Recensione: Swarth

Di Matteo Concu - 3 Febbraio 2013 - 0:00
Swarth
Band: Portal
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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88

Non so se voi abbiate mai letto “L’ombra calata dal tempo” di un certo H.P. Lovecraft. La storia narra di un professore con cattedra all’università, vittima di un amnesia della durata di 5 anni; il suo spirito, durante il corso della storia, viene scambiato con quello di un grande antico.

Provate ad immaginare quest’ultimo avvenimento non per un solo individuo, ma per quattro persone (al momento della registrazione erano 4, la line up poi è stata allargata con l’innesto di un nuovo bassista), tutte quante possedute da altrettante creature antiche. E provate ad immaginate queste quattro entità pronte a promuovere i loro antichi culti con la musica più blasfema e bestiale possibile: otto canti rituali dove la perdizione e la pazzia la fanno da padroni. Solo allora avrete “Swarth” dei Portal.

Per trovare una proposta musicale simile, si potrebbero citare “Obscura“, parto malato dei Canadesi Gorguts, o le preghiere deviate prodotte in Francia dai Deathspell Omega. Molto probabilmente, i grandi antichi nella nostra epoca sono più di quanti noi possiamo sapere, visto che il movimento si sta espandendo a più non posso, macinando riff neri come la morte, nei quali silenzi e dissonanze ballano assieme in maniera macabra facendo terra bruciata su ogni cosa.

Come accennato in precedenza, il disco si divide in otto capitoli, tanti quante sono le corde delle chitarre utilizzate per la composizione di questo disco. Tranquilli nessuna influenza djent, le otto corde sono utilizzate per rendere il suono di questo disco il più abissale, pesante e contorto possibile. I brani sono claustrofobici, ricchi di accelerazioni vertiginose inframezzate da decelerazioni doom marce come la morte. Il risultato? Sembra quasi un sorta di jam session deviata, che si muove tra la brutalità di Morbid Angel, Incantation e Immolation e i rallentamenti funereei e di Thergothon, Wormpleghm e Tyranny. Il tutto è poi incorniciato da una produzione volutamente sporca, con chitarre zanzarose e suoni poco chiari e impastatissimi.

Se avrete abbastanza fegato da terminare il primo ascolto, dovrete ulteriormente lottare contro l’istinto di scagliare il cd fuori dalla finestra, come una sorta di pietra focaia, poichè questo sarà il primo effetto che vi farà, garantito, una scomodità quasi repellente. La comprensione di “Swarth” avverrà quando la pazzia e l’insanità mentale si muoveranno attraverso la vostra mente, un po’ come accadeva  al protagonista dei racconti del caro Howard Phillips, che scavando per trovare la verità giungeva alfine alla blasfema realtà e, in ultimo, alla pazzia.

Anche voi siete pronti a compiere questo viaggio? Allora correte e procuratevi Swarth nella maniera più veloce possibile. E Magari a quel punto anche voi cambierete sembianze come gli abitanti di Innsmouth o come i protagonisti del celebre film di Carpenter “Il seme della Follia”.

Iä! Iä! Chtulhu fhtagn! Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah-nagl fhtagn…

Matteo “Mariottide666” Concu

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Tracklist:

1. Swarth
2. Larvae
3. Illoomorpheme
4. The Swavy
5. Writhen
6. Omenknow
7. Werships
8. Marityme

Line Up:

The Curator – voce
Ignis Fatuus – batteria
Aphotic Mote – chitarra
Horror Illogium – basso

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