Recensione: Starzinger
Will it chug? Forse è proprio questa la domanda da porsi nel primo approccio a Starzinger, secondo album solista del celebre youtuber, chitarrista e compositore svedese Ola Englund (The Haunted, Feared), nonché fondatore e presidente del marchio Solar guitars. Per quei tre o quattro tra di voi che non si fossero mai imbattuti anche solo per caso nel suo canale, tra i più cliccati nel mondo della chitarra metal con oltre 600.000 fan, stiamo parlando di uno che passa le giornate a davanti alla telecamera, nel proporre approfondimenti domenicali, rispondere alle domande dei follower, prendere caffè con grandi artisti del panorama metal, mangiare schifezze, mostrarci la sua vita in quel di Stoccolma con la moglie Louise e recensire gear di ogni tipo: testate, cabinet, pedali, plugin digitali, e, naturalmente, tante chitarre. Uno tra i suoi format più celebri è proprio “Will it chug”, in cui il nostro, con la scusa di sentire se un determinato strumento riesce o meno a fare chug chug chug (il suono tipico del palm mute sulle corde gravi di una chitarra con molto gain), finisce per testarlo in maniera più o meno approfondita descrivendone le caratteristiche con il suo esilarante accento svedese. Sh*t look at that!
Il disco in analisi, composto di nove tracce strumentali, fa proprie le numerose influenze dello svedese, dal suo culto per Dimebag Darrell e per il riffing più pesante al progressive di John Petrucci, fino alla follia creativa di Devin Townsend. Ola porta a casa il lavoro senza perdersi in virtuosismi autocelebrativi che non sarebbe forse nemmeno in grado di sostenere e con un buon gusto nel comporre anche le sezioni ritmiche; la batteria è suonata dal misterioso Delta Empire. Con tastiere e synth sempre in prima linea, lo svedese riesce a destreggiarsi agilmente a partire dalla sincopata ed astrale “Stars & Ponies”, già ben fornita di palm mute e chitarra a sette corde ribassata per rispondere alla domanda con la quale abbiamo aperto la recensione. It is chugging. Potete fermare il cronometro. Per gli appassionati di gattini, esiste anche una versione Cat Playthrough.
Interessante anche la più ottantiana “Cringy AF”, anch’essa attinta come singolo del disco, con un videoclip stile Tron realizzato dal fratello di Ola, Fredrik.
Buoni anche i brani che esulano dall’ambito rock/metal, con il blues di “Bluesy McBluesFace”, la sognante “Space Invaders”, con violino e violoncello che si adagiano su un tappeto di tastiere sorretto da drum machine ed il brano di chiusura “A Bid Farewell”, che ci saluta con un arpeggio saturo di effetti e con una rapida e fugace intromissione della chitarra distorta per un pezzo principalmente orchestrale.
Tra i pezzi più interessanti del disco, citiamo “Demon(etized)”, brano metal più atmosferico ispirato dal tremendo fenomeno della demonetizzazione dei video su Youtube, e “Bane Of Skeletor”, che parte tiratissima con il suo blast beat furibondo e nella seconda parte dopo il solo di chitarra concede spazio ad un’incursione del sassofono di Jonas Kullhammar. Il tutto a testimoniare come Starzinger non sia un album esclusivamente guitar-oriented, come invece si potrebbe immaginare conoscendo la passione viscerale di Ola per il mondo della sei (o più) corde.
Da segnalare anche la presenza di Jeff Loomis (Arch Enemy) in “Balegmah”. Il disco è stato missato e masterizzato da Jocke Skog (Feared) sotto l’attenta e curiosa supervisione di Ola Englund stesso, che manco a dirlo ha dedicato al processo anche alcuni dei suoi video.
Interessante anche la modalità di distribuzione dell’album, autoprodotto e caricato sui principali canali di streaming musicale senza passare per la distribuzione tradizionale, in un mercato sempre più complesso e differenziato. Un modello di business che può certo permettersi uno youtuber. Le edizioni fisiche possono invece vantare la stampa del bell’artwork di Costin Chioreanu (Paradise Lost, At The Gates, Emperor), sul quale campeggia il logo dello svedese.
Evoluzione naturale ed eccellente seguito di Master of the Universe, Starzinger è un disco estremamente gradevole in tutta la sua mutevole evoluzione tra riff potenti, eleganti tappeti di synth e voglia di sperimentare con le note e con gli strumenti fino alla più totale dispersione sonora. Un lavoro da ascoltare traccia dopo traccia, cangiante, che fa della varietà e della genialità delle soluzioni proposte dal suo istrionico e maniacale creatore Ola Englund il suo maggior punto di forza.
Luca “Montsteen” Montini