Recensione: Para Bellum

Nel 2010 venne fissato un paletto significativo: il 22 giugno Metallica, Slayer, Anthrax e Megadeth si riunirono per la prima volta per tenere un concerto a Sofia, capitale della Bulgaria. Per dare risalto a questo evento vennero riunite sotto il nome ‘Big Four’ e dichiarate come le band più importanti ed influenti nella storia del Thrash Metal.
Niente da dire: i Metallica ne hanno fissato la data di nascita di riferimento: 25 luglio 1983, ossia l’uscita del terremotante ‘Kill ‘em All’, gli Slayer hanno portato la sua ferocia ribelle oltre l’estremo con ‘Reign in Blood’, gli Anthrax hanno dimostrato che si può essere duri e sovversivi anche con ironia e divertimento ed i Megadeth ne hanno esaltato l’aspetto tecnico.
Ma alle origini del movimento, a dare fuoco alle polveri, non c’erano solo loro. Lasciando stare l’ondata europea per non complicare troppo il discorso, nel 1979, ad esempio, gli Exodus giravano già per la California mentre nel 1980 gli Overkill facevano la loro comparsa a New York, quindi ancora prima della nascita di tutti e 4 i Big Four (Metallica, Slayer ed Anthrax hanno iniziato nel 1981, i Megadeth, per gli ovvi motivi che tutti conosciamo, hanno preso corpo nel 1983).
Poi, le etichette hanno fatto andare le cose come volevano e le opportunità di emergere non sono state date in ordine di nascita ma a chi è stato ritenuto più proficuo, per cui sembra che tutti quelli che hanno pubblicato dopo li abbiamo seguiti, ma non è così. Ci sta, di fatto il valore dei primi album dei quattro grandi è indubbiamente altissimo, però, trascorsi 15 anni dal concerto di Sofia, nell’ambiente ancora si rumoreggia e si discute su chi, forse, si meritava di più di entrare a farne parte.
Durante queste discussioni i Testament vengono citati spesso, togliendo ogni dubbio sulla loro importanza storica: nati nel 1983 come Legacy (con Steve “Zetro Souza” alla voce”), nome che hanno dovuto modificare nel 1987 per motivi di riconoscibilità, nonostante periodi di crisi, innumerevoli cambi di lineup, avversità e sfighe di ogni tipo, oltre i gravi problemi di salute che ha dovuto affrontare Chuck Billy, sono riusciti a pubblicare ben 14 Full-Length in studio, più album live, compilation, singoli e DVD ed oltre a tonnellate di tour e concerti dal vivo.
Ci sono stati album significativi, come ‘The New Order’ e ‘The Gathering’ ed altri un po’ più sottotono, come ‘The Ritual’ (che, per spezzare una lancia, è uscito in un periodo in cui molti Thrashers hanno preso decisioni simili), però è innegabile che la band abbia sempre percorso una sua strada, lasciandosi presto alle spalle l’influenza originale dei Metallica, che si sente parecchio in ‘The Legacy’ (debutto del 1987), per sperimentare e cercare di superare i propri limiti, a volte riuscendovi a volte non tanto.
Il 14° album dei Testamenti s’intitola ‘Para Bellum’ (dalla frase latina “Si vis pacem, para bellum” — ” Se vuoi la pace, preparati alla guerra) e sarà disponibile dal 10 ottobre 2025 tramite Nuclear Blast Records.
Prima di tutto, abbiamo un importante cambio di lineup: esce Gene Hoglan (che si sta dedicando ai suoi Dark Angel) ed entra Chris Dovas, batterista dal buon bagaglio culturale e con una buona propensione sia per gli schemi progressivi sia per quelli estremi. Per il resto, la band è sempre guidata da Eric Peterson (unico rimasto tra i fondatori) e dal cantante Nativo Americano, appartenente al popolo Pomo, Chuck Billy (che, pur se presente in tutti gli album, è entrato nel 1986) e annovera tra le sue fila gli “spaventosi” Steve DiGiorgio e Alex Skolnick, quartetto rimasto immutato dall’epoca di ‘Brotherhood of the Snake’ del 2016.
Sotto il profilo musicale è un album caratterizzato da un forte eclettismo, ripercorrendo un po’ tutta la carriera dei Testament, ma aprendosi anche ad altro.
