Recensione: Saintanic
Dopo aver dato ascolto al progetto Prophet & The Cowboys From Apocalypse, discutibile ensemble country rock poco ispirato e decisamente fuori luogo, è il momento di passare all’heavy metal fortemente tinto di thrash dei St. Madness, quintetto statunitense che con essi condivide il frontman Prophet, sorta di Ozzy Osbourne con una voce più grezza, ma dotato di un approccio più teatrale rispetto al Madman. Il tappeto strumentale che compone Saintanic, uscito originariamente nel 2009 negli U.S.A. e solo oggi arrivato dalle nostre parti, è figlio della scuola che ha consacrato i Judas Priest più “estremi” del capolavoro Painkiller condito con un amore per la scuola thrash melodica dei Megadeth, citata spesso anche nei testi politicizzati.
Molto riuscita l’opener ad effetto The Art Of Terror con spezzoni dei discorsi dell’ex presidente degli Stati Uniti George W. Bush che giustifica gli interventi di “pace” inviati in medio oriente a seguito della strage delle torri gemelle avvenuta l’11 settembre 2001. Risulta poco comprensibile e condivisibile la scelta di porre come seconda traccia la cover di Crazy Train a firma Ozzy, canzone piuttosto nota che, seppur ben eseguita, poteva essere tranquillamente posta in conclusione per lasciare spazio ai brani originali della band, ben più meritevoli d’attenzione. Le successive The Anti-Superhero e More Blood costituiscono un ambo di brani decisamente validi e trascinanti, anche se Death Rides A Buick si staglia padrona come assoluto highlight del disco, complice un riffing non certo stratosferico, ma efficace e potente quanto basta. The Sunday Paper è una semi-ballad tutto sommato abbastanza canonica e banale, che nulla aggiunge e nulla toglie a quanto sentito finora, ma che spezza un po’ l’atmosfera facendo prendere un po’ di respiro all’ascoltatore.
Da BBQ-U compresa in poi si assiste ad una progressiva perdita di ispirazione ed un calo di qualità del songwriting preoccupante, tanto che il mirino si sposta anche sull’hard rock scanzonato figlio degli anni ’80, ben rappresentato da 70’s Porno. Le uniche eccezione la fanno la veloce cover di Cocaine a firma Cream (trio che vedeva schierati negli anni a cavallo tra i ’60 ed i ’70 tali Eric Clapton, Jack Bruce e Ginger Baker), rifacimento tutto sommato carino e sufficientemente ironico da risultare convincente e l’arabeggiante My Love Is Pain, mid-tempo quadrato e potente che fa drizzare le orecchie per l’ultima volta prima di cadere nel baratro della noia. Per il resto Show Me How It’s Done, They Walk The Earth, la titletrack e You Are My Light non sono altro che canzoni senza mordente e prive di quella lucentezza che caratterizza l’inizio del disco.
Il problema più grosso di Saintanic è la mancata focalizzazione delle idee, talvolta incisive e validissime, talvolta scadenti e di bassa lega, soprattutto quando i St. Madness tentano di esplorare campi che non competono loro (BBQ-U e 70’s Porno). Se riuscissero a mantenere la loro proposta più omogenea ne guadagnerebbero decisamente in impatto e compattezza, cose che sono presenti solo in alcuni brani e non in un tutti. Fosse stata operata una più accurata selezione dei pezzi da includere nel quinto album a firma della band, sarebbe stato possibile aggiungere almeno 10 punti alla votazione finale ed avrebbero consegnato al mondo un’opera da non sottovalutare affatto, ma invece è stato deciso di inserire nella tracklist numerosissimi filler al solo scopo di aumentare il minutaggio fino a superare l’ora di durata.
In fin dei conti è un peccato in quanto, nonostante tutto, l’album in oggetto raggiunge una dignitosissima sufficienza dovuta alle indubbie qualità di un gruppo che, se e quando vuole, mette in mostra qualità notevoli sia in campo esecutivo che compositivo. Una carriera cominciata nel 1993 dovrebbe aver insegnato ai St. Madness a fare le cose in maniera professionale, mentre purtroppo questa attitudine non traspare dai solchi virtuali del loro ultimo disco.
Di conseguenza, l’analisi porta ad evidenziare un’opera ancora ingiustificatamente immatura, firmata da un collettivo di musicisti sicuramente versatili, ma che tende a prendersi troppo poco sul serio per poter concepire un lavoro solido e compatto come il genere richiederebbe. Un ritorno discografico che puzza lontano un miglio di occasione sprecata. Peccato.
Andrea “Thy Destroyer” Rodella
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Tracklist:
1 – The Art Of Terror
2 – Crazy Train (Ozzy Osbourne Cover)
3 – The Anti-Superhero
4 – More Blood
5 – Death Drives A Buick
6 – The Sunday Paper
7 – BBQ-U
8 – Don’t Piss Off Satan
9 – 70’s Porno
10 – Show Me How It’s Done
11 – Cocaine (Cream Cover)
12 – My Love Is Pain
13 – They Walk The Earth
14 – Demon’s In My Nutsack
15 – Saintanic
16 – You Are My Light
Line-up:
Prophet – Vocals
Christian Satan – Guitar
Heinous James – Guitar
Devlin Lucius – Bass
Sircyko – Drums