Recensione: Solipsis

Di Daniele D'Adamo - 18 Aprile 2019 - 16:17
Solipsis
Band: Xaon
Etichetta:
Genere: Death 
Anno: 2019
Nazione:
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Gli Xaon, che dal vivo assumono lo status di gruppo vero e proprio, consistono, di fatto, in un duo: Rob Carson (voce & orchestrazioni) e Vincent Zermatten (chitarra). Nati nel 2014, hanno prodotto un EP (“Face of Balaam”, 2016) e due full-length (“The Drift”, 2017; “Solipsis”, 2019).

L’introduzione atta a sottolineare tale fattispecie di coppia, oltreché esplicativa del tipo di formazione con cui si ha a che fare, è importante poiché, semplicemente e sinteticamente, la quantità di musica che contiene “Solipsis” è inversamente proporzionale al numero di componenti la formazione medesima.

Gli svizzeri producono symphonic death metal a profusione, sotto-genere a volte bistrattato ma che se, approcciato con la corretta apertura mentale, regala vette di incommensurabile bellezza sonora. 

Che è il caso dei Nostri.

La terrificante apertura dell’opener-track ‘Monolith’ non lascia alcun dubbio sulla portata della loro musica. Potentissime orchestrazioni s’intersecano a mirabili ceselli della sei corde, Carson canta con furia e cattiveria, con parecchia aggressività; coagulando in una stupenda antitesi il violentissimo attacco dei blast-beats a spettacolari visioni dettate dalla musica classica. I riff sono granitici, duri, possenti; quasi a materializzare le stupefacenti montagne della nazione dei quattro cantoni. Un sound assolutamente fantastico, capace di far tremare le budella per la sua innata propensione all’iterazione con quella clamorosa energia che solo un’orchestra sinfonica può erogare. 

I break rallentati, si fa per dire, scuotono l’etere con la forza di un ariete di proporzioni gigantesche, sconquassando tutto e tutti, scatenando cori epici, leggendari, dalla veemenza totale. Uno stile davvero personale e adulto, riconoscibile con una certa facilità in mezzo all’oceano delle proposte in materia di metal estremo. Anche gli attacchi in quattro quarti sono delle vere e proprie mazzate sui denti. Sconvolgono e rivoltano, il tutto sotto l’egida di una classe cristallina, lievito fecondante di song anch’esse stupende. Intrise di note sino all’inverosimile, favoleggianti profonde vallate inerbate sovrastate da pinnacoli innevati di cui non si scorge la cima, avvolta nelle nebbie di un paesaggio da favola. Canzoni possiedono la particolarità di avere titoli di una parola sola, quasi, anche in questo caso, per accendere l’ossimoro che, come detto, è alla base del tutto. Le canzoni stesse sono, una per l’altra, rappresentative in toto del modus operandi dei due mastermind di Sion, con specifico riferimento alla delicata fase della composizione. 

Songwriting di gran livello, pertanto, capace di partorire brani completi in tutto e per tutto, dal cruento riffing in stile thrashy sino alle melodie più stordenti. Brani che, nel loro incedere dalla già citata ‘Monolith’ a ‘Mask’, non presentano soluzioni di continuità in ordine a una vigoria che pare non avere mai fine. Anzi, in occasione di alcuni passaggi l’armonia diventa quasi da allucinazione, come in ‘Eros’, spettacolare traccia, una suite che, partendo da un morbido arpeggio, lascia intravedere sin da subito una melodia addirittura celestiale. E, quando la strumentazione elettrica entra in gioco, assieme alla scabra ugola di Carson, essa esplode in tutta la sua emozionante bellezza, accoccolata fra le braccia dei mirabili assoli dell’ascia da guerra. La visione di mondi sconosciuti, in cui la Natura comanda e l’Uomo non esiste, si fa sempre più intensa; catapultando chi ascolta, definitivamente, nelle spire di una band che, definirla tale, appare quasi riduttivo. 

Gli Xaon sono tutti da scoprire nella loro magnificenza, nel loro grande talento di scrittura, nella loro esplosiva esecuzione di un disco che ogni appassionato di buona musica deve assolutamente possedere.

Grandi!

Daniele “dani66” D’Adamo

 

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