Recensione: Said

Di Lorenzo Bacega - 12 Dicembre 2010 - 0:00
Said
Band: Neverdream
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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81

La carriera artistica degli italici Neverdream prende il via nel 2000 in quel Guidonia (dintorni di Roma), quando cinque ragazzi accomunati da una grande passione per il progressive metal decidono di mettere in piedi un proprio gruppo. Una volta raggiunta una certa stabilità a livello di formazione, i cinque romani pubblicano nel giro di poco tempo il primo demo autoprodotto, composto da soli tre pezzi, dal titolo Rain of Sorrow (2005), seguito a sua volta, a distanza di un solo anno, dal vero e proprio full length di debutto, intitolato Chemical Faith (sorta di concept album ispirato al romanzo di Christiane F. Noi i Ragazzi dello Zoo di Berlino). A distanza di due anni dall’uscita di Souls 26-04-1986 (secondo lavoro ufficiale, risalente al 2008), vede ora la luce il terzo disco targato Neverdream, intitolato Said, pubblicato nel mese di settembre 2010 tramite l’etichetta tedesca Twilight Zone Records.

Disco assai complesso e sfaccettato, questo Said segue la scia del precedente Souls 26-04-1986, proponendo ancora una volta un progressive metal particolarmente tecnico e dalle tinte oscure, al quale vanno inoltre ad aggiungersi numerose altre influenze che spaziano dal jazz al gothic, passando infine per l’elettronica. Esattamente come nel suo predecessore, la principale peculiarità di questo disco riguarda il frontman Giorgio Massimi, cantante dalla voce estremamente particolare – spesso filtrata, molto calda e avvolgente, quasi come un sussurro – che davvero bene si sposa con le trame malinconiche e struggenti intessute da Giuseppe Marinelli (chitarra) e Mauro Neri (tastiere). Assolutamente pregevoli anche i numerosi inserti di sassofono ad opera di Fabrizio Dottori (che in questa sede si occupa anche dei campionamenti), mentre invece la sezione ritmica, costituita rispettivamente da Gabriele Palmieri alla batteria e Federico Criscimanni al basso, si fa notare per una prova decisamente valida sia per la varietà, che per la qualità delle soluzioni stilistiche proposte.

Composto solamente da sette tracce (per una durata complessiva che si attesta intorno ai sessantacinque primi), questo Said – concept album basato sull’Africa – propone una manciata di pezzi dal minutaggio piuttosto dilatato (tutti dai sette ai nove minuti, fatta eccezione per la conclusiva The Long Walk to Freedom, che supera ampiamente il quarto d’ora), estremamente articolati e complessi a livello di strutture, e per questo motivo memorizzabili nella loro interezza solo dopo un numero abbastanza elevato di ascolti approfonditi. E’ possibile inoltre notare come i brani contenuti in questo disco si rivelino complessivamente più coesi e meno confusionari rispetto al passato, mettendo in evidenza un songwriting decisamente maturo e prodigo di spunti interessanti. Ci troviamo quindi al cospetto di un lavoro privo di punti deboli? Purtroppo no, in quanto in alcuni tratti le composizioni risultano ancora un po’ troppo macchinose e poco organiche, finendo in questo modo per appesantirne leggermente la scorrevolezza. Tra gli episodi meglio riusciti possiamo sicuramente annoverare la malinconica Secrets, probabilmente il brano più immediato del disco (non a caso ne è stato un video promozionale), che si mette in evidenza per un refrain particolarmente azzeccato, oltre che per un ottimo assolo di sassofono. Degna di menzione anche l’opener Kinshasa, pezzo piuttosto articolato che, lungo i suoi otto minuti di durata, si dipana tra lunghe sezioni strumentali, riff convulsi, strofe opprimenti, improvvise pause e repentine ripartenze, mentre invece la più onirica God’s Mistake ha dalla sua delle linee vocali di altissimo livello.

Insomma, che altro aggiungere? Questo Said è un disco ampiamente convincente, prodigo di spunti compositivi interessanti e suonato in maniera più che buona. Un lavoro forte di una produzione praticamente perfetta (affidata ancora una volta ad Achim Kohler, ben noto al grande pubblico per aver collaborato in passato con gruppi del calibro di Nevermore, Sodom e Amon Amarth), estremamente pulita e capace di lasciare il giusto spazio a tutti gli strumenti presenti. Tutte le canzoni qui proposte si attestano su livelli qualitativi piuttosto alti e senza passaggi a vuoto di sorta, malgrado in alcuni tratti si avverta una meccanicità di fondo che finisce per appesantire le composizioni, in special modo quelle più complesse e articolate. Un discorso a parte merita il cantante Giorgio Massimi, frontman dotato di una voce assolutamente particolare – molto bassa, ottima nelle parti più votate all’interpretazione, meno quando i brani richiedono una maggiore aggressività – che si ama o si odia, senza mezze misure.

Lorenzo “KaiHansen85” Bacega

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Tracklist:
01. Kinshasa
02. God’s Mistake
03. Secrets
04. Black Mirror
05. Voodoo
06. Amistad
07. The Long Walk To Freedom

 

Lineup:
Giorgio Massimi – Vocals
Giuseppe Marinelli – Guitars
Federico Criscimanni – Bass
Gabriele Palmieri – Drums & Backing Vocals
Mauro Neri – Keyboards
Fabrizio Dottori – Sax & Programming

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