Recensione: Stardust We Are

Di Tiziano Marasco - 6 Luglio 2011 - 0:00
Stardust We Are
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 1997
Nazione:
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90

Siate i benvenuti nella terra dei re fiori, siate i benvenuti nel regno del progressive più spinto ed estremo che possiate trovare in circolazione, del prog rock più torrenziale ed articolato in cui vi capiterà mai di imbattervi. Nati dalla mente e dalla volontà di Roine Stolt, musicista svedese attivo sin dagli anni Settanta, affiancato dal fratello e dai più giovani Tomas Bodin e Hans Fröberg i Flower Kings hanno debuttato nel 1995 con Back In The World Of Adventures (utilizzando come monicker il titolo del disco solista di Stolt uscito l’anno precedente), seguito da Retropolis, disco con cui il sottoscritto si era avvicinato al gruppo un paio di anni fa. Ammettiamolo pure: già Retropolis, ottimo esempio di come si possa comporre prog rock negli anni Novanta, mi era parso estremamente impegnativo, ma che dire quando mi sono trovato davanti a Stardust we are? Un cd doppio di inediti; basta una semplice occhiata al minutaggio (due ore e dieci di durata complessiva) per scoraggiare la maggior parte degli ascoltatori, non fosse che Stardust we are, tra i doppi dei Flower kings, è il più breve. Le intricate trame musicali dei nostri poi rendono la fruizione di una simile opera una vera e propria esperienza mistica, dalla quale senza dubbio se ne può uscire provati. Oppure, se si ascolta con lo spirito giusto, il rospo si trasforma in principe, e a quel punto è solo meraviglia, due ore di meraviglia.
Si tratta di un disco che ha bisogno della giusta occasione per essere apprezzato. Il mio momento è arrivato in occasione di un lungo viaggio in auto in una sera di autunno ed è stata un’esperienza fuori dal comune. Stolt e soci mi hanno giudato in un mondo sconosciuto: la notte si è riempita di tastiere schizofreniche e di meravigliose chitarre pigolanti, di meraviglia e speranza.

Tralasciando le esperienze personali, descrivere questo disco è davvero arduo, data la sua straordinaria complessità strutturale e lirica, trattandosi di un concept che abbraccia tutta l’epopea artistico spirituale umana, con testi ricchi di citazioni che vanno dalle favole agli Who, alternati a giochi di parole che rimandano ai giorni in cui Peter Gabriel scriveva la storia della musica coi suoi Genesis.
Analizzare ogni singola canzone è quindi del tutto inutile ma, già dalla opener In the eyes of the world, si capisce che aria tira: continui cambi di ritmo, vertiginose accelerazioni virtuosistiche cui fanno da contraltare pause introspettive, il tutto inframezzato da melodie meravigliose e senza tempo. Su questa strada seguono anche le ottime Church of your heart e The merryground.
Negli episodi successivi ciascuno dei membri si prende il suo spazio e questo accade in modo particolare nel primo disco, che pullula di grovigli strumentali (in cabina di regia le tastiere di Bodin) che fungono da intermezzi. In alcune occasioni queste divagazioni strumentali si trasformano in prodigiose jam session sulle tracce degli Yes dei tempi di Relayer, che tuttavia alle volte possono risultare indigeste (leggasi Circus brimstore e Compassion). Altre volte invece (e qui si parla essenzialmente del secondo disco) i nostri giungono dritti al cuore con brani di una semplicità quasi disarmante, come la ballad pseudo medievale e semi acustica The man who walked with kings, Different people, Kingdom of lies o la meravigliosa Don of the universe, forse il più bel pezzo tra i venti in scaletta assieme alla title track. Sitar e sassofono funzionano sempre, per sette minuti Don of the universe vi scioglie e vi dona una pace mistica d’altri tempi.
Poi, a coronare il tutto, la title track conclusiva nella migliore tradizione delle suite da venticinque minuti, un “piccolo” sunto dell’album, dato che ripropone buona parte dei temi musicali messi in scena o anche solo accennati in precedenza.
Se il disco è stato ascoltato con lo spirito giusto, quando l’ultima nota lascia spazio al silenzio verrà da pensare che è stata una faticaccia arrivare alla fine, ma ne è valsa davvero la pena.

Stardust we are/ see how we shine

Tiziano Marasco

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Tracklist:

1 In the eyes of the world       10.38
2 A room with a view    1.26
3 Just this once    7.54   
4 Church of your heart      9.10
5 Poor. Mr. Rain’s ordinary guitar          2.44
6 The man who walked with kings 4.59
7 Curcus brimstone     12.03
8 Crying clown 0.58
9 Compassion  8.40
 
1 Pipes of piece   1.29
2 The end of innocence    8.29
3 The merryground 8.17  
4 Don of the universe  7.02
5 A day at the mall  0.45
6 Different people   6.19
7 Kingdom of lies    5.47
8 If 28   2.15
9 Ghost of the red cloud  4.37
10 Hotel Nirvana 1.49
11 Stardust we are   25.03
 
Durata totale 130:14
 
Formazione:

Roine Stolt – voce, chitarra, tastiere, basso.
Tomas Bodin – tastiere
Michael Stolt – basso
Jaime Salazar – batteria
Hans Bruniusson – percussioni
Hans Fröberg – voce
Ulf Wallander – sax soprano

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