Recensione: Scars and Wounds

Di Eugenio Giordano - 31 Maggio 2004 - 0:00
Scars and Wounds
Band: Machine Men
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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64

La nuova sensazione della scena metal si chiama Machine Men e viene dalle fredde lande finniche, questi ragazzi sono stati letteralmente osannati dal pubblico locale e sono diventati un vero fenomeno commerciale oscurando la gloria di act blasonati come Sentenced, Him e Stratovarius.

Quando ho guardato il booklet di questo “Sacrs and wounds” ho pensato che i Machine Men avranno circa la mia età e che il loro look fosse perfettamente amalgamato allo stile dei goth-boys alla Avril Lavigne, non mi sarei mai aspettato di trovare pane per i miei denti in un cd del genere. Appena inserito il patter nel lettore sono stato investito da una carica sonora incredibile che mi ha letteralmente sorpreso, questi cinque “ragazzini” suonano un metal oscuro e dinamico di chiara matrice classica che non ha nulla da spartire con la scena musicale imperante nel loro paese in questo momento. Le chitarre sono potentissime, taglienti e hanno una produzione volutamente claustrofobica che le distacca nettamente rispetto al suono delle band metal della vecchia guardia senza però perdere una virgola della potenza necessaria per sbattervi a tappeto al primo round. La voce del singer Anthony è un concentrato di stile e tacnica che sembra derivare dagli insegnamenti di sua Maestà Bruce Dickinson senza però dimenticare l’interpretazione innovativa di Rob Halford di “Crucible”. I pezzi viaggiano veloci e diretti giocando su refrain vocali molto ispirati e intelligenti che non scadono mai nella banalità. I Machine Men non rasentano mai i canoni power melodici dei vari Stratovarius et similia. Anche la sezione ritmica dei Machine Men merita un plauso particolare perchè si dimostra veramente molto innvoativa e personale, tutti pezzi sono fluidi e dinamici sotto il profilo ritmico.

Il disco si apre con l’energia frontale di “Against the freaks”, un pezzo efficace fin dal primo ascolto, le chitarre sono taglienti e graffianti mentre l’interpretazione vocale emerge subito al di sopra della media convincendomi in pieno. La seconda “The gift” ha il tiro irresistibile degli Steel Prophet di “Book of dead”, parlo di melodie vocali crescenti e riff dinamici alternati con maestria e gusto. I Machine Men sono ambiziosi e con “The beginning of the end” dimostrano di aver assimilato la lezione degli Iron Maiden più aggressivi aggiungendo però un tocco melodico minore e vagamente malinconico, il pezzo è ancora una volta ispirato e coinvolgente. Si torna su schemi graffianti e tempi dinamici con “Silver dreams” una composizione compatta e decisamente frontale dove la band sfodera una grinta innegabile. Più ricercata e fluida “Man in chains” lascia trasparire un vocalismo intelligente e piacevolmente atipico giocato su melodie tristi ma mai noiose o ripetitive. Ottima “Betrayed by angels” possiede delle strutture ritmiche cambievoli e molto raffinate, ancora le chitarre si dimostrano aggressive e claustrofobiche ribadendo la voglia innovativa della band finnica. Con “Victim” i nostri ripercorrono il metal classico di estrazione Maideniana riuscendo a generare un refrain irresistibile. La conclusiva title track è la canzone più elaborata del disco e solo in questo caso la band lascia emergere un’atmosfera malinconica palpabile, però la potenza del pezzo non ne risente affatto.

Dopo un ep, questo “Scars and wounds” presenta una band con le idee chiare e finalmente una personalità artistica definita e libera da paragoni troppo stretti. I Machine Men sembrano nati per far rabbrividire la vecchia guardia e lasciar scricchiolare i preconcetti rispetto ai nuovi ragazzini con la chitarra elettrica. Da bravo ragazzino laureato del cazzo vi sparo in faccia questi cinque, che il metal ha bisogno dei giovani adesso.

01. Against The Freaks
02. The Gift
03. The Beginning Of The End
04. Silver Dreams
05. Man In Chains
06. Betrayed By Angels
07. Victim
08. Scars & Wounds

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