Recensione: Nekromantikos

Di Marco Donè - 30 Marzo 2022 - 6:00
Nekromantikos
Genere: Black 
Anno: 2021
Nazione:
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65

Nekromantikos” è l’album di debutto dei Kryptonomicon, compagine della provincia di Gorizia, seguace del lato oscuro in musica. I Nostri, non a caso, si presentano con un disco nero come la pece, plumbeo, che trae ispirazione dai padri fondatori del black metal. La proposta dei Kryptonomicon, infatti, ci proietta direttamente negli anni Ottanta, quando formazioni come Venom, Celtic Frost e Bathory provavano a spingersi oltre, cercando di trasporre in musica l’oscurità, la pesantezza, la violenza. “Nekromantikos”, in questo modo, si rivela un lavoro dal forte flavour rétro, con una produzione cruda, quasi essenziale, come se la band avesse cercato di rievocare gli anni Ottanta in tutto e per tutto.

Entrando nel dettaglio di “Nekromantikos”, l’album strizza l’occhio ai nomi citati in precedenza, e in modo particolare ai Celtic Frost, cercando di ricreare quelle atmosfere che hanno reso la formazione svizzera un assoluto punto di riferimento in ambito estremo. Basta ascoltare la title track, che funge da intro del disco, o ‘Zeder’, uno degli assoluti highlight dell’album, per incontrare alcuni passaggi che possono essere considerati dei chiari omaggi all’ex formazione di Tom G. Warrior. I quasi cinquanta minuti che compongono “Nekromantikos” scorrono con piacere e durante l’ascolto, senza accorgersene, ci si ritrova a scapocciare, come se il tempo si fosse fermato e fossimo tornati tutti ragazzini. La proposta dei Kryptonomicon, caratterizzata da rallentamenti, partiture cadenzate e accelerazioni improvvise, risulta efficace, riuscendo nel non facile compito di riportarci indietro nel tempo, senza però scadere nel banale. Certo, non tutto gira alla perfezione, qualcosa da migliorare c’è. I Kryptonomicon, infatti, danno il massimo nei passaggi più lenti, dove i Nostri riescono a sprigionare tutta la loro pesantezza e oscurità. Quando è la velocità a prendere il sopravvento, invece, il quartetto isontino non riesce ad avere lo stesso piglio, perdendo per strada un po’ di tiro. Un aspetto che viene accentuato dalla produzione, che penalizza alcuni strumenti, in particolare la chitarra. In questo modo il riffing di Stefano Rumich – che qui incontriamo alla chitarra, ma che abbiamo imparato a conoscere nei Karnak, in veste di batterista – non riesce a graffiare a dovere. Peccati veniali, insomma, che i Nostri sapranno sicuramente sistemare, già a partire dal prossimo album. Le qualità dei quattro goriziani sono note, visti i trascorsi che ognuno di loro può vantare.

I Kryptonomicon mettono quindi a segno un debutto interessante che, come sottolineato in sede di analisi, non inventerà nulla di nuovo, ma risulta capace di trasmettere tonnellate di passione e un credo smisurato nel metallo pesante, nella sua essenza primigenia. Certo, come dicevamo, qualcosa da migliorare c’è. “Nekromanticos”, però, è un lavoro onesto, un autentico tributo a un’epoca e a determinate sonorità, pensato da dei fan del lato oscuro e realizzato per gli stessi fan. E questa è la chiave di lettura con cui ci dobbiamo approcciare al disco. Credo non serva aggiungere altro: se i prime mover del lato oscuro – e i Celtic Frost in particolare – rientrano nei vostri ascolti, beh, “Nekromantikos” è il disco per voi. Non fatevelo scappare.

Marco Donè

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