Recensione: Shoot Your Shot

Di Giuseppe Casafina - 22 Gennaio 2024 - 16:55
Shoot Your Shot
Band: Drunkhell
Etichetta: Autoprodotto
Genere: Folk - Viking 
Anno: 2023
Nazione:
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75

“Suono che vince, non si cambia”

Ok che il motto non era esattamente così, però se vogliamo essere precisi allora dovrò scomodare per intero il motto “gallina vecchia fa buon brodo” per descrivere appieno l’opera prima dei folk metaller pugliesi Drunkhell, armati di tutto punto con tanto di look da ladri mascherati del Far West. Il loro esordio, dal titolo “Shoot Your Shot”, dimostra una formazione sì giovane, che ha di conseguenza imparato e fatto le lezioni del Folk Metal perlopiù tipicamente nordeuropeo, con i Korpiklaani in vetta ai rimandi con cui la mente dell’ascoltatore (in questo caso il sottoscritto) è portata a ricreare associazioni, ma vi è anche qualcosa di più.ù

I Drunkhell non sono infatti così scontati come si potrebbe pensare e, sebbene di recente formazione, hanno dalla loro una leggera personalità che porta il suono ad accostarsi ora all’Heavy Metal più classico, ora addirittura a vaghi rimandi al Black Metal melodico (personalmente, chiudendo gli occhi in ‘Drunken Escape’ e ‘Bottom of the Glass’, in alcuni punti dei suddetti brani mi sembrava quasi di ascoltare una bizzarra versione con cornamusa dei Dissection -!-, sebbene l’impianto di base sia sempre chiaramente Folk Metal).

L’intero platter viaggia però complessivamente su binari collaudati, battendo sempre pressapoco sullo stesso ferro senza variazioni degne di nota e, chiariamoci, questo non è affatto un male: i Drunkhell sono sorprendentemente piacevoli e riescono altrettanto sorprendentemente a lasciare l’udito (o almeno quello del sottoscritto chiamato a recensire) incollato, scapocciante e alcolicamente assetato, dal primo all’ultimo secondo della durata totale di queste composizioni, complice anche la durata non eccessiva dei singoli episodi, i quali scorrono anche piuttosto bene proprio come una pinta di birra scolata nel momento giusto.

‘Brave Liver’ pigia maggiormente sull’acceleratore fornendo anche soluzioni compositive meno tipiche del genere che avvicinano il five-piece di fuorilegge assetati baresi a lidi quasi punk old school, mentre l’anthemica ‘B.A.R’ ci regala un inno maggiormente legato alla tradizione birraiola Folk Metal, con tanto di cantato in lingua nostrana. Nel finale, l’accoppiata di ‘Bottom of the Glass’ e ‘Don’t Get Drunk (Without Me)’ ampliano leggermente lo spettro sonoro del gruppo (espressione da prendere con le pinze, stiamo pur sempre parlando di Folk Metal e non di Prog), la prima con numerose variazioni di ritmo e tensione, mentre la seconda porta l’ensemble barese quasi ad assomigliare in tutto e per tutto ad una versione cattivona e su steroidi dei Dropkick Murphys.

Il disco è ottimamente registrato, con un sound estremamente pulito, professionale e comunque d’impatto, forse un pelo troppo ancorato alla tradizione del genere come produzione (in apertura non ho usato il detto “gallina vecchia fa buon brodo” a caso) ma che in ogni caso non sfigurerebbe al fianco, incredibile ma vero, dei dischi di importanti act maggiormente famosi del settore.

Personalmente ho ritenuto apprezzabile il fatto che si siano volutamente lasciate alcune imprecisioni d’esecuzione, atte a ricordare l’anima simpaticamente ‘cazzara’ del gruppo il quale, alla fine, altri scopi non ha se non quello di intrattenerci e farci muovere le chiappe ricolme di borchie e toppe al ritmo dei loro brani genuinamente incitanti ad un alcolismo sano e spensierato.

Quindi, alla fine cosa dire dei Drunkhell? Beh, facile e difficile allo stesso tempo.

La formazione ha sicuramente realizzato un buon debutto con un piglio deciso e una personalità che non si aspetterebbe sia dal genere che da una formazione così giovane, il tutto senza nemmeno allontanarsi troppo da quello che è il genere di riferimento. La vera sfida per loro sarà continuare a evolvere in un sottogenere così ‘chiuso’ e settoriale come è appunto il Folk Metal, ma se le basi sono queste allora l’alcolico liquido che scorre nelle vene di questi baresi è di buona qualità, per cui me la sentirei anche di scommettere su di loro per il futuro. Tanto, male che va, ne usciremo sempre sbronzi e questo è alla fine ciò che conta! Lunga vita ai fuorilegge dell’alcol quindi, sperando che possano poggiare anche altrove la loro carovana di alcol illegale in futuro.

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