7 minuti circa è il brano più lungo del disco. E’ un brano dallo stile perlopiù doom, con atmosfere dilatate dall’aria gotica, marina. Il clean di Kuroneko tocca quì le note più basse del disco evocando una sensazione di grande rassegnazione. Ad un registro basso si contrappone il suo abituale timbro acuto, leggero, quasi fosse un lamento che nessuno riesce a sentire, un desiderio di elevazione. Il profondo clean di Matatabi contrappone alla disperazione ed al tormento una grande combattività e desiderio di rivalsa. Quando i ritmi si fanno furiosi e turbinanti come un mare in tempesta si delineano scenari apocalittici. Sonorità a tratti death, a tratti heavy attraversate da tecnici intrecci di chitarre di stampo progressive e neoclassico paiono evocare la mutevolezza delle correnti marine ed una dura lotta tra il mondo subaqueo ed il mondo emerso, tra l’inconscio ed il conscio. Ningyo no ori si chiude con il tono atmosferico, lento ed affranto con cui è iniziato. Ningyo è una creatura simile ad un pesce del folklore giapponese. Anticamente era descritto con la bocca di una scimmia, denti piccoli come quelli di un pesce, brillanti squame dorate ed una voce tranquilla come quella di un passero o di un flauto. La sua carne è di gusto gradevole e chiunque la mangi ottiene una longevità notevole. Comunque si credeva che catturare una ningyo portasse temporali e sfortuna (in linea con il lato tempestoso della canzone) così si diceva che i pescatori che catturavano queste creature le rigettassero in mare. Una ningyo sulla spiaggia era un presagio di guerra e calamità.
 
Susanoo (素戔嗚) sta dopo a Nijunihikime wa dokuhami in termini di aggressività. La violenza di Susanoo pare quella di un mare in tempesta. Il duellare delle chitarre è becero, il sound è nervoso, implacabile con le sue ritmiche a tratti marziali a tratti death. Un’apocalittica sinfonia. L’atmosfera tempestosa è data perlopiù dalla batteria. Il potente clean di Matatabi pare impersonare l’autorità di una divinità e le gutturali backing vocals e growl maschili accentuano il suo aspetto severo. L’incalzante e gelido canto di Kuroneko pare rappresentare l’aspetto mistico, l’inarrestabile soffio della divinità sulla Terra. A Kuroneko spettano le parti più epiche e trascinanti della canzone, come se volesse raccontare le gesta e descrivere l’essenza leggendaria e sacra della divinità. Susanoo è però capace di una sensazione di grande calma, gentilezza e benevolenza, seppure di breve durata. La divinità ha una natura contrastante come gli esseri umani. Susanoo è il dio del mare e dei temporali nel Shintoismo.
 
