Recensione: Reincarnation

Di Fabio Vellata - 25 Ottobre 2010 - 0:00
Reincarnation
Band: Ken’s Dojo
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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72

Non è certo un nome particolarmente noto quello di Ken Ingwersen, promotore e deus ex machina di questo nuovo progetto di rock melodico. A dispetto di un’assidua e costante frequentazione delle scene internazionali, Ingwersen non ha, in effetti, mai militato in band di particolare prestigio, limitandosi, in epoche remote, alla fondazione di un paio d’entità semisconosciute quali Rags e Speed, heavy nordico dal richiamo spiccatamente “underground”.

È tuttavia con la nascita del supergruppo Street Legal, che il talentuoso musicista norvegese ha conosciuto i maggiori riscontri: l’eccellente “Thunderdome”, ottimo esempio di hard rock chitarristico in pieno stile Thin Lizzy, edito nel corso del 2000, si era palesato come uno dei migliori prodotti hard del periodo, ottenendo importanti ed unanimi conferme da critica ed ascoltatori.
Sempre attivo seppur mai baciato da grande notorietà e coinvolto – dopo una discreta carriera nell’industria pop – solo negli ultimi tempi in collaborazioni di livello con artisti di massimo richiamo quali Glenn Hughes, Ken Hensley, TNT e Dan Reed, Ingwersen ha preferito in seguito declinare l’invito a riunirsi ai vecchi sodali Bjørn e Oysten Boge – intenti a rivitalizzare gli Street Legal con un come back concretizzatosi nel 2009 – al fine di dedicarsi principalmente al proprio, personalissimo progetto, attraverso il quale dar sfogo ad un estro compositivo solo in parte mutuato dai dettami del tipico heavy rock delle origini.

Ken’s Dojo, prima creatura solista del guitar player di Oslo, può, infatti, configurarsi come un condensato di tutte le principali esperienze stilistiche maturate in carriera: una struttura rock che tuttavia non indugia in suoni particolarmente aspri, filtrata da un gusto di evidente radice “pop” per la scelta di melodie e ritornelli, addizionati di spunti strumentali ed accenti vistuosistici vagamente prog, in un insieme per lo più di facile ascolto e veloce assimilazione.

Il disco nel complesso piace e scorre, mostrando discreta orecchiabilità ed un buon profilo strumentale, pur senza mai sfiorare vette di particolare valore artistico o regalare sensazioni destinate a permanere in modo indelebile e duraturo. Proprio con il coinvolgimento d’ospiti illustri, “Reincarnation” sfodera, ad ogni modo, le proprie carte migliori.
Inaugurato da “Forever”, brano dai forti sapori progressive alla Queensryche, l’album s’inoltra ulteriormente in territori ricercati beneficiando dell’eccellente interpretazione di Nils K. Rue (Pagan’s Mind) nella drammatica ed oscura “Keeping The Flame Alive”, canzone che richiama nuovamente lo stile di Geoff Tate e compagni tanto da avvicinarsi – in alcuni passaggi – all’indimenticato e straordinario “Empire”.
È tuttavia, manco a dirlo, con l’arrivo al microfono del gigantesco Glenn Hughes che la tracklist acquisisce prestigio. Miglior episodio dell’intero lotto, “I Surrender” è la classica ballad romatica e passionale attagliata con somma perizia alla voce del magnifico mr. Hughes, come sempre, protagonista di un’interpretazione straordinariamente intensa, in linea con le migliori uscite prodotte dalla celebre “voice of rock”.

Un approccio alquanto più affine ad un pop notturno e raffinato, è quanto poi “Reincarnation” propone con il trascorrere del minutaggio, inanellando una serie di pezzi piacevoli ma tutto sommato lontani dall’essere definiti memorabili. La soffusa title track, gli strumentali “Momento a Solas”, “El Recreo” e “Soundcheck Bonanza”, così come le radio friendly “Set This Angel Free” e “Rain”, circondano un’accoppiata di brani comunque degna di menzione come “Demon In Diamonds” (Tommy LaVerdi, ex dei 21 Guns, al microfono) e “Come Alive”, persuasivi momenti di gradevole rock melodico, ottimi al fine di donare qualche dose più consistente di grinta al disco, garantendone in tal modo un’interessante e ben assortita varietà di temi e stili.

Arricchito da una produzione più che discreta e da interventi strumentali – a cura dello stesso Ingwersen – di prim’ordine, “Reincarnation” non spicca, in buona sostanza, per audacia o grande voglia d’osare oltre un certo limite, preferendo accogliere una serie eterogenea di influenze e peculiarità già conosciute e sperimentate numerose altre volte.
Il risultato è un disco di “mestiere” che – salvo rarissimi passaggi – non pare in grado di fornire picchi di classe assoluta o vertici emotivi di massima enfasi, pur mantenendo intatte caratteristiche di buona fruibilità e scorrevolezza.

Un album in definitiva, orecchiabile e tutt’altro che malvagio, ma di certo non fondamentale o di primissima schiera.

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Tracklist:

01.    Forever
02.    Keeping The Flame Alive
03.    Surrender
04.    Momentos A Solas
05.    Reincarnation
06.    Demon In Diamonds
07.    Come Alive
08.    El Recreo
09.    Set This Angel Free
10.    Rain
11.    Soundcheck Bonanza

Line Up:

Ken Ingwersen – Chitarra / Voce

Hanno collaborato:

Glenn Hughes, Ken Hensley, Michael Eriksen (Circus Maximus), Nils K. Rue (Pagans Mind), Chesney Hawkes, Tommy La Verdi (ex-21 Guns), Eirikur Hauksson aka Eric Hawk (ex-Artch), Truls Haugen (Circus Maximus), Morty Black (ex-TNT), Ole Devold (Tritonus), Aslak Johnsen (Mindtech), Jon Rydningen (Dream Police)
 

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