Recensione: The Devil Tunes

Di Francesco Brocca - 23 Aprile 2016 - 8:00
The Devil Tunes
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 2014
Nazione:
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Quindici anni fa nascevano a Tampere i The Beauty of Dying, band melodic death metal finlandese che riuscì a ritagliarsi una fetta di pubblico nell’underground scandinavo, dopo aver rilasciato due demo pressoché introvabili. Due anni dopo la fondazione i membri decisero di cambiare monicker nel più diretto e memorizzabile Dead Samaritan, abbandonando le sonorità melodiche per dedicarsi a un thrash ruvido, grezzo e senza fronzoli.
Altri ben sette anni dal cambio di nome e i cinque finlandesi riuscirono finalmente a dare alla luce il loro debutto discografico “The Only Good Samarithan…” sotto la casa discografica Casket Music, seguito nel 2014 da questo “The Devil Tunes”. Album sincero e diretto, che però non aggiunge nulla di nuovo alla scena thrash finlandese, i cui monicker più noti nell’underground internazionale continuano ad essere quelli di Airdash, Antidote e Stone, e più recentemente i Lost Society.
Mi trovo dunque a recensire il secondo lavoro di una band che ha dovuto (sfortunatamente) aspettare ben undici anni prima di riuscire a registrare il proprio debutto discografico, dopo una lunga gavetta e tanto impegno.

Composto da undici tracce, per quasi quaranta minuti totali, “The Devil Tunes” si presenta come un energico tentativo di rifarsi a sonorità del passato, con evidenti influenze da parte di tutta la scena thrash metal teutonica (Kreator, Destruction) e di quella death scandinava, con sfumature che si rifanno a stilemi punk e hardcore.
In questo album i pregi non mancano: l’abilità dei musicisti è molto buona ed il disco emette passione ad ogni secondo. Gli axeman M. Viholainen e M. Saarinen ci danno prova delle loro doti chitarristiche, lanciandosi in riff ben calibrati e accompagnati da un’eccellente sezione ritmica da curata dal batterista J. Honanken e dal bassista E. Virtanen.
La vera protagonista del platter è in realtà la cantante V. Suomalainen, che fornisce una prova vocale adatta al contesto del disco, caratterizzata da growl e scream marci e, per usare un eufemismo, “demoniaci”.
Nota di merito anche alla produzione, davvero buona per un disco indipendente di una band poco conosciuta, che non ha trascurato la pulizia del suono e il mix finale.
 

Tuttavia, ci sono alcuni difetti che vanno a condizionare il giudizio finale e non di poco. Il problema di questo disco è che sa di già sentito, mille e più volte. Il problema della scarsa originalità persiste in numerosi lavori appartenenti alla “new wave of thrash metal”. Si è disposti a chiudere un occhio quando si parla di band composte da giovani, ancora immaturi e in cerca di uno stile personale, ma i Dead Samaritan non sono proprio dei giovincelli e quindi viene difficile perdonare delle scelte stilistiche potenti e divertenti, ma un po’ troppo “impersonali”. Peccato anche per i testi delle canzoni, pieni di cliché e un po’ adolescenziali. 
 

Nonostante queste note di demerito, l’album si lascia ascoltare un paio di volte senza annoiare eccessivamente.
Fra le tracce degne di nota troviamo, senza ombra di dubbio, la title-track: un minuto e cinquanta secondi di death/thrash spedito e incazzato, con sfumature che richiamano una certa influenza di crust punk marcio e cattivo.
Un’altra buona canzone è l’opener “In for the Kill”, che ci fa entrare nel mood di questo LP come un cazzotto in faccia. Qui troviamo il riffing più ispirato dell’intero full-length, con tinte melodiche e vagamente blackeggianti