Recensione: Rise

Di Alessandro Rinaldi - 17 Settembre 2023 - 23:29
Rise
Band: Gotland
Genere: Black 
Anno: 2023
Nazione:
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80

Gotland è un’isola svedese che si trova nel Mar Baltico, i cui abitanti, i gotlandi, assieme alle tribù de Geati e dei Goti, conquistarono la terraferma e iniziarono a migrare verso il resto d’Europa. Da questa terra trae origine il nome del sestetto di Torino, nato  nel 2007, e con alle spalle un Ep, Behind the horizon ed un full-lenght, Gloria et morte, che li aveva lanciati nel mondo del metal. Rise è la prova del nove, quella della conferma.

Le tematiche sono quelle ben rodate, e d’altronde basta dare una sbirciata all’artwork, opera di Alessandro Alimonti, per rendersi conto dello spirito di questa complessa opera: una bellissima quanto inquietante immagine di una maschera da guerra dell’antica Roma, danneggiata, che lascia intravedere un volto martoriato presumibilmente dalla guerra. Dobbiamo riavvolgere l’inesorabile corso del tempo, fino agli anni della Roma imperiale: il disco, infatti, narra le vicende di Arminius, figlio di uno dei capi della tribù germana dei Cherusci. In giovane età, lui e il fratello furono venduti all’Impero per mantenere la pace; cresciuto ed educato come soldato romano, fu mandato in Germania da Augusto sotto il comando di Varo, dove pianificò segretamente contro Roma.

La band torinese ha fatto le cose  in grande, per il lancio del loro secondo album: il 15 settembre, infatti, è previsto un party di ascolto di Rise alla Birreria dei rubinetti a Carignano (TO), mentre il 7 ottobre si terrà all’Arka di Chieri (TO) un release party. Tra gli altri aspetti, va sicuramente evidenziata la qualità della session fotografica, di forte impatto e perfettamente allineata con il messaggio contenuto in Rise.

Oltre all’apparenza, che comunque ha un suo peso specifico in una società mediatica come la nostra, c’è anche tanta sostanza: il disco è composto da 17 brani per un totale di 75 minuti di musica; è diviso in cinque atti, ognuno dei quali è aperto da un interludio orchestrale di notevole impatto, che danno una dimensione quasi cinematografica all’intera opera. La line up è composta da ben sei musicisti, che garantiscono una pluralità di suoni ed una qualità notevole per tutta la sua durata. Non contenti, i nostri si sono avvalsi dell’aiuto di diverse guest stars: Manuel Visconti, Davide Cicalese, Kyrah Aylin, Zilath Mekhlum, Haiwas e Luciano Caratto, ognuno dei quali interpreta un ruolo o un personaggio specifico della storia.  La proposta musicale è quella di un black metal “pulito”, con qualche elemento death, che riempie e variega le sonorità. L’uso delle tastiere è praticamente perfetto: non è abusato né tantomeno utilizzato come riempitivo per i momenti low e questa scelta enfatizza il lato concept di Rise, percepibile anche se lo si ascolta senza avere la tracklist sottomano. Il primo atto è quello più duro, più black, con The downside sugli scudi, un grande pezzo di forza e sostanza. Il secondo atto, dopo il solito interludio, ci consegna la bellissima Deception e il brano simbolo del concetto che muove l’intero disco, ovvero Traitor or savior, che sintetizza al meglio la figura di Arminius: traditore o salvatore? Le spoken words all’interno della stessa canzone lascerebbero poco spazio alle interpretazioni, poiché attribuiscono al condottiero il giuramento di fedeltà all’Impero: “Prometto di essere fedele al Senato/e al popolo romano”. Nel modo più machiavellico possibile, si tratta di due facce della stessa medaglia: da un lato c’è il traditore, proprio perché Arminius non ha mantenuto fede a quel giuramento, iniziando a creare una coalizione antiromana mentre era un ufficiale della Legione; dall’altro, proprio perché traditore, è salvatore dei germani, che altrimenti sarebbero stati schiacciati dall’esercito romano. E qui veniamo proiettati proprio nel terzo atto, quello della Clades Variana (disfatta di Varo) – che è anche il nome dell’interludio che annuncia il medesimo – ovvero della battaglia della foresta di Teutoburgo, una delle più grandi disfatte militari romane, in cui furono annientate ben tre intere legioni. Slaughtered Centurions ci riporta nell’oscurità più violenta, con un brano molto pesante e spigoloso, mentre Dishonor si muove tra un virile black metal e delle piacevoli armonie. Il quarto atto, apre con la bellissima Ballata del tradimento, un brano ben costruito che contrappone la ruvidezza della musica dei Gotland alla meravigliosa voce bianca di Kyrah Aylin, creando un ossimoro musicale davvero affascinante e coinvolgente. La granitica The same blood e la vorticosa Visurgis, danno maggior sostanza all’atto, trasportando l’ascoltatore in una dimensione più black. L’ultimo capitolo è introdotto da Invictus, il solito interludio, che ci apre la strada alla titletrack, Rise ottimo brano che contiene l’epitaffio di Arminius, su una triste e malinconica base di piano: ” Fu il liberatore della Germania/ingaggiò guerra non al popolo romano o ai suoi vizi/ma ad un impero nel suo massimo splendore/ebbe fortuna alterna in battaglia ma non fu vinto in guerra.”

La musica è di ottimo livello, un disco compatto e omogeneo, sapientemente intervallato da interludi che “spezzano” il tessuto narrativo che è il fiore all’occhiello dello stesso. Rise ispira una considerazione: il fenomeno dei gruppi italiani che suonano black metal e ripropongono tematiche che seguono il sentiero indicato dai gruppi scandinavi è reale. Non è forse il black metal un movimento in netta antitesi al processo di globalizzazione, ovvero la diffusione, su larga scala, di determinati modelli? E importare questi modelli, in contesti che non gli sono propri, non è forse una forma di acquiescenza nei confronti della stessa? Con Rise, i Gotland mostrano alla fan base italiana che si può fare dell’ottimo black metal traendo spunto dalla ricca storia del nostro paese, dalle sue numerose leggende e tradizioni, senza dover adottare gli stereotipi consolidati del nord Europa.

E poi c’è un aspetto meramente pedagogico: chi ha detto che per avere delle nozioni di storia sia necessario leggere un testo di Arnaldo Momigliano o di Alessandro Barbero? La Musica, intesa come forma d’arte e non come mero intrattenimento mainstream, può essere un eccezionale veicolo formativo e divulgativo, che utilizza diversi canali, ma pur sempre efficaci, e questo disco, ne è la prova.

True italian black metal

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