Recensione: Straight to Hell

Di Manuel Gregorin - 22 Novembre 2020 - 0:05
Straight to Hell
Band: Vhäldemar
Etichetta: Fighter Records
Genere: Heavy  Power 
Anno: 2020
Nazione:
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74

Straight To Hell! Dalla Spagna ad un passo dall’Inferno.
È così che tornano sul mercato gli spagnoli Vhäldemar, formazione nata nel 99 a Bizkaia, nei Paesi Baschi, per iniziativa dal chitarrista Pedro Monge e dal cantante Carlos Escudero.
Il debutto avviene poi nel 2002 con “Fight To The End” per giungere così al loro sesto lavoro in studio con questo “Straight To Hell” con il quale i nostri ci propongono come loro consuetudine un power metal roccioso di stampo tedesco che non mancherà di fare la gioia dei fans di band come Grave Digger e Gamma Ray.
Senza alcun intro come ci si aspetterebbe dalla maggior parte dei dischi di questo genere, in questo “Straight To Hell” i Vhäldemar partono subito in quarta con la prima traccia. “Death To The Wizzard” esibisce un riff roccioso accompagnato da un bel fraseggio di chitarra: introduzione al cantato ruvido di Escudero che ruggisce le strofe di un brano graffiante in cui, verso la metà, trova spazio un bell’assolo di chitarra che con la giusta dose di melodia si inserisce bene nella potenza del pezzo. Come inizio niente male.
Un riff sparato a velocità killer apre la successiva “My Spirit“: ancora un brano di buona fattura dove Pedro Morge ci fa ascoltare un altro buon assolo che, nella sua semplicità, riesce ad essere d’effetto.

Afterlife” è il classico brano power in pieno stile teutonico, così come “Damnation’s Here” con doppia cassa, riff veloci e un cantato che riesce ad essere epico e aggressivo allo stesso tempo grazie alla prestazione di Escudero: il cantante iberico, infatti, non ha una voce da sirena antiaerea alla Kiske o Kotipelto ma presenta uno stile più grezzo e rauco accostabile ad Andi Deris e Chris Boltendahl dei Grave Digger.
Man mano che si procede con l’ascolto viene da pensare che questi Vhäldemar devono probabilmente aver letto un qualche fantomatico “manuale del disco power metal perfetto”: la compagine spagnola infatti segue alla lettera tutti gli stilemi lanciati dai maestri della scuola tedesca tanto da sembrare loro stessi provenire più da Amburgo che dalla penisola iberica. Il lavoro scorre via piacevole alternando speed song e pezzi cadenzati, come ad esempio le title track o “Fear“, due brani comunque validi dove, nel secondo in particolare, pare di sentire qualcosa degli Helloween più recenti, complice anche il cantato graffiante di Escudero, che come già detto prima, ricorda appunto quello del collega Deris.

Dopo le sonorità monolitiche di “Black Mamba” i Vhäldemar decidono di rallentare un po’ con “When It’s All Over“, la tipica ballata dall’atmosfera epica che ci si aspetta da un gruppo power metal , non male ma tutto sommato abbastanza standard. Giusto il tempo di riprendere il fiato e lanciarci verso la conclusione dell’album con “Old Kings’s Visions (Part VI)“: una specie di “brano concept” collegato ad altre tracce presenti sui lavori precedenti. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una cavalcata metallica che con le sue chitarre incalzanti, sezione ritmica massiccia , doppio assolo tastiere-chitarra e un ritornello dal sapore battagliero ci accompagna all’epilogo del disco.

Che dire in conclusione di questo “Straight To Hell“?
Sicuramente un lavoro apprezzabile e genuino, ben prodotto con un mixaggio di qualità che potrà piacere agli amanti delle sonorità più classiche. Certo l’attitudine della band di tirar dritto sulla strada del power metal più puro a tutti i costi come un mulo col paraocchi, non ne fa certo un lavoro particolarmente originale, ed anche se il risultato finale può essere soddisfacente. Tuttavia spesso tra i vari brani traspare come un alone di “già sentito”.
Non dico certo di avventurarsi in sperimentazioni particolari, ma vorrei a tal proposito, fare l’esempio di “Hell Is On Fire“: la traccia si discosta dal power e si addentra in territori più vicini all’hard rock senza però stonare affatto nel contesto generale del disco. Anzi, risulta forse il pezzo più riuscito di questa nuova fatica della band spagnola. Magari i Vhäldemar dovrebbero sì trarre spunto dalle colonne portanti del genere, ma prendendo anche un po’ di farina dal proprio sacco e non solo da quello di Gamma Ray e Running Wild.
Ovviamente il mio più che un consiglio vuole essere solo una considerazione personale…

In sostanza questi Vhäldemar possiamo definirli un buon gruppo di seconda fascia. L’intenzione non è certo quella di sminuirli: sta di fatto però che certamente non scalzeranno i grandi maestri della scuola nord europea dal proprio trono, pur risultando essere – ogni tanto – una buona variante.

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