Recensione: One Night at Budokan

Di Abbadon - 15 Gennaio 2005 - 0:00
One Night at Budokan
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Anno: 1982
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88

Dopo esserci lanciati nel mondo solista, fra l’altro con lavori di gran qualità, Michael Schenker e i suoi ragazzi ci mettono veramente poco per buttare in pasto al mercato il loro primo disco dal vivo. Ad essere precisi solamente due anni (marzo 1982), visto che l’occasione si presenta durante il tour giapponese di supporto al platter “The Michael Schenker Group”, uscito nel 1980. Registrato come appena detto nella terra del Sol Levante, come guarda caso praticamente tutti i migliori live della storia dell’hard rock (cosa avrà di così speciale quella terra per far concepire dischi così devo ancora capirlo appieno), “One Night at Budokan”, seppur non credo faccia parte della categoria di live appena citata si rivela comunque un prodotto davvero splendido, senza dubbio il migliore (dopo “Strangers in the Night” degli UFO) disco dal vivo al quale il biondo axeman abbia mai partecipato. Grande è la carica che il prodotto sa infondere nell’ascoltatore, complice un mix di elementi che si complementano alla perfezione. In primo luogo l’attitudine dal vivo dei nostri, che si rivela in nella quasi totalità dell’album chiara e lampante, con qualche neo. Se infatti gente come lo Michael, Raymond e Powell non si faceva certo spaventare da notevoli presenze di folla, vista la loro già grande esperienza, qualche dubbio lo si poteva avere nella coppia Glen/Barden, nuova a questo genere di tour. Se nel caso di Chris siamo pienamente smentiti, vista la sua eccellente prova, priva praticamente di sbavature, Gary mostra invece qualche limite a livello vocale. Vuoi una tecnica personale non strabordante, vuoi l’emozione del suo primo tour mondiale, vuoi chissà cos’altro, ma la voce del vocalist in alcune occasioni se ne va oppure stecca. Questo avviene soprattutto nei tratti più “delicati” delle canzoni (musicalmente parlando e inteso non come difficili ma come melodiche), dove evidentemente il frontman non è esattamente a suo agio (basti sentire il pezzo prima dell’assolo in “Attack of the Mad Axeman” oppure tratti “On and On” e “Never Trust a Stranger”), rifacendosi però nei tratti più ruvidi e decisi, che ben si sposano con il suo timbro vocale, e nell’attitudine da frontman, che si dimostra buonissima dal punto di vista del dialogo e dell’intrattenimento col pubblico. Detto di Glen e di Bardens non rimane molto da dire sulle prestazioni degli altri 3, semplicemente perfetti. Da uno Schenker (o semplicemente Dio, come lo chiamavano i ragazzi giapponesi amanti della chitarra a quel tour) forse al suo meglio di sempre, a un Powell dallo stile riconoscibilissimo, mai esagerato eppure privo di pecche, a un Raymond per il quale vale il medesimo discorso per Cozy, troviamo veramente 3 garanzie di qualità assoluta. La scaletta del live non è assolutamente niente male, anzi direi che è estremamente ben congegnata. Pur potendo contare solo su due lavori in studio (chi riuscirebbe a fare un doppio live con due dischi?), i nostri riescono già ad avere un buon numero di hit da riprodurre dal vivo, cosa che infatti succede, infarcendo il tutto solo con la solita, immarcescibile, immancabile “Doctor Doctor”, per un risultato magico. Se infatti la prima porzione del live è volta sicuramente a schiantare il pubblico, con la triade micidiale (introdotta, come estrema opener, dalla Cavalcata delle Valchirie) “Armed and Ready”, “Cry for the Nations”, “Attack of the Mad Axeman”, il resto delle 13 tracks è un modellamento fra grinta e attimi estremamente melodici e toccanti. Difficile trovare un pezzo che emerga sugli altri, vista l’omogeinità, ma faccio un tentativo, mettendo sugli scudi le due strumentali (così diverse eppure così belle) “Into the Arena” e “Cuorvoisier Concerto”, il già citato trio iniziale, la magica “Never Trust a Stranger” (con un Raymond immenso), e la closer “Ready to Rock”, degna conclusione di quasi 80 minuti di musica 5 stelle. La musica però non è tutto, specie nei live, dove il feeling col pubblico conta 100 volte più della tecnica. Beh… 5 stelle anche qui, i fans sono caldi ed estremamente reattivi, sempre pronti a rispondere agli incitamenti (piuttosto frequenti) di Barden, che come già detto si dimostra molto a suo agio nelle vesti di interlocutore. Non resta molto da dire, mettete insieme tutto ciò che ho detto e ne ottenete un disco dal vivo speciale, nato sì negli Eightes, forse anche con musica più Eightes che Seventies, ma che puzza, per attitudine, di anni 70 lontano un miglio. Se volete un mio consiglio, amici rockettari, non fatevelo scappare, perdereste una preda molto ma molto succulenta.

Riccardo “Abbadon” Mezzera

Tracklist :
1) Armed and Ready
2) Cry for the Nations
3) Attack of the Mad Axeman
4) But I Want More
5) Victim of Illusion
6) Into the Arena
7) On and On
8) Never Trust a Stranger
9) Let sleeping dogs lie
10) Courvoisier Concerto
11) Lost Horizons
12) Doctor Doctor
13) Ready to Rock

n.b : nel vinile manca, se non sbaglio, la track “But I want more”.

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Genere:
Anno: 1981
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