Recensione: Norsemen

Di Manuel Gregorin - 29 Ottobre 2020 - 0:05
Norsemen
Band: Stormwarrior
Etichetta: Massacre Records
Genere: Power 
Anno: 2019
Nazione:
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75

Per descrivere il nuovo album degli Stormwarrior non servirebbe nemmeno preparare una recensione: sarebbe sufficiente pubblicarne la copertina (ovviamente disegnata da Andreas Marschall) per capire di cosa si tratta. Un drakkar in primo piano dal quale scende un orda di vichinghi sovrastati dall’immagine ammonitrice di Odino, che insieme ai suoi due lupi Geri e Freki e ai sue due corvi Huginn e Muninn, sembra chiamare la carica dei guerrieri del nord….
Pubblicato ormai nel 2019, con “Norsemen” la band capitanata dal chitarrista e cantante Lars Ramcke ci serve anche questa volta un piatto di power metal teutonico alla vecchia maniera, fortemente ispirato dai primi lavori di Blind Guardian, Running Wild ma soprattutto Helloween del periodo con Kay Hansen. Quindi niente parti sinfoniche, orchestrali o influenze prog che da diversi anni ormai hanno trovato ampio spazio nella scena heavy-power, ma una proposta musicale cruda e diretta come si usava negli anni 80. In pratica possiamo dire che gli Stormwarrior suonano power metal come quando ancora si chiamava semplicemente heavy metal!

Si parte con “To The Shores Where We Belong“, un intro di piano che è solamente la quiete prima della tempesta. Tempesta che esplode con la successiva “Norsemen (We Are)“, un brano veloce che ha la stessa irruenza di un ascia che si abbatte sulla porta di casa vostra per annunciarvi che gli Stormwarrior sono tornati. Un’altra scarica di legnate arriva con “Storm Of The North“, una speed song sostenuta da una batteria devastante e con un ritornello che sembra un vero e proprio inno di battaglia. Le ritmiche restano elevate anche con la successiva “Freeborn” , una bella cavalcata di forte impatto con richiami agli Iron Maiden. Ormai pare chiaro che gli Stormwarrior hanno deciso di pigiare sull’acceleratore e lanciarsi a tutta velocità in una corsa sfrenata che terminerà solo dopo essersi schiantati sul portone del Valhalla. Il disco è un continua assalto all’arma bianca con le chitarre di Ramcke e del nuovo arrivato Bjorn Daigger che macinano riff e assoli fulminanti coadiuvati dal fuoco di copertura della sezione ritmica composta dal bassista danese Yenz Leonhardt, ormai accasato nella band da più di dieci anni e da Falko Grau alla batteria, già presente nella band dal 2003 al 2008 e ora ritornato in formazione.

Con la coinvolgente “Odin’s Fire” invece vengono omaggiate tutte le divinità norrene: da Freya, Njord, Balder per arrivare fino a Thor ed il padre di tutti Odino. Epopea vichinga, mitologia nordica sono argomenti ricorrenti nei testi del combo tedesco, tematiche queste che negli ultimi tempi vengono usate ed abusate da una moltitudine di gruppi metal e affini tanto da poter sembrare un po’ scontate, ma va anche detto però che Lars Ramcke ha una certa conoscenza della materia avendo studiato archeologia, lingua e storia scandinava all’università di Amburgo. Giusto per capire che non stiamo parlando di uno sciocco qualsiasi che abbozza un testo solo per seguire la moda del momento.

Il rumore di spade al’inizio di “Sword Dane” ci fa capire che la battaglia sta infuriando ancora; così come con “Blade On Blade“, altra fast track di ottima qualità con una buona prova strumentale della band dove troviamo pure un assolo di basso a intervallare quelli di chitarra. La strada tracciata dai primissimi Helloween viene ancora oggi percorsa dagli Stormwarrior tanto che nel corso degli anni sono entrati nell’immaginario collettivo come i diretti “figliocci” delle zucche di Amburgo…a volte sembra quasi che per Ramcke e soci il tempo si sia fermato a “Walls Of Jericho“… questo però non deve far pensare ad un prodotto che sappia di obsoleto. Al contrario invece, grazie al lavoro dell’onnipresente Piet Sielk dietro al mixer anche la resa sonora di questo “Norsemen” riesce ad essere moderna ed attuale.

Si prosegue con “Shield Wall“: il muro di scudi, ovvero la versione vichinga della testuggine degli antichi romani. Tattica quella della del “muro di scudi” resa famosa negli ultimi anni dalla serie televisiva Vikings tanto che una canzone con lo stesso titolo la troviamo pure su “Berserker” degli svedesi Amon Amarth. Anche questo brano viaggia sulle stesse coordinate degli altri già presenti in questo “Norsemen” con chitarre serrate, doppi assoli, batteria frenetica e un ritornello di facile presa.

Si giunge così a “Sword Of Valhalla“, una cavalcata di 11 minuti che ci conduce all’epilogo del disco. Il brano inizia con un arpeggiato di chitarra acustica a cui fa eco l’elettrica per poi esplodere in una sfuriata metallica sostenuta dalla batteria di Falko Grau e mitragliate di chitarra per culminare in un ritornello che pare chiamare i fans della band alla battaglia finale. Il pezzo procede così per circa 6 minuti, poi sembra terminare e dissolversi in un outro di chiusura. Ma dopo pochi secondi riparte con un riff alla Running Wild che lancia la canzone in un’epica marcia fino alla vera conclusione dove sfuma con l’arpeggio iniziale ed in sottofondo il rumore delle onde del mare in tempesta.

Si chiude così l’ultima fatica targata Stormwarrior: cinquanta minuti di sfuriate metalliche che lasciano al loro passaggio le stesse macerie e distruzione di un incursione vichinga. Certo, pur non essendo ai livelli di “Heading Northe“, sicuramente il picco qualitativo del gruppo, pare almeno che la formazione tedesca si sia ripresa dal mezzo passo falso di “Heathen Warrior” .
Ormai la formula di Ramcke e soci e sempre quella e squadra che vince non si cambia: heavy/power veloce dalle tematiche epico-guerriere ideale per indurre l’ascoltatore ad un headbanging sfrenato. L’originalità e la ricercatezza non sono di casa da queste parti ma non è certo quello di cui hanno bisogno i fans della band.

Va anche detto che quelli che per molti sono i pregi di questo lavoro per i detrattori diventano difetti, dato che gli Stormwarrior non si scostano di un millimetro dagli standard che da sempre li hanno contraddistinti.
Questa loro intransigenza fa si che siano una band che si ama o si odia.

Ma a noi vanno bene così, forse sarà perché siamo di bocca buona… o forse è la controparte della scena metal ad essere diventata troppo sofisticata, in ogni caso poco importa. Dove sta scritto che il metal deve per forza essere una cosa raffinata e ricercata?

Alla fine possiamo dire che gli Stormwarrior sono come il negozietto di fiducia sotto casa: magari sarà meno fornito dei mega centri commerciali, ma una birra ghiacciata e tre etti di ungherese sai che li troverai sempre.

 

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