Recensione: Shadow Realms

Di Francesco "Caleb" Papaleo - 19 Marzo 2016 - 18:37
Shadow Realms
Band: Firespawn
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2015
Nazione:
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69

Occorre anzitutto anticipare, per chi non lo sapesse, di cosa si parla quando si citano i Firespawn, ovvero di un progetto musicale che coinvolge musicisti di primo piano della scena metal svedese.
Se si preferisce, quindi, si può parlare di super-gruppo.
Alla voce Lars Göran Petrov, che tutti conosciamo per essere l’anima degli Entombed ed aver contribuito ad album che hanno fatto la storia dello Swedish Death Metal come “Left Hand Path” e “Wolverine Blues”; Fredrik Fokare, chitarrista dei Necrophobic e, soprattutto, degli Unleashed; Matte Modin batterista noto soprattutto per aver militato fino al 2007 nei Dark Funeral; Victor Brandt bassista attuale degli Entombed A.D. (ma che nei Firespawn ricopre il ruolo di chitarrista) e Alex Friberg (Impaler) al basso, noto per aver collaborato coi Naglfar in sede live e per militare attualmente nei Necrophobic assieme a Fokare.
 

I nomi coinvolti in questo progetto, quindi, non è che facciano ben presagire: sono una garanzia quantomeno per l’esperienza maturata negli anni in band che del Metal estremo di stampo svedese non solo ne conoscono gli ambiti e la scena, ma essi stessi, chi più chi meno, hanno contribuito a creare e ad accrescere.
 

Il risultato è un album come “Shadow Realms” che se dovessi azzardare a definire con un solo aggettivo (ma è certamente riduttivo), definirei come “onesto”,  cosa che di per sé può darsi sia un limite, oppure no: dipende dalle orecchie dell’ascoltatore.
Onesto perché chi ha un minimo di conoscenza di band quali Entombed ed Unleashed non potrà che trovare parecchie similitudini coi Firespawn (una su tutte, ad esempio, in “All Hail”: impossibile non sentirci il “tanto” proveniente dagli Entombed), sia per come le canzoni sono scritte (potenti e ben pensate, seppure non troppo intricate, per permettere a chi ascolta di memorizzarle dopo pochi ascolti cosa che accade, ad esempio, in “Lucifer has Spoken”), sia per come sono suonate (chitarre toste, corpose, batteria veloce, potente, sempre ben presente che pesta duro, growl di L.G. Petrov dai toni parecchio gutturali, per non parlare dei testi, che riprendono i classici temi “sempreverdi” di casa Unleashed, anticristianesimo su tutti).
 

Di tutto questo, la band è brava a valorizzarne il contenuto che non viene affatto nascosto anzi è ben esposto e “graffia” che è un piacere (ecco, per l’appunto, il perché della definizione di “onesto”), con l’intento dichiarato di comporre e suonare buona musica, ottima per i concerti, per divertirsi o per essere “sparata” nello stereo a tutto volume.
 

D’altro canto invece, specularmente, bisogna dire che i Firespawn non propongono nulla che non si sia già sentito; pure parecchie volte.
Che questo debba essere un piacere o debba essere relegato al cumulo dei dischi che poi cadranno nel dimenticatoio, solo ascoltando il disco ognuno di noi potrà dare un giudizio nel tempo.
Certo è che chi ha amato (e ama ancora, ovviamente), Entombed ed Unleashed, godrà di questo album e avrà pure parecchio di cui essere felice, visto che basta ascoltare giusto l’incipit della prima traccia “The Emperor” per essere brutalmente catapultati in un mondo fatto di Death Metal rovente, veloce, cattivo; di quello “ignorante” che pesta sui denti senza pietà, dove oltretutto non è poi tanto difficile trovare qui e là spunti di band come Deicide (nel brano “Ruination”) o Morbid Angel (in “Infernal Eternal”, ad esempio).
 

Se è questo quel che cercate, allora siate i benvenuti perché ne troverete a tonnellate.
Se invece ritenete che ormai si parli di un esercizio compassato, allora vi conviene virare ad altro, tenendo però conto che l’indice di positività è nettamente a favore di questa band perché “il mestiere” c’è e si sente: ogni componente fa il proprio lavoro in maniera egregia e feroce, senza compromessi e senza mai cedere alla noia. Basta dare un semplice singolo ascolto a “Spirit of the Black Tide” o alla cadenzata “Necromance” (che tra l’altro gode di una struttura elettrizzante data da inserti di assolo di chitarra tecnici e ben inseriti) ad esempio.
 

Tutti sappiamo che certi album del passato non si possono più replicare: parliamo di lavori unici che in quel contesto storico hanno rappresentato una piccola rivoluzione.
Ma non è detto che sempre dell’inimitabilità si debba andare alla ricerca. Ed è proprio per questo che il mio giudizio è positivo per “Shadow Realms”: forse non entrerà nella storia del Metal, ma “spacca” quanto serve e tanto basta.

 

Francesco “Caleb_Verlaine” Papaleo

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