Recensione: The Bleeding Architecture

Di Daniele D'Adamo - 12 Dicembre 2011 - 0:00
The Bleeding Architecture
Band: Hatred
Etichetta:
Genere:
Anno: 2011
Nazione:
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82

Chi dovesse pensare che solo gli anglosassoni siano capaci di raggiungere gradi di spietatezza musicale quasi insostenibili, garantendo nello stesso tempo un livello esecutivo eccelso, avrebbe di che ricredersi ascoltando “The Bleeding Architecture” dei modenesi Hatred (da non confondersi con gli omonimi thrasher tedeschi di “Destruction Manual” o gli olandesi di “Blasphemous Deliverance”).

Nonostante la band sia attiva sin dal 2001, quando cioè si chiamava Draken Shadow, sino a oggi, oltre al full-length in esame, è stato dato alle stampe solo un EP autoprodotto. “Entity”, del 2006, lasciava tuttavia intravedere, seppure in modo acerbo, il dirompente potenziale del combo romagnolo. ‘Dirompente’, poiché gente in grado di assalire l’auditorio con una tale violenza ce n’è davvero poca, al Mondo. Il brutal death metal è un genere stra-inflazionato che ha avuto, per esempio, un enorme sviluppo nell’America latina. Fra gorgoglii da sciacquone e chitarre marce, però, alla fine non si contano gli ensemble che suonano tutti uguale. Gli Hatred, al contrario, oltre a incarnare il loro genere nell’accezione più vera del termine, e cioè con ‘brutalità’, riescono a sostenere una pressione sonora spaventosa, devastante, al limite della sofferenza fisica. Con “The Bleeding Architecture”, per l’appunto, che sintetizza una sinergia vincente fra una quasi-inumana rapidità d’esecuzione e una pesantezza senza fine.

Sull’infinito muro di suono eretto dalle instancabili chitarre di Ottani e di Benincasa si arrampica una sezione ritmica mossa da vertiginosi blast beats, per una variabilità pressoché continua nei meandri dell’impossibile (“Rise Of Devourment”): davvero un lavoro sfiancante, per le bacchette di Valenti e le dita di Donati. Anche Borciani non è da meno, spremendo le proprie corde vocali in un growling isterico e allucinato. Caratteristiche, queste, che essendo più usuali nello screaming, tipizzano per bene la ferale prova del cantante di Fabbrico, lontano dall’intelligibilità di certi vocalist-lavandino. Il rischio, però, che quest’enorme quantità di note prodotte dal gruppo potesse ingolfare la resa finale, uniformando il tutto in un brodo indigeribile, è stato impedito dall’eccellente lavoro in sala d’incisione: il suono è, sì, un terremoto eterno; tuttavia si colgono con facilità sia la voce dei singoli strumenti, sia le tantissime alterazioni musicali e accidenti ritmici presenti sul pentagramma (“Pure Scorn Embodied”).        

Per tornare alla metafora di prima, non solo il brodo è digeribile ma anche la foresta che materializza le varie canzoni è… tutt’altro che inestricabile. A un primo approccio, “Wounds” (portentoso, il suo riff portante…) e gli altri sembrano brani che mai potranno entrare in testa, talmente sono numerose le informazioni musicali in essi contenute. Non solo: l’assenza di melodia esclude anche la possibilità di un remoto approccio più rilassato a “The Bleeding Architecture”; come la mancanza di break rallentati o intermezzi strumentali tolgono letteralmente il fiato. A dispetto di ciò ogni volta che si finisce d’ascoltare la stupenda suite finale nonché title-track, sale la voglia di cominciare da capo. Sintomo chiaro d’inventiva e capacità di tradurre in musica le idee che ronzano per la testa. Idee forse non così originali ma senz’altro efficaci e ricche di profondità emotiva (per esempio, l’impegno sociale di “Itavia (30 Years Lies)”). Per togliere al loro brutal death metal quella patina di freddezza che spesso avvolge le produzioni similari, gli Hatred hanno anche l’indovinata intuizione di inserire, qua e là lungo il CD, brevi segmenti ambient atti a incupire il già tetro umore delle composizioni con un tocco da film horror che non può che far bene all’intera concezione (“Wounds”, “Hymn To Desolation”, “Rise Of Devourment”, “The Bleeding Architecture” e le sue orride orchestrazioni).  

“The Bleeding Architecture” è un lavoro tostissimo, in grado di elevarsi sulle massime vette qualitative del genere rappresentato. Più di così, onestamente, è difficile chiedere al brutal death metal. Oltre, magari, ci sono i machiavellici territori del technical ma, evitando di disquisire troppo sui generi, non sarebbe certo un’eresia considerare quest’opera anche di siffatta foggia (“Vaults Of Weakening”). Agli Hatred, quindi, il difficile compito di mantenere inalterato nel tempo – almeno – quanto di buono sin’ora ottenuto.

Daniele “dani66” D’Adamo

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Tracce:
1. Wounds 4:09         
2. Masses Infection 3:39         
3. Hymn To Desolation 3:08         
4. Rise Of Devourment 5:21         
5. A Dawn Beyond 4:37         
6. Itavia (30 Years Lies) 4:31         
7. Pure Scorn Embodied 3:58         
8. Cold Breathe Of God 4:01         
9. Vaults Of Weakening 5:19         
10. The Bleeding Architecture 8:43

Durata 47 min.

Formazione:
S. Borciani – Voce
E. Ottani – Chitarra  
D. Benincasa – Chitarra
G. Donati – Basso
R. Valenti – Batteria

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