Recensione: Tenmidnight

Di Riccardo Angelini - 18 Aprile 2006 - 0:00
Tenmidnight
Band: Tenmidnight
Etichetta:
Genere: Prog Rock 
Anno: 2006
Nazione:
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68

A volte un album nasce dopo una gestazione lunga ed elaborata, con equilibri faticosamente ricercati e grande cura per i dettagli; altre volte il suo parto è fulmineo e improvviso, frutto di un’illuminazione inaspettata che si riversa d’un colpo in musica. In qualche caso, infine, nasce per pura e semplice passione, per la voglia di suonare ciò che più piace, senza preoccuparsi troppo della fama, del successo e degli illustri confronti. Sembra questo il caso dell’omonimo debutto dei Tenmidnight, formazione felsinea che senza alzare troppo la voce è riuscita a mettere insieme un disco relativamente semplice ma affatto godibile.

Indubbiamente il retroterra della band si colloca nelle profondità del progressive italiano degli anni settanta, ma attinge anche dall’hard rock più vivace e spensierato, denotando in particolare un certo attaccamento verso i Deep Purple dei tempi migliori. Debiti evidenti, che la band non si sforza certo di celare. Al contrario, l’ attitudine di questi ragazzi denota un approccio spontaneo, immediato, a tratti persino ingenuo, specialmente nei testi in lingua madre nei quali, secondo un costume ormai decisamente demodé, fa di tanto in tanto capolino qualche breve battuta in inglese.
Ma sia ben chiaro: nessuno creda di avere a che fare con dei nostalgici dilettanti, anzi! La competenza musicale di questi ragazzi è decisamente fuori discussione: semmai è in virtù dell’assenza di soluzioni tecniche particolarmente elaborate – almeno in confronto agli standard del genere – a mantenere costantemente in primo piano le melodie, affidate soprattutto alle melodie vocali e a un Hammond dal piacevole gusto vintage.

La prima metà dell’album è senza dubbio quella che colpisce più favorevolmente, con una triade di brani di buon impatto, che spaziano dal rock sbarazzino di A Better Tomorrow alla freschezza sempreverde di Illusion of Mind, passando per la vivace Storm, in cui fanno capolino azzeccati innesti di flauto in stile Jethro Tull. Un po’ meno azzeccati invece i coretti di marca Queen che appaiono a sprazzi nei passaggi centrali di My Life, My Soul, partita bene con un promettente riff di chitarra, ma arenatasi sulla lunga di stanza in soluzioni un po’ troppo pigre per mantenere alta l’attenzione fino al termine del brano. La seconda parte dell’album registra del resto un lieve calo qualitativo, regalando spesso all’interno del medesimo brano lampi di ispirazione e momenti di stanca, come accade nella pur positiva Mission o nella non del tutto convincente bonus track.

Nonostante la produzione sia stata curata dalla stessa band, il che non sempre è garanzia di successo, i risultati denotano un lavoro decisamente professionale, testimoniato anche dalla buona cura del booklet.
Per il resto, Tenmidnight è un disco i cui limiti sono evidenti quanto i pregi, ma tale da poter regalare qualche momento piacevole a chiunque, votato non alla sperimentazione e alla ricerca del nuovo – elementi che caratterizzavano l’anima del progressive settantiano – bensì piuttosto al recupero fedele di atmosfere e sensazioni radicate in un tempo lontano, che difficilmente si trovano riproposte con tanta appassionata dedizione in tante produzioni più recenti.

Tracklist:
01 – Intro
02 – A better tomorrow
03 – Storm
04 – Illusion of mind
05 – Mission
06 – My life, my soul
07 – Unknown destination
08 – Io cerco te (bonus track)

Nota aggiuntiva: chi fosse interessato al disco può richiederlo direttamente alla band attraverso il suo sito ufficiale.

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