Recensione: Lamentations [DVD]

Di newblackclown - 25 Luglio 2004 - 0:00
Lamentations [DVD]
Band: Opeth
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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86

Tripudio o contemplazione?
Mi sono sempre chiesto come avrei reagito ad un concerto degli Opeth, visto che la mia cretineria mi aveva impedito di vederli nelle date italiane del loro Tour.
Grazie ad una registrazione perfetta, che fa impallidire d’invidia per la qualità del suono le più nitide opere da “Studio”, ma soprattutto grazie alla classe immensa di questi ragazzi ho finalmente i mezzi per rispondere a questa domanda….
Partiamo dalla Line-Up:

Martin Mendez (Basso)
Martin Lopez (batteria)
Peter Lindgren (Chitarra)
Mikael Akerfeldt (Chitarra – Voce)
Per Wiberg (Tastiere – su ‘Damnation’ tastiere e cori sono a opera di Steven Wilson, leader dei Porcupine Tree)

Il DvD si apre sotto una timida litania che sembra rimbombare dalle più introverse viscere di uno spirito vagabondo, giusto il tempo di impugnare le armi ed imbracare le armature ed ecco i nostri guerrieri pronti ad imperversare tra le trame del nostro ascolto, con una scaletta tanto improbabile quanto inaspettatamente riuscita.
Windowpane apre le danze, spezza il fiato della band, ma soprattutto ruba il respiro del pubblico, l’esecuzione è perfetta, tanto incolume da qualsiasi sbavatura da sembrare artificiosa: tutta questa sterilizzazione all’inizio fa sorgere qualche dubbio…incertezze che rimangono anche con la successiva In my time of need, devo dire di aver avuto il terrore di sentire per 2 ore un’implacabile ed asessuata copia delle loro opere da studio, lo spettro di questa delusione era terribilmente vicino, tanto da osservare una condotta da “Compitino” del grande Drummer Lopez, personaggio da cui mi aspettavo una libertà espressiva pari ad un giocoliere Jazz.
Un battito di ciglia, un granello di polvere traccia la sua iperbole fino ad accarezzare il mio televisore, ed ecco che Mikeal diluisce la sua voce assumendo un timbrica più flebile, pura:
Closure innesca una reazione atomica di emozioni che non ci lascerà più fino alla chiusura del concerto, il gruppo abbassa le spalle che prima erano rigide, preda del nervosismo per una registrazione cosi importante, e si lascia trascinare vagabondo tra il fascino della sua stessa esecuzione. Il Riff ripetitivo di questa Song è circondato da un corollario melodico perfetto, mentre la mano di Mikeal canta in un duetto morboso con la sua chitarra… Il riff è giostrato con un intorno fatto di mille cambi di tempo ed accorgimenti ritmici; tutti gli strumenti partecipano al rito orgiastico con una sincronia folle e spregiudicata tanto da innalzare i cuori in un’ascesa verticale, dove ogni strumento vibra in un unico canto di amore che attraversa le derive di un percorso pinkfloydiano, passando per i tracciati del progressive e immergendosi infine nella sana fusion… Quanta buona musica in 4 minuti, quanta buona musica costruita su riff di bassa difficoltà! Queste scelte stilistiche mostrano la tempra e la personalità straordinaria che possiede questa band, capace di suonare tutto rimanendo fedele a se stessa, ma ogni volta meravigliosamente diversa.
La prima parte del concerto continua senza sbavature ed allibendo il pubblico immerso in un magico stupore.
Pronti?
Via!
Nella seconda parte sono inseriti i pezzi di Deliverance, il fratellino violento della dolce Damnation, unica traccia presente nella scaletta non appartenente a questo vincolo di sangue è la splendida ed angosciante The leper affinity, celeberrima OpenTrack del divino BlackWater Park.
Se è possibile l’esecuzione è ancora più felice, le canzoni alternano il Growl a dei sospiri malinconici ma il cantato stacca perfettamente non contaminando nessuna delle due parti con la timbrica dell’altra, le alternanze tra queste due sfere agli antipodi riescono alla perfezione, il vocalist si sdoppia in questo drammatico ossimoro non perdendo mai la lucidità, con una professionalità disarmante.
Tripudio o contemplazione?
Entrambe le emozioni hanno una approfondita manifestazione, credo che gli Opeth siano una delle poche band che possa accendere la miccia dell’aggressività con il lume di una squisita qualità. Il primo ed il secondo piatto a base di concerto, la terza parte di questo pasto godereccio è a base del documentario sul the making of deliverance & damnation.
Un sorbetto gustoso, che confeziona l’ennesima opera d’arte di questa straordinaria band svedese.

TrackList:

1 – windowpane
2 – in my time of need
3 – death whispered a lullaby
4 – closure
5 – hope leaves
6 – to rid the disease
7 – ending credits
8 – harvest
9 – weakness
10 – master’s apprendice
11 – the drapery falls
12 – deliverance
13 – the leper affinity
14 – a fair judgement
documentary
the making of deliverance & damnation

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