Recensione: Shining Line

Di Fabio Vellata - 7 Luglio 2010 - 0:00
Shining Line
Band: Shining Line
Etichetta:
Genere:
Anno: 2010
Nazione:
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87

Ne siamo certi e lo possiamo affermare sin da subito senza troppe sottigliezze.
Shining Line, faraonico progetto “all star” sarà, senza alcun dubbio, uno degli highlight massimi ed indiscussi dell’annata melodica, tra i possibili trionfatori in uno spicchio di mercato in cui la competizione veleggia su livelli da sempre notevoli ed offre a chi adora il rock “adulto”, ottime soddisfazioni e piacevoli novità.

Per sbrigare la questione, potremmo limitarci ad un paio di frasi ad effetto in stile slogan propagandistico. Una cosa del tipo:

Uno strepitoso all star project di respiro internazionale, pensato per soddisfare i raffinati gusti dei più esigenti ascoltatori di rock melodico.

Oppure, ancora meglio:

Come non accadeva da tempo, “Shining Line” condensa in se tutta l’essenza del miglior rock melodico, fatto di belle armonie, ritornelli brillanti, grandi artisti e scenari da air play ottantiano.

Saremmo comunque certi di non sbagliare il colpo ed andare sul sicuro, proponendo ai lettori un album destinato a piacere, se non addirittura entusiasmare, in forza di una ricchezza di contenuti, una cura maniacale ed una veemenza artistica, raramente spinti a volumi tanto significativi.

A leggere il listone degli ospiti coinvolti, è tuttavia piuttosto difficile parlare di “sorpresa” in senso stretto.
Citando alla spicciolata, Harry Hess, Robin Beck, Mikael Erlandsson, Michael Voss, Michael Bormann, Robbie LaBlanc, Michael Shotton, Vinny Burns e Bob Harris (e tralasciando per ovvi motivi di spazio, un plotone d’altri nomi di rilievo), il sospetto di un qualcosa di effettivamente “grosso” e studiato in modo tale da suscitare meraviglia, è sensazione che ai navigati frequentatori del genere non può che manifestarsi con l’immediatezza della proverbiale lampadina che s’accende.

Mega “progettone” in stile opera rock dunque, sulla scia di Brazen Abbot, Heaven and Earth e Nostradamus, arricchito da una peculiarità che, con un pizzico d’orgoglio tutto “tricolore”, inevitabilmente va rimarcata con forza. L’appartenenza assolutamente italiana dell’idea di base, mutuata dalla grande passione e dallo straordinario talento di un nucleo di musicisti di casa nostra, promotori principali dell’iniziativa.
Il mastermind Pierpaolo Monti, talentuoso batterista (conosciuto per lo più in vesti giornalistiche e di promoter d’eventi live) assecondato dall’omonimo Amos al basso, Marco D’Andrea e Mario Percudani (Hungryheart) alle chitarre e dall’onnipresente Ale Del Vecchio alle tastiere (immancabile come sempre, in tutto ciò che di buono arriva in tali ambiti dalla nostra penisola), costituiscono l’anima del project, l’asse portante dell’idea chiamata Shining Line, sorprendente distillato di talenti, melodie e, perché no, coraggio, nell’assemblare una struttura ed una proposta capace di coinvolgere in un corpo unico grandi personalità ed un songwriting riuscito ed efficace.

Il risultato, come si suol dire, è davvero “tanta roba”.
Lungo, corposo e ricco di sfumature, il disco è una concentrazione di momenti carichi di fascino e magia melodica. I suoni, opera degli Ivory Studios di mr. Del Vecchio, non mollano la presa nemmeno per un istante, attestandosi su livelli costanti d’eccellenza ed illuminando una verve compositiva che sciorina in gran scioltezza tutto l’immaginario scenografico tipico dell’AOR.
Atmosfere cariche d’emotività, umori vari e mai statici – dall’approccio grintoso del rock battagliero, sino alle aperture soffuse e rarefatte d’ambientazione notturna – lasciano all’ascoltatore il piacevole compito di scoprire i vari brani, con l’assoluta certezza di poter fornire in ogni frangente, almeno uno spunto degno di nota ed attenzione.

Un po’ complicato, date le dimensioni dell’opera (ben quindici tracce, per un totale di oltre settantasei minuti di musica), garantire una descrizione approfondita d’ogni particolare, senza divenire enciclopedici.
Limitiamoci a dar cronaca di ciò che, soggettivamente, più ha colpito la nostra fantasia.

