Recensione: .neon

Di Daniele D'Adamo - 15 Giugno 2010 - 0:00
.neon
Band: Lantlôs
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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79

«Eerie Emotional Music».
Misteriosa ed emozionale.
Così è definita dalla label teutonica Prophecy Production – che raggruppa la Lupus Lounge, specializzata in «black metal and beyond» e l’Auerbach Tonträgen, dedicata all’«Home of the acoustic and tranquil» – , la musica delle band accoccolate sotto la sua ala protettrice.
Fra le più note ci sono gli Empyrium, i Klimt 1918, i The Vision Bleak, i Farsot, gli Helrunar, gli Alcest e, ultimi ma non ultimi, i tedeschi Lantlôs con il loro “.neon”, secondo full-length di una leggenda iniziata soltanto due anni fa. Gli Alcest non sono stati nominati a caso: lì Neige, che qui si occupa soltanto delle vocals, è la mens cogitans che, in questo progetto, fa capo a Herbst.   

La breve biografia non può esimersi da far da cappello alla recensione del platter, se si vuole inquadrare correttamente lo stile del duo, evolutosi dal canonico black metal di quel tanto che basta per poterlo definire, come va per la maggiore, «post-black metal».

«In the morning when the sun is shining I feel as in deepest winter.»

Il black metal, sin dagli inizi, è stato permeato da una massiccia dose di forza emotiva. Ammantata in primis da una potente e ribelle energia negativa, in certe occasioni foriera dell’odio più viscerale verso tutto e tutti e, non ultimo, pregna di umori depressi, sfocianti inesorabilmente nella più cupa misantropia. Questa naturale predisposizione nell’essere terra di conquista da parte di artisti dall’animo profondamente sensibile, ha fatto sì che, nel corso degli anni, al black stesso siano state innestate gemme che in seguito han dato vita a una ramificazione sempre più fitta. «Depressive», «raw», «symphonic», «avant-gard», «folk», «viking», sono aggettivi e sostantivi che si sono succeduti nel tempo per arricchire la forma oscura del black primigenio. In ultimo, «post», utilizzato per descrivere realtà in cui navigano, appunto, i Lantlôs.     
«Post» che, a mio parere, non deve assolutamente significare alcunché segua qualcos’altro di morto, finito.
Tutt’altro.

Il black del duo di Rheda mantiene inalterata la summa dei componenti che disegnano, ormai da trent’anni, lo stile derivato da Venom, Black Sabbath e così via. Herbst non fa altro che completare questi ingredienti, aggiungendone altri, non necessariamente legati al metal, che tentano di rendere più maturo e, se vogliamo, più nobile, il genere di partenza. Si dimenticano inoltre le famigerate tematiche primordiali, legate alla Magia Nera e ai suoi derivati, per concentrarsi verso un’interpretazione laica del meraviglioso legame fra l’Uomo e la Natura. Legame misterioso, forte, indissolubile, esplosivo nella religiosa sensazione che lacera il cuore quando si giunge alla consapevolezza dell’indissolubile unione esistente fra la propria anima e quella della Terra. Herbst e Neige, in fondo, non fanno altro che aiutare l’Uomo a raggiungere questa sublime coscienza dell’essere. Accompagnandolo attraverso un lungo labirinto le cui grigie mura rappresentano follia, disperazione, assoluta mancanza di speranza. Che poi sono i principali temi affrontati, in modo peraltro grezzo e involuto, dal depressive black metal. Temi che invece il post-black metal dei Lantlôs sviluppa – musicalmente – in maniera compiuta ed evoluta. La produzione, infatti, consente al sound di estrinsecare con precisione e pulizia la profonda emotività degli artisti, relegando caos e imperizia tecnica ad altre realtà. Perfettamente udibile il distorto guitarwork, il deciso drumming – anche durante i momenti più convulsi, scanditi dai blast-beats – , le mobili linee di basso e, soprattutto, lo screaming disperato di Neige, mai sopra le righe, mai incomprensibile, mai folle. Screaming che si trasforma in dolce e trasognante clean quando occorre (“Pulse/Surreal”), arrivando a regalare eleganti segmenti di fusion (jazz, rock e funk) come nell’incipit di “Minusmensch”. Con queste, anche le altre canzoni (mai troppo melodiche: qualcosa in più non avrebbe certo fatto male…) di “.neon” accompagnano l’ascoltatore dalle sensazioni più fisiche a quelle fortemente astratte, generate dai surreali deliri dei Nostri. “These Nights Were Ours” rimbomba attraverso la carne grazie al possente connubio fra il frenetico drumming e il rombante basso, estrapolando il pensiero dal reale all’irreale durante i tratti in cui s’intensifica la presenza dei ricami cuciti dalla chitarra solista e dei lenti passaggi fusion. “Neige De Mars” materializza un terribile senso di struggente nostalgia che si prova nella consapevolezza che l’Uomo non è altro che un essere effimero, di passaggio. Un’insignificante creatura che, per pochi istanti, balugina nel buio siderale; eternamente intrappolata nel ricordo e nella melanconia derivante dalla cruda constatazione che tutto ciò che è passato, mai più tornerà. “Coma”, col suo incedere deciso e potente, aumenta il senso d’insicurezza e l’assenza di speranza che camminano al nostro fianco; i quali trovano piena comunione con la Natura nella poderosa, lenta, visionaria, “Neon” (unico brano strumentale del disco).

Il tutto esige un ascolto totalmente immerso nell’angolo diedro al cui centro albergano i Lantlôs, cosicché il fluido musicale ed emotivo da essi emanato possa attraversarci per trasportare le nostre molecole in un Universo parallelo, i cui atomi sparsi nella materia oscura ci avvolgono e ci guidano verso la parte più profonda di noi stessi, ove “.neon” ci aspetta.
Un album da gustare poco a poco, specificamente dedicato a chi ama i momenti di alto lirismo nonché i voli pindarici della mente, libera finalmente di volare sull’oceano infinito della memoria.

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Track-list:
1. Minusmensch 7:49
2. These Nights Were Ours 4:41
3. Pulse/Surreal 8:21
4. Neige De Mars 5:01
5. Coma 6:07
6. Neon 7:42

Line-up:
Herbst – Guitars, Basses, Drums, Lyrics, Vocals
Neige – Vocals

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