Recensione: Magick

Di Marco Catarzi - 15 Febbraio 2022 - 8:00
Magick
Etichetta: Pride & Joy Music
Genere: Heavy 
Anno: 2021
Nazione:
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74

All’esordio per Pride & Joy Music, i Book of Numbers nascono dall’incontro del chitarrista Brent Barker e del cantante Kevin Shaffer Schuhmacher, musicisti con esperienza maturata in varie realtà dell’underground statunitense. Il comune intento di ripercorrere un sound ispirato all’hard rock e all’heavy metal di fine anni Settanta e inizio anni Ottanta pervade le tracce di MagickBlack Sabbath, Ronnie James Dio, Ozzy Osbourne sono i principali riferimenti per la band di Phoenix, che non fa mistero di queste influenze e le sviluppa con spontanea vitalità.

Se la title-track ha un approccio diretto in stile Saxon e un refrain che lascia spazio a una forte sensibilità nelle parti soliste, caratteristica dominante dell’intero platter, in Optimism e The Jester’s Crown l’anima dei Book of Numbers esce allo scoperto nell’unione di melodia e passaggi oscuri, con classici riff doom di scuola Sabbath che irrompono a spezzare parti arpeggiate. La chitarra di Barker è sempre attenta sia nei fraseggi sia negli assoli, non nascondendo un sincero amore per Randy Rhoads. Sale alla ribalta anche l’abilità di Schuhmacher, singer “vecchia scuola”, capace di modulare la sua voce tra tonalità dolci e aspre, con sfumature a tratti drammatiche, in una convincente fusione tra Ozzy e Dio.

Omaggio ai maestri, la cover di Children of the Sea è interpretata con fedele ammirazione, lasciando poi spazio a Contact / Kissing Laughter (dal refrain che rimanda nuovamente alla band Biff Byford) e Yesterday’s Nightmare, in cui l’equilibro di pesantezza doom e aperture melodiche procede lungo una formula collaudata. Nel mezzo White Turns Black to Grey, ballad per chitarra e voce, luminosa e sognante, con un flavour d’altri tempi.

La chiusura è affidata a Our Dying World, il pezzo più completo del lotto, tra rallentamenti e ripartenze elettriche, con un andamento quasi horror metal, merito di una vocalità teatrale e di momenti ricchi di pathos.

Barker e Schuhmacher appaiono come i protagonisti dell’album, ma non si deve trascurare il sostegno prezioso e preciso della sezione ritmica di Dennis Hayes al basso e dell’ospite Gary Bruzzese alla batteria. I Book of Numbers non cambiano le sorti di un genere, ma lo onorano con passione, competenza e magniloquenza, regalandoci brani dotati del non comune pregio di mantenere l’interesse col susseguirsi degli ascolti, perfetti per la dimensione live e immersi in un suono avvolgente, che sembra provenire da strumenti attaccati direttamente a un amplificatore.

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