Recensione: Once in a LIVEtime

Di Ares982 - 13 Febbraio 2004 - 0:00
Once in a LIVEtime
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Anno: 1998
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78

Primo “Live ufficiale” per i Dream Theater, dopo il “Live at the Marquee” registrato a Londra ma distribuito su scala mondiale molto dopo la release del 1994, e dopo gli “assaggi live” contenuti in “A Change Of Seasons” (comunque covers), questo Once In A LIVEtime porta nei nostri lettori un buon estratto Parigino del Touring Into Infinity che ha portato il quintetto di NY in giro per il globo.
Chi ha già assistito ad un concerto dei suddetti artisti può assicurare come la perfezione tecnica e la spettacolare affinità di ogni musicista con il suo strumento siano una delle più sorprendenti peculiarità dei live firmati Dream Theater. Quindi non stupitevi se la vostra schiena sentirà l’urgenza di lasciar passare più di un brivido mentre Portnoy e compagni si esibiscono con una Ytse Jam a dir poco strepitosa, impreziosita da un kilometrico assolo del grande batterista. Emozioni a parte (e questo live ve ne regalerà parecchie..), la mia attenzione era focalizzata su due cose: il feeling tra Derek Sherinian e il resto della band, e la prova di James La Brie. Riguardo al primo punto, toglietevi dalla testa l’impressione poco gradevole che l’ex Alice Cooper vi può aver dato con “Falling into Infinity”: il bravo Derek qui si amalgama perfettamente con il suono dei suoi colleghi, e aggiunge perle di buon gusto come i suoi pazzeschi pitch bending, i suoi organi “spigolosi” già conosciuti in ACOS e un bellissimo pianoforte in “Ytse Jam”. Mi ha lasciato invece un po deluso, se così si può dire, il suo “Derek Sherinian’s Piano Solo”: mi aspettavo qualcosa di più lungo e di più elaborato, anche se la prestazione rimane più che apprezzabile.
Per quanto riguarda James La Brie non sono altrettanto entusiasta. Premesso che non è facile cantare su quelle tonalità per quasi tre ore di concerto, e premesso anche che per la maggior parte di questo tempo James ha cantato ottimamente, ci sono stati alcuni momenti che hanno fatto perdere quota all’ottima tensione musicale creata dai Dream, “Take The Time” in primis. Proprio con questo brano, che inizialmente ha mandato in estasi il caldissimo pubblico parigino, il vocalist canadese ha a mio parere gettato un ombra piuttosto pesante su quello che poi è il resoconto generale della registrazione; fortunatamente le sorti della canzone in se sono state risollevate dall’ottimo duo Sherinian-Petrucci che ha trasformato la coda di “Take The Time” in un estasi sonora. La scaletta tuttavia concede una seconda occasione a La Brie con “Pull Me Under”, e questa volta il vocalist non perde il treno e sforna una prestazione incredibile, in cui sembra ringiovanito di 10 anni, per poi continuare sulla buona strada con un medley dell’ultra-acclamata “Metropolis I” accoppiata a “Learning To Live”. Scelta tuttavia discutibile quella di tagliare due delle più belle perle targate Images And Words, sopratutto alla luce della successiva pubblicazione del materiale live, in cui si sente chiarissimo il pubblico chiedere a squarciagola con gallico accento: “Me-Tro-Polis, Me-Tro-Polis”.
Nel resto del concerto la band propone estratti di “A Change Of Season”, brani tratti da Awake, con una buona performance di “Voices” a partire dal difficilissimo cantato, e come logico, gran parte della tracklist di Falling Into Infinity. Canzoni come “Lines In The Sand”, “Hollow Years”, e “Peruvian Skies” mostrano tutto il loro potere live grazie alla fantasia e alla perizia dei musicisti, che nei Cieli Peruviani improvvisano anche il riff di “Enter Sandman” meritando gli applausi dell’estasiato pubblico francese. Rimane ancora da citare il fantastico “John Petrucci’s Guitar Solo”, in cui l’axeman strappa dal suo strumento una costellazione di furiose note, che si dispongono nell’aria a piacimento di John a formare scale e improvvisazioni strabilianti, fra le quali trovano spazio una distorta “Mission Impossible”, una divertita tarantella e l’immancabile “Flight Of The Bumblebee”.
In generale, se volete una fredda analisi, questo live, pur contenendo tutte le finezze e i giochi di prestigio caratteristici dei Dream Theater, non convince appieno, un po’ per il non aver attinto maggiormente al beniamino Images And Words, e un po’ per il cantato non sempre impeccabile. In breve, se volete godervi l’esperienza DT Live, vi consiglio di orientarvi su Metropolis 2000 (sopratutto il DVD).
Se invece come me siete mossi da semplice passione per la band, qui troverete pane per i vostri denti, con in prima fila il gradevolissimo riscatto di Derek Sherinian che finalmente ben si adatta allo straripante genio di nome Dream Theater.

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