Recensione: Sinner

Di Alessandro Zaccarini - 12 Gennaio 2005 - 0:00
Sinner
Band: Dave Evans
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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69

Correva l’anno 1973 e gli Ac/Dc, giovani e implumi, arrivavano alla prima uscita discografica ufficiale: il 45 giri della spettacolare ‘Can I Sit Next To You Girl’. A cantare su quel primo vinile targato Angus & Co. c’era un tale che rispondeva al nome di Dave Evans (già già, contrariamente a quanto la maggior parte della gente crede, Bon Scott non è stato il primo cantante del combo australiano). Le cose poi non continuarono nel migliore dei modi tra i fratelli Young e Evans; c’è chi dice perché le capacità di Evans non raggiungevano gli alti livelli richiesti dalla band; c’è chi dice (questa è la versione di Evans) per via di alcuni attriti umani sfociati in una rissa tra il singer e l’allora produttore della band.

Forte di quei mesi passati in una delle formazioni più grandi della storia del rock, piuttosto che della propria mediocre carriera all’interno della scena australiana, Dave Evans si affaccia sul mercato intercontinentale da solista con questo Sinner.  Dodici tracce con le quali il rocker e la sua voce roca e decisamente vecchio stampo, tentano di costruirsi un seguito fuori dall’Oceania, mischiando le facce più accattivanti dell’hard rock classico. C’è la matrice più street e aggressiva come per la ottima opener Back On The Firing Line, dove palm-muting, ritmo alto e lead frequenti donano al pezzo una irruente carica anni ’80. Non mancano pezzi più orientati verso gli ultimissimi anni ’70 come Rock ‘N’ Roll Or Bust e l’episodio che porta il titolo pluri-abusato di Only The Good Die Young. Pezzi piacevoli ma mai sopra le righe che conducono a Sinner, la quale sfoggia una buona accoppiata pre chorus/ritornello semplice e orecchiabile, mentre il resto del pezzo pare un po’ troppo frammentario. Decisamente più riuscita della title track, almeno a livello di riffing, Carnal Knowledge mette in mostra una buona prova vocale di Evans su una linea ritmica essenziale e parti di chitarra alla ‘Ac/Dc dell’era Johnson’. A mio avviso highlight assoluto del platter è Turn It Up, brano concettualmente in piena era ‘High Voltage’: ritmo alto, dal riffing decisamente blueseggiante e carico di groove alla maniera proprio di ‘Can I Sit Next To You Girl’ e linee vocali che crescono fino alla detonazione del refrain. Dopo un proiettile catchy e trascinante come Turn I Up arriva il pezzo più cupo e introspettivo del disco, una Out In The Cold che rallenta i ritmi e frena gli entusiasmi in vista di Go Down Fighting, altro pezzo deciso, incalzante e ottantiano. Sold My Soul To Rock’n’Roll si pone a metà tra il normale pezzo hard rock e il classico inno alla ‘Let There Be Rock’ o alla  Kiss (notare, a tal proposito, l’accordo semi acustico di inizio brano) in una forma ibrida che non delude ma non alza nemmeno il tiro dell’album. Tipico pezzo da chiusura, The Thunder Down Under arriva semplice e banale con la sua batteria cadenzata, le parti strumentali ridotte all’osso e il refrain lento e corale.

Un tentativo di fare presa sui fan degli Ac/Dc? Probabilmente sì, la cosa era quasi inevitabile, soprattutto dal lato promozionale. Bisogna però dare atto a Dave Evans di aver messo del suo in un album che, seppur presenti diverse influenze classiche tra cui anche gli Ac/Dc, fortunatamente non tenta di clonare la sua ex band. Ascolto discreto che offre ottimo materiale per la tipica compilation da viaggio con quei 2-3 pezzi di alto livello. Per il resto l’ascoltatore attento noterà come disco e band (quasi la stessa dell’altro gruppo di Evans, i Rabbit) non posseggano le doti eclettiche che parrebbero sorprendere ad un primo ascolto.


Tracklist:
01. Back On The Firing Line
02. Rock ‘n’ Roll Or Bust
03. Take Me Down Again
04. Only The Good Die Young
05. Sinner
06. Carnal Knowledge
07. Turn It Up
08. Out In The Cold
09. Go Down Fighting
10. Sold My Soul To Rock’n’Roll
11. D.O.A.
12. The Thunder Down Under

Alessandro ‘Zac’ Zaccarini

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