Recensione: Speedway

Di Francesco Maraglino - 10 Gennaio 2016 - 7:00
Speedway
Etichetta:
Genere: AOR 
Anno: 2015
Nazione:
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80

Pete Godfrey è un vocalist che ha già fornito valente prova di sé negli In Faith, band artefice di un encomiabile debut-album, There’s A Storm Coming, apparso nel panorama musicale hard rock verso la fine del 2014.
Qualche tempo fa, nondimeno, il singer ha incrociato il proprio destino artistico con quello di Rob Naylor, bassista degli Angel Or Kings (anch’essi autori, nello stesso periodo, di una sorprendente opera prima denominata Kings Of Nowhere).
Il frutto di tale incontro tra musicisti votati all’hard melodico ed all’AOR è la costituzione di una nuova band, completata da Lee Revill alle chitarre e Pete Newdeck (sempre dagli  In Faith) alla batteria.
Il combo, denominato Blood Red Saints, si è avvalso pure dell’aiuto dei fratelli James e Tony Martin (Vega), autori di un paio di brani, e del grande Harry Hess degli Harem Scarem per il mastering, Con questa squadra messa in campo, i BRS hanno così concretizzato il proprio primo platter, dal titolo “Speedway”.

L’album è un vero e proprio florilegio di piccoli perfetti brani AOR dal gusto marcatamente british, che si susseguono tenendo sempre alta, senza cali di tensione, l’attenzione dell’ascoltatore.
Notevole energia, in particolare, è emanata dai rockers più veloci e ruggenti, come Kickin’ Up Dust, un hard rock su cui si stagliano la voce calda e roca di Godfrey, il suono saettante delle asce ed il lavorio incessante della incisiva sezione ritmica. In quasi tutte le canzoni, soprattutto le più veloci, traspare un calore che spesso latita in tanti progetti melodic rock. Si vedano, ad esempio, Better Days (un uptempo tenuto da un amalgama sonoro in cui chitarre e tastiere si miscelano a perfezione richiamando alla mente i migliori FM) , o, ancora Mercy (un  hard melodico in cui il chorus particolarmente attraente non fa venir meno la grinta dell’impasto sonoro in cui chitarre sempre  sugli scudi inanellano note cariche di feeling).
Di accenti risolutamente AOR tardo ottantiani risplendono Wrapped Up In These Arms, canzone irresistibile ed easy con echi ancora una volta di marca FM ed impreziosita dagli intarsi dei sintetizzatori, e soprattutto, Feels A Lot Like Love,  un rock “adulto”, melodioso eppure deciso, chiuso da esemplari volute chitarristiche. Dangerous, invece, si differenzia dalle altre tracce del lotto, per i suoi suoni elettroacustici al servizio di un brano più teso e inquieto.
Non mancano le ballad, a partire da Best Of Me, nella quale ad un incipit solenne e sospeso fa seguito uno slow in cui i delicati riff di synth omaggiano la seminale Waiting for A Girl Like You dei Foreigner. Ancora una volta il canto, che conferisce alla canzone particolare feeling e calore, si staglia sul pieno tappeto sonoro degli strumenti. Anche in conclusione del disco troviamo un lento: si tratta di Faith, una ballata guidata dal pianoforte,  caratterizzata da qualche tocco in apertura sfacciatamente citazionista nei confronti dei Beatles ed uno sviluppo sofferto e soulful.
Altrove, invece, l’ascoltatore troverà rimandi ad un sound  rivolto a fascinazioni d’oltreoceano. Toni “bonjoviani”, infatti, trapelano dalla semiballad elettroacustica Unbreakable, ingemmata da cori di grande presa, e da Love Set Me Up Again commovente ed elegante lentaccio che a più di qualcuno ricorderà i Journey.

Insomma, nella pletora di progetti e di band costruite più o meno a tavolino – ancorché con risultati artistici più che meritevoli di lode – che costellano il firmamento dell’AOR e del MHR degli anni 2000, questo lavoro dei Blood Red Saints ci ha gradevolmente sorpreso per il suo mood vigoroso e ardente pur nel contesto inevitabilmente rivolto ad un target ben preciso: che è quello di chi ama certo rock melodico di terra d’Albione come quello di cui sono alfieri Dare, FM, e Newman, nonché i mostri sacri a stelle e strisce a cui questi ultimi sono devoti.

Francesco Maraglino

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