Recensione: Primal

Di Redazione - 20 Gennaio 2004 - 0:00
Primal
Band: Holocaust
Etichetta:
Genere:
Anno: 2003
Nazione:
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65

Parlare degli Holocaust è sempre un onere notevole per un misero scribacchino come il sottoscritto, la band in questione ha scritto pagine indelebili della storia del metal e ha legato il suo nome alla leggenda chiamata New Wave of British Heavy Metal. Dunque mi pare legittima una certa trepidazione nei confronti di questo “Primal” che rappresenta il presente artistico dei nostri, un disco dal quale è legittomo attendersi molto in senso musicale, sono certo che tra voi, i più fedeli seguaci del verbo metallico conoscano il valore e il potenziale della band in questione. Gli Holocaust puntano su un sound diretto e pesante, senza ombra di dubbio, meglio dirlo subito, questo “Primal” è uno dei platter più pesanti della loro discografia. In questo senso voglio chiarire anche la parziale e tangibile distanza rispetto agli esordi della band, nel particolare rispetto al primo disco dei nostri, intitolato “The nightcomers”. Sono anche dell’opinione che questo nuovo disco mostri il lato più diretto e frontale degli Holocaust e sotto il profilo compositivo rappresenti un indiscutibile calo generale, sebbene non si tratti di un crollo è comunque innegabile una generica scarsità di composizioni articolate o particolarmente ambiziose. Forse succubi di un passato così ingombrante gli Holocaust hanno voluto rivisitare il loro stile spingendosi verso un Heavy Metal grezzo, dai connotati ruvidi, certamente efficace e convincente ma parzialmente deludente rispetto alle aspettative che circondavano l’uscita di questo lavoro.

La prima “Iron will” possiede tutte le carti in regola per colpire duro in sede live, un brano inarrestabile dove il gruppo sfodera una grinta indiscutibile, da notare l’uso di chitarre molto distorte e volutamente rumorose, al pari di una interpretazione vocale spudoratamente grintosa e frontale. La sensazione di un ostentato minimalismo compositivo si rafforza dopo la seconda “Black box” che si affida a una serie di riff quardati e semplici, ordinati in una ossatura potente ma mai troppo ricercata, il gruppo sembra voler evitare strutture ambiziose comunque non risulta banale sfornando una discreta prova. Il metal roboante di “Hell on earth” lascia spazio a chitarre soliste dal sapore classico, si tratta di una composizione frontale e inarrestabile, certo non paragonabile ai passati della band ma comunque piacevole. Non mi ha convinto molto “Trascendence” dove i nostri mi sembrano voler fare troppo la parte dei Motorhead, il brano poteva essere un minimo più curato e articolato data la potenzialità del gruppo in questione. Quasi lo stesso commento si potrebbe ripetere per la successiva “Fools” non fosse per il fatto che qui i nostri risultano più efficaci e ispirati, il brano possiede un bel mood che promette grandi cose dal vivo. Con “Made righteous” gli Holocaust sembrano voler tornare a una forma canzone meno immediata e maggiormente elaborata, di sicuro il brano colpisce con forza ma il suono troppo rumoroso del gruppo finisce per penalizzare, a mio avviso, la resa finale del pezzo. L’heavy rock di “It’s your dream” riesce a coinvolgere l’ascoltatore ma certamente gli Holocaust possono puntare molto più in alto, insomma stiamo parlando di una band fondamentale del metal classico, una band che qui scade un poco. Meglio assortita, anche sotto il profilo lirico “They colonise” riesce a ristabilire un certo interesse nei confronti del platter, in questo brano i nostri puntano su ispirate parti chitarristiche molto convincenti. La seguente “Colossus” non è certo un classico della band inglese ma comunque riesce a convincere pur senza eslatare, ancora una volta le chitarre sporche e una sezione ritmica potente sono messe in bella mostra lungo tutta la durata del brano. La conclusiva “Lost horizons” non si scosta di una virgola rispetto alle precedenti senza aggiungere o togliere nulla a quanto già descritto prima.

La mia sensazione è che gli Holocaust si siano accontentati di ottenere un disco piacevole ma non abbiano puntato sulla composizione di un platter veramente memorabile, una grande band come loro non dovrebbe limitarsi a timbrare il cartellino ma cercare di mantenere sempre un livello tale da giustificarne la fama. Avranno certamente influito i molteplici cambi di line-up ma questi Holocaust suonano molto diversi rispetto a quelli degli esordi, tenetelo presente. 

Tracklist:
1. Iron will
2. Black box
3. Hell on earth
4. Trascendence
5. Fools
6. Made righteous
7. It’s your dream
8. The colonize
9. Colossus
10. Lost Horizons

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