Recensione: Sundancer

Di Francesco Maraglino - 8 Giugno 2013 - 14:22
Sundancer
Band: Fair Warning
Etichetta:
Genere: AOR 
Anno: 2013
Nazione:
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79

E’ da alcuni giorni che, nei momenti più svariati, e non sempre opportuni, della giornata, mi ritrovo a fischiettare o canticchiare sommessamente melodie delle quali non riesco immediatamente a ricordare da quale parte dell’universo si siano generate e si siano introdotte tra i miei neuroni.
Di che si tratterà mai, mi chiedo: di una vecchia canzone dei Toto? Di una traccia misconosciuta degli Scorpions ottantiani? Di una cover dei Journey ascoltata la sera prima dalla Tv inavvertitamente lasciata accesa nell’altra stanza durante  una puntata di Glee?
No.
Ad un certo punto il ricordo mi sovviene: nel mio iPod, così come nello stereo della mia auto con cui tutti i giorni percorro l’autostrada che mi porta al mio posto di lavoro (autostrada che non è una highway a stelle e strisce, ma può sembrarlo se nell’abitacolo risuona la musica adeguata), è in heavy rotation il nuovo full-length dei Fair Warning, “Sundancer”; quindi, a celebrare le soddisfazioni ed a lenire i dispiaceri che la vita quotidiana mi riserva in questi giorni ci sono quattordici nuovi proiettili di purissimo melodic-rock, sparati da una delle più efficienti fabbriche europee di rock “adulto” che il panorama musicale offra, e che subito hanno fatto breccia, evidentemente,  nella mia memoria uditiva.
Al colto e all’inclita ricordiamo che i Fair Warning sono una band tedesca, nata nel 1992 a cura di ex elementi degli Zeno, ritornata sul mercato grazie ad  album eccellenti (Brother’s Keeper del 2006 ed Aura del 2009), dopo qualche anno di scioglimento, e che poi ha tenuto in caldo l’attenzione del proprio pubblico grazie a live (Talking Ain’t Enough – Live in Tokyo), ed antologie (Best and More).
Sundancer, come il titolo fa presagire, rimanda ad uno dei classici della band, quel Rainmaker che nel 1995 impressionò il pubblico devoto di AOR e dintorni, e, conformemente alla “solare” grafica della copertina, è un vero e proprio tripudio di melodie sfolgoranti e gioiose.
La voce di Tommy Heart, come sempre sugli scudi, e l’impatto degli strumenti, ancora una volta al fulmicotone, producono un suono in cui gioiosa energia hard rock e purezza cristallina dell’ispirazione melodica si fondono nel ben noto crogiulo stilisticamente al crocevia tra gli USA di Journey e Toto e l’ Europa di Scorpions (quelli più melodici) e Europe.

L’album si apre con Troubled Love, orgogliosa e cadenzata, la quale si snoda tra riff ammiccanti di tastiere e di chitarre ed una voce inerpicata su arie accattivanti ed evocative.
Keep It In The Dark, poi, si palesa più nervosa nell’intreccio strumentale e nel lavoro della sezione ritmica, ma risulta sempre carica di sublime musicalità, di cori epici, e del tocco magico dell’immancabile assolo di chitarra elettrica.
Real Love, invece, si apre grazie all’arpeggio della sei-corde ed alla voce, i quali introducono una ballata certamente canonica, seppure emozionante grazie alla cristallina melodia aperta nel più puro stile Fair Warning, che si colloca tra i vertici del CD.
Il ritmo dell’album riprende subito quota, mantenendo alta la velocità per un bel po’, grazie alle successive Hit And Run, veloce, frizzante e dinamica, Man In The Mirror, scattante,  ad alto tasso di melodia ed ingemmata da una chitarra decisamente in bella evidenza, Natural High lesta, spumeggiante e dinamica in un turbinare di chitarre e tastiere che s’inseguono, e,  soprattutto, Jealous Heart, un delizioso e svelto pop-rock/AOR reso ancor più avvincente da saettanti ed accattivanti asce.
Segue Touch My Soul, che è marziale e carica di grinta e d’armonia limpidissima, ed introduce  una serie di canzoni dal ritmo più rallentato: Send Me A Dream è, infatti, una ballad elettrica che si spinge verso vette d’eufonia sufficientemente elevate,  mentre Pride e Get Real sono midtempo sempre impreziositi dal canto efficace e melodioso e dal fluido lavoro delle sei-corde, così come, più oltre, Living On The Streets. Il songwriting, in questa fase, mostra però qualche crepa, che va ad abbassare la valutazione complessiva del lavoro.
How Does It Feel è una traccia nervosa che si dipana sempre su tempi medi, lasciandosi contaminare da vaghe sfumature blues, e  Cool , infine, chiude il lavoro riportandolo sui binari di un hard rock risoluto e trascinante.

Sundancer rappresenta, in definitiva, ed al di là di qualche filler di troppo, e dell’assenza di innovazioni di rilievo, una riprova ulteriore del valore e della solidità della band teutonica, che si conferma come una vera e propria garanzia per coloro che amano il melodic-rock, e che non temono che il proprio cuore (fiammeggiante, of course) e la propria anima siano pervase da tali suoni.

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