Jorougumo ( 絡新婦) è la ballad del disco, anzi è una sorta di semi-ballad. In ogni album degli Onmyo-Za c’è sempre stato un pezzo dalle sonorità ben più tenui rispetto al resto del disco. Jorougumo è il pezzo puramente romantico, delicato di Karyoubinga. Delicatezza e romanticismo in Jorougumo sono però contrapposte con grande eleganza ad un animo graffiante, energico, drammatico e nostalgico. In Jorougumo sono in primo piano le tastiere che supportano la volteggiante ed appassionata voce di Kuroneko. Gli intrecci e gli assoli delle chitarre donano alla traccia un grande senso di trasporto ed un animo grintoso. Jorougumo è un tipo di yokai. Secondo alcuni racconti un Jorougumo è un ragno che può cambiare il suo aspetto in quello di una donna seducente.
Ai suru mono yo, shinisorae (愛する者よ、死に候え​) inizia con le tastiere che,come in Yaiba, paiono simulare uno strumento tradizionale. Questo effetto percorre a tratti la traccia donandole un’aria ipnotica e magica. Ai suru mono yo, shinisorae è una cavalcante canzone con chitarre ruggenti, tumultuose. La voce di Kuroneko dal tono austero e drammatico intervallandosi alla voce decisa e battagliera di Matatabi crea una trascinante epicità. Degli eterei e gelidi cori femminili intridono Ai suru mono yo, shinisorae di un’atmosfera gotica e spettrale enfatizzata dalle tastiere. Insieme a Yaiba, Ai suru mono yo, shinisorae è la canzone dell’album che più richiama il folk tradizionale giapponese. Ai suru mono yo, shinisorae è stata utilizzata per la pachinko machine (gioco d’azzardo giapponese) di Basilisk.
Fujin o awaremu uta (風人を憐れむ歌) è il pezzo allegro, scanzonato del disco, quel tipo di pezzo che dagli esordi chiude tutti gli album del gruppo, tranne il cupo concept-album Kishibojin. In Fujin o awaremu uta c’è soavità, solarità, romanticismo, un’energia ottimista. Strutturalmente Fujin o awaremu uta ricorda un po’ Haru Ranman ni Shiki no Mau nari/春爛漫に式の舞う也 ( dal full-lenght Fujin Kaikou del 2014) dà una sensazione di “già sentito”. Fujin o awaremu uta pur essendo una canzone molto godibile è il punto debole dell’album, la canzone meno ispirata rispetto alle altre.
In Karyoubinga gli Onmyo-Za focalizzano l’attenzione su sonorità sinfoniche, ricche come non mai di tastiere accostandosi per certi versi ai Nightwish dell’era Tarja. Kuroneko stessa dà l’idea di avvicinarsi a Tarja in certi frangenti, tuttavia la forte personalità di ciascun componente della band li tiene ben, ben lontani dall’essere dei meri “imitatori”. Kuroneko si conferma essere una delle cantanti migliori ed uniche in ambito metal e, come nell’artwork è la vera regina del disco, insieme alle multisfaccettate tastiere suonate da Abe Masahiro. Ogni elemento però è in uno stato di equilibrio anche grazie all’ottima qualità di produzione. Il sound è corposo, groove, il pulsante basso di Matatabi al quale le virtuose chitarre si intrecciano è sempre ben udibile e fa la differenza donando spessore e carica alle tracce. Dobashi Makoto è un batterista estremamente preciso ed ha un tocco devastante e moderno. Tutti i membri degli Onmyo-Za sono dotati di grandissimo talento. Stilisticamente Karyobinga è molto vicino a Raijin Sosei per le sonorità “tempestose”, frementi, nervose ed accentua la componente “ariosa”, eterea e certi elementi sinfonici di Fuujin Kaikou e Kongo Kyubi. In Karyoubinga gli Onmyo-Za paiono tentare di riprodurre un’aura sacra, divina, paiono farsi portavoce della divinità in tutte le sue luci ed ombre, in tutte le sue espressioni terrene ed ultraterrene. La particolarità degli Onmyo-Za è anche quella di essere sempre stata alquanto costante nel proporre buoni ed ottimi dischi. Kishibojin è il punto più alto del gruppo, un ispiratissimo concept album (l’unico degli Onmyo-Za) oscuro, folle, malinconico, estremamente complesso e profondo.
Karyoubinga ha una sua particolare unicità tra la discografia degli Onmyo-Za. Forse non siamo ai livelli di ispirazione di Kishibojin ma Karyoubinga si conferma essere un ottimo lavoro targato Onmyo-Za. In un mondo musicale così affollato, dove moltissimi gruppi paiono copiarsi tra di loro e dopo tanti dischi prodotti in tutta la loro carriera si sente ancora negli Onmyo-Za quel desiderio e quell’impegno di essere di volta in volta diversi, provando soluzioni nuove senza preconcetti ma rimanendo sempre se stessi.
Consigliato a chi ama il folk metal, il prog-metal, symphonic metal, il mondo metal giapponese ed asiatico ed a chi è curioso di ascoltare cose nuove.
 
Elisa “SoulMysteries” Tonini
 
 

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Genere: Heavy 
Anno: 2018
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