Recensione: The Rituals of Resilience

Di Daniele D'Adamo - 19 Settembre 2025 - 12:00
The Rituals of Resilience
Band: Voidfallen
Etichetta: Noble Demon
Anno: 2025
Nazione:
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78

Dalla Finlandia, ancora una band che fa del melodic death metal il suo scopo di esistere. Stavolta sono Voidfallen a tenere in alto, con il secondogenito “The Rituals of Resilience“, il vessillo della loro Nazione in quest’ambito dove la crudezza del death metal trova la dolcezza della melodia.

Come naturale che sia o almeno come dovrebbe essere, i Nostri si differenziano dagli altri act che imperversano nella Terra del mille laghi. Tanto per dirne alcuni, Insomnium, Omnium Gatherum, Mors Principium Est e così via, per un elenco dalla lunghezza ragguardevole.

Si differenziano in virtù di una cospicua dose di armonizzazioni e, addirittura, orchestrazioni. Sin qui nulla di nuovo. Tuttavia, prestando con attenzione l’orecchio al sound partorito dal combo scandinavo, si coglie un umore più che malinconico, tetro. Oscuro, cioè, sì da dare al tutto un leggero retrogusto al sapore di black metal.

Si tratta soltanto di una sensazione a pelle, che non trova poi riscontro nei dettami stilistici che reggono in piedi il predetto sound, fra quali non mancano echi lontani di gothenburg metal. Sound davvero potente, massiccio, ricco di musica, a tratti esplosivo. Una bordata in pieno petto alimentata dai feroci blast-beats di Mika Lumijärvi, che si fanno sentire con un’azzeccata frequenza. Una sezione ritmica che peraltro non può fare a meno del rutilante basso di Lauri Myllylä, elemento indispensabile per inspessire il suono in uscita dagli speaker.

Assieme, giova ripetere, a ripetuti inserimenti di orchestrazioni tali da colorare il disco nelle tinte fosche che connotano il mood del full-length. Tinte che abbracciano maggiormente il buio quando il tema portante di qualche pezzo si avvicina al gothic metal, seppur senza toccarlo ma solo sfiorandolo, per un tono che lascia comunque un segno a volte importante (“Hymn for the Fallen“).

Molto bravi i chitarristi Henri Vuorenmaa e Tommi Kangaskortet, autori di un lavoro monumentale, ricco all’inverosimile di riff complicati ma comprensibili nell’insieme, di ricami, di orpelli, di assoli luccicanti che, perlomeno per un po’, squarciano le tenebre che avvolgono l’LP (“Starved of Martyrs“) per regalare agli occhi un fuggevole ma limpido lampo di luce.

E Lauri Honkola? Come da copione dei vocalist nordici, la sua interpretazione delle linee vocali è praticamente perfetta giacché, invece di assestarsi su un monocorde growling unisce a esso, in modo fluido e scorrevole, cospicue dosi di screaming. Con entrambe le tipologie canore, l’arte di seguire la musica sembra innata, in lui. E la conclusione è che la noia è ben lungi di avvicinarsi a “The Rituals of Resilience“.

Non solo per questo specifico aspetto, è ovvio, ma anche grazie a una vena compositiva di alto livello, che consente di scrivere canzoni ben diverse le une dalle altre, beninteso rispettando come soldatini lo stile che contraddistingue il quintetto di Helsinki. Una prova? “Tread with the Ghosts“. Brano memorabile in tutto e per tutto, nel senso che tutto quanto serva a elaborarlo viene concepito al massimo delle possibilità melodiche. Nulla di catchy o di facile ascolto, ma una formidabile bordata di immensa musicalità sparata a mille all’ora, mischiata a screaming, growling nonché a sfuriate di blast-beats. La ferocia della traccia è pazzesca, ma come d’incanto si trova a correre, alla medesima celerità, assieme a un’armonia che definire celestiale è poco. Grande, grandissima song.

Dato atto della professionalità inappuntabile dei membri della formazione finlandese, e della loro capacità di creare episodi dall’elevata qualità del songwriting, “The Rituals of Resilience” non può assolutamente mancare nella discografia di un appassionato del genere, ma non solo.

Daniele “dani66” D’Adamo

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