Recensione: Str8 Outta Northcote

Di Matteo Bovio - 4 Dicembre 2001 - 0:00
Str8 Outta Northcote
Band: Blood Duster
Etichetta:
Genere:
Anno: 2000
Nazione:
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65

Grindcore. Se nella maggior parte dei casi questa singola indicazione basterebbe ad esaurire quasi tutto il discorso, nel caso specifico è necessario spendere qualche parola in più. Per la sua stessa natura il grind non si presta ad essere un genere per tutti: è uno di quei fronti del metal che viene o apprezzato o odiato. Fenomeno dovuto presumibilmente sia alla sua intransigenza che alla sua naturale difficoltà nel rinnovarsi. Abbiamo però per una volta una proposta che esce senza dubbi dagli schemi. Il quartetto australiano si cimenta in questo caso nella sua terza (credo) prova. A “Str8 Outta Northcote” erano preceduti infatti “Yeest” e “Fisting The Dead”. In questo nuovo capitolo si fa decisamente più marcata la componente demenziale del gruppo, cosa che appare subito dalla copertina e dal booklet in generale. Ma l’innovazione riguarda soprattutto l’aspetto musicale: ci troviamo davanti a purissimo grind’n’roll. Non riesco infatti a trovare altri termini che possano esprimere meglio quello che è la loro musica. E’ come se Elvis si fosse reincarnato per darsi al grindcore! Prove simili erano già state portate avanti da altri gruppi, ma non mi risulta che esistano pubblicazioni simili sul mercato. Il lavoro riesce infatti a divertire dopo ripetuti ascolti, e appare evidente che non ci sono altre finalità se non quella appunto di dare un ascolto piacevole. Il lavoro si articola in mezzo a riff tipicamente rock’n’roll, stacchi grind, demenzialità talvolta carine (come l’hammond in “Chop-Chop”) talvolta futili (come la traccia di puro silenzio della durata di più di 9 minuti) e anche molto crust. Non manca inoltre la componente tecnica, cosa non sempre presente in questo particolare genere. Non consiglio l’album a nessuno che abbia già un giudizio formato e negativo sul grind, perchè non sarà sicuramente questo a fargli cambiare opinione. Per gli appassionati è invece un CD da possedere, soprattutto se siete stufi del solito grind mischiato al brutal-death di stampo americano che sta invadendo il mercato. Voto quindi molto variabile a seconda delle preferenze dei singoli.
Matteo Bovio

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