Il Thrash è lo stile base ma la band non ci sta a rimanere confinata tra due muri: si passa da momenti estremamente infernali e potenti ad altri epici, ad altri ancora più fruibili ed orecchiabili. C’è rabbia, ma anche malinconia e dolore: i Testament ragionano sulla difficoltà dell’uomo di controllare il progresso che egli stesso crea, su una tecnologia invasiva in rapida ascesa che, però, disconnette le persone e sul terrore del soprannaturale e ci si scagliano contro con un urlo di guerra ed una musica tagliente e frustrante, “inflessibilmente umana”.
Sulla qualità, nulla da dire: parliamo di musicisti “mostruosi”, che la loro carriera li ha portati oltre. Ogni singola sequenza di note è studiata, resa sofisticata, avvicinata alla perfezione … nulla è lasciato al caso.
Però … tutta questa varietà scolla un po’ la scaletta. Sono tante storie un po’ troppo diverse tra loro nella struttura del songwriting e l’imprevedibilità, in alcuni punti, può diventare fastidiosa. Bisogna entrare dentro in ‘Para Bellum’, un singolo ascolto non basta e per approfondirlo ci vuole pazienza.
L’album inizia con ‘For The Love of Pain’, un pezzo sostanzialmente Death/Black, con voce growl e scream, paragonabile ad un carro armato che avanza dall’inferno per trasformare la ferocia in disperazione. La successiva ‘Infanticide A.I.’ è una bastonata Thrash con increspature Death (elemento per cui i Testament hanno manifestato l’inclinazione più di una volta), velocissima, compatta e ruvida e la terza ‘Shadow People’, anche se più melodica e poliedrica, è anch’essa una bella travata nelle gengive.
A questo punto, ci si mette l’elmetto, si scava una trincea in casa e si aspetta il prossimo bombardamento, ma lo scenario cambia improvvisamente: ‘Meant To be’ è una ballata (scritta all’epoca di ‘Titans Of Creation’) epica e malinconica. A parere di chi scrive arriva troppo presto e smorza tutta l’adrenalina caricata prima. Comunque, a parte questo, i Testament cercano di uscire dalla loro “confort zone” differenziando questo pezzo dalle altre loro ballad (ad esempio ‘The Ballad’ – appunto, ‘Return To Serenity’ e ‘Trail Of tears’) attraverso un lavoro incredibile di chitarra acustica e l’introduzione di orchestrazioni e veri archi orchestrali eseguiti dal violoncellista Dave Eggar. La traccia non è speciale ma si apprezza anche per questi motivi.
Subito dopo esplode ‘High Noon’, un Groove alla Pantera cadenzato, pestato e durissimo e poi, di seguito, ‘Witch Hunt’, un Thrash velocissimo di nuovo con increspature Death ed un bridge melodico ispirato dal Metalcore, un pezzo energico che fornisce la giusta carica.
Il palco però cambia di nuovo in modo repentino: ‘Nature Of The Beast’ intreccia le armonie degli Iron Maiden con andature più stradaiole e sfacciate, stemperando di nuovo il clima per renderlo più respirabile.
E per finire: ‘Room 117’ è un Heavy Metal tirato ed orecchiabile, per un ampio spettro di pubblico, ‘Havana Syndrome’ (una serie di malesseri che ha colpito, nel 2016, alcuni impiegati dell’ambasciata statunitense all’Havana) è un altro Thrash veloce con un assolo che va oltre e ‘Para Bellum’ ha un tiro marziale ed un’atmosfera che completa il cerchio, legando ‘The Legacy’ con questo ultimo lavoro.
Concludendo: i Testament sono ancora parecchio arrabbiati e lo dimostrano con forza e solidità. Musicalmente ineccepibili hanno realizzato un album molto valido anche se non tra i loro migliori, con un sacco di variabili sonore e cambi di scena che dimostrano quanto la loro esperienza sia vasta. Sicuramente da ascoltare, ‘Para Bellum’ è tutt’altro che diretto ed il fatto che spazia così tanto può essere un’arma a doppio taglio. Bisogna prendersi il proprio tempo e non giudicarlo alla prima.
‘Para Bellum’ è stato registrato da Juan Urteaga e mixato da Jens Bogren. La copertina, una metafora della fede cieca e dell’autodistruzione, è un dipinto di Eliran Kantor. Ha contribuito ai testi dell’album il collaboratore di lunga data Del James, conosciuto anche per aver scritto il racconto che ha ispirato il video di ‘November Rain’ dei Guns N’ Roses.