Perfetta per introdurre nel giusto “mood”, è la cadenzata e raffinatissima opener “Highway Of Love”: incedere ritmato, giochi tastieristici di sottofondo, rifferama voluminoso ed un ritornello pieno ed ampio, pronto da memorizzare dopo un minimo approccio.
Non da meno la successiva e più frizzante “Amy”, canzone tagliata su misura per la voce suadente del grande Harry Hess, al punto da apparire talvolta, una sorta d’omaggio ai celebri Harem Sacrem, band di cui Hess è stato per anni l’acclamato frontman.
Un inizio di grande enfasi per il disco, che con i primi cinque pezzi dichiara la propria appartenenza alla migliore nobiltà melodica: “Strong Enough”, interpretata splendidamente da Robbie LaBlanc dei Blanc Faces (un bel regalo per i suoi tanti fan) e le commoventi “Heaven’s Path” e “Heat Of The Light” (breve strumentale la prima, resa al massimo da una grandissima Robin Beck la seconda), mandano in visibilio l’uditorio piazzando in rapida serie tutto quello che un melodic fan desidera da un disco simile.
Armonie piacevoli e calorose, cori potenti, sentimenti e suoni senza sbavature.

Sulle ali dell’entusiasmo, l’album vola poi senza freni, offrendo canzoni sempre dotate di grazia, eleganza e grande classe (come non citare le ottantiane “The Infinity In Us” e “The Meaning Of My Lonely Words”) per condurre ad una altrettanto eccellente parte conclusiva, animata da toni maggiormente rilassati, morbidi e notturni.
La lunga suite in tre parti “Under Silent Walls”, composta di due strumentali e da un brano cantato dal sempre ottimo Michael Bormann (ex Jaded Heart), congeda da un disco d’eccellenza assoluta, composto con infinita classe e maestria, suonato magnificamente ed interpretato alla grande da uno stuolo d’ospiti di massimo prestigio.

Difficile in buona sostanza, non entusiasmarsi e non lasciarsi andare ad espressioni di meraviglia. Complicato non buttarsi in lodi sperticate ed ovazioni a scena aperta.
Meglio forse sarebbe mantenere un profilo moderato ma, una volta tanto, lasciamo da parte la prudenza, consigliando a chi non avesse ancora provveduto, un acquisto istantaneo di Shining Line e fornendo un rapido spunto di riflessione, non prima però, d’aver tributato i giusti e meritatissimi onori ai “fratelli” (d’arte) Monti, valorosi mentori del progetto.

Dopo aver ascoltato pochi mesi or sono, il bellissimo come back degli Edge of Forever ed aver preso atto della straordinarietà di questo Shining Line – due sicuri candidati alla top five di fine anno – un quesito non può non balenare all’istante: esistono ancora dubbi sulla qualità massima raggiunta dalla scena italiana (e dai nostri “maestri”), in ambiti rock melodici?

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Tracklist:

01. Highway Of Love (Lead vocals: Erik Martensson, guitar solo: Tank Palamara)
02. Amy (Lead vocals: Harry Hess, Keyboard solo outro: Michael T. Ross)
03. Strong Enough (Lead vocals: Robbie LaBlanc, Guitar solo: Tommy Ermolli)
04. Heaven’s Paths (Instrumental)
05. Heat Of The Light (Lead vocals: Robin Beck)
06. Can’t Stop The Rock (Lead vocals: Mikael Erlandsson, Guitar solo: Michael Voss)
07. The Meaning Of My Lonely Words (Lead vocals: Michael Shotton)
08. The Infinity In Us (Lead vocals: Michael Voss, Guitar solo: Vinny Burns)
09. Still In Your Heart (Lead vocals: Sue Willets & Bob Harris, Guitar solo: Tim Manford)
10. Homeless’ Lullaby (Lead vocals: Ulrich Carlsson & Carsten “Lizard” Schulz, Guitar solo: Marko Pavic)
11. Follow The Stars (European Bonus Track) (Lead vocals: Phil Vincent, Guitar solos: Matt Filippini & Michael Voss)
12. Unbreakable Wire (Lead vocals: Brunorock, Jack Meille, Graziano De Murtas, Guitar solo: Walter Caliaro)
13. Under Silent Walls – Part I Blossom: From Night To Dawn (Instrumental)
14. Under Silent Walls – Part II Alone (Lead vocals: Michael Bormann)
15. Under Silent Walls – Part III Epilogue: Death Of Cupid (Instrumental)

Line Up:

Pierpaolo “Zorro11” Monti – Batteria / Percussioni
Amos Monti – Basso
Alessandro Del Vecchio – Tastiere / Voce
Marco “Dandy” D’Andrea – Chitarre
Mario Percudani – Chitarre

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