Recensione: Restless Heart

Di Stefano Burini - 27 Febbraio 2009 - 0:00
Restless Heart
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Genere:
Anno: 1997
Nazione:
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77

 

“Restless Heart” rappresenta ufficialmente il decimo capitolo discografico in studio della carriera dei Whitesnake, band inglese di lungo corso nata sulle ceneri dello split dei Deep Purple nella seconda metà degli anni ’70 e giunta fino ai nostri giorni con il recente “Good To Be Bad”.
Tuttavia fu David Coverdale in persona, da sempre unico leader incontrastato degli ‘snakes, ad ammettere, a distanza di anni, che esso nasceva nelle intenzioni come il terzo album della propria carriera solista e che solo in seguito si decise di metterlo sul mercato a nome “Whitesnake” o “David Coverdale & Whitesnake” per esigenze di etichetta (leggasi: nel tentativo di ottenere maggior riscontri con un nome di richiamo in copertina).

Non nascondo che in altre occasioni mi è capitato di bistrattare questo LP e i motivi della delusione che esso provocò in me all’epoca, in verità, non li ricordo nemmeno, per quanto sia pronto a scommettere che furono, con ogni probabilità, da imputare al disorientamento dovuto alla radicale metamorfosi rispetto al sound levigato e classy di lavori come “1987” e soprattutto “Slip Of The Tongue” (ma, tutto sommato, anche rispetto alle sonorità pienamente british hard rock dei primordi) e all’allora scarso apprezzamento, da parte mia, per generi come il blues e l’hard blues.

In effetti è proprio di questo che si tratta, di un album fortemente caratterizzato da ballate blues incentrate sulle grandi doti interpretative di un Coverdale ispirato e intenso come non mai, perfettamente assistito da arrangiamenti discreti e da un guitar work sobrio ed essenziale che, pur non evidenziando il genio acrobatico di Steve Vai o l’enfasi drammatica di John Sykes, si dimostra pienamente all’altezza del compito assegnato.

L’apertura è riservata a “Don’t Fade Away” e “All In The Name Of Love”, due splendide ballate rock/blues dai testi malinconici con protagonista un Coverdale vellutato sulle strofe ed energico sui toni più acidi, per nulla intimorito da alcune piccole incrinature vocali che tuttavia non intaccano il fascino di una delle ugole storiche dell’hard rock, perfettamente sostenuta da inediti cori femminili sugli ariosi refrain.
Grazie al piglio hard blues di “Restless Heart”, molto vicina alle sonorità di lavori come “Come And Get It” o “Ready And Willing”, pare di tornare agli albori della trentennale carriera del Serpente Bianco, ma è solo questione di attimi ed ecco pian piano farsi strada un’altra eccezionale ballata, “Too Many Tears”, nobilitata da una melodia soave ed ispirata, giri di basso avvolgenti e da un Coverdale di nuovo protagonista di un’ intensissima prova vocale all’insegna di quei toni bassi e suadenti che da sempre ne costituiscono parte sostanziale del trademark canoro.

L’hard blues più incendiario torna prepotentemente a galla con la vibrante “Crying”, un altro dei picchi emozionali dell’album in cui l’elettrica ispirata di Adrian Vandenberg si mostra in tutta la propria carica hard prima di lanciarsi in un bridge che rimanda ai tempi in cui Coverdale si divertiva un mondo nel riproporre in salsa ottantiana alcuni degli stilemi che resero grandi i Led Zeppelin.
Se la monotona cover “Stay With Me”, con ogni probabilità la meno riuscita del lotto, abbassa un po’ la media, è tuttavia sufficiente ascoltare lo splendido giro di acustica che introduce “Can’t Go On” e la successiva entrata in scena del grande David per capire che si è trattato solo di un breve momento di appannamento, prontamente riscattato da un lento romantico perfettamente riuscito.
Si prosegue con l’hard ‘n’ roll scanzonato e divertente di “You’re So Fine” e con la leggerezza di “Your Precious Love” prima di arrivare a “Take Me Back Again”, un altro blues, stavolta un po’ legnoso, che fallisce nel tentativo di ricreare l’atmosfera torrida della precedente “Crying”.

Con la conclusiva “Woman Trouble Blues”, a dispetto del titolo, molto più somigliante ad una “Still Of The Night” opportunamente riarrangiata con armoniche e chitarre pastose, che all’ennesimo anthem hard blues, cala il sipario su un album poco hard rock e piuttosto lontano dal classico Whitesnake sound, ma comunque consigliabile ai fan irriducibili di Coverdale e agli amanti del blues rock più genuino.

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Tracklist:

01 – Don’t Fade Away
02 – All In The Name Of Love
03 – Restless Heart
04 – Too Many Tears
05 – Crying
06 – Stay With Me
07 – Can’t Go On
08 – You’re So Fine
09 – Your Precious Love
10 – Take Me Back Again
11 – Woman Trouble Blues

Line Up:

David Coverdale – Voce
Adrian Vandenberg – Chitarre
Brett Tuggle – Tastiere
Guy Pratt – Basso
Denny Carmassi – Batteria

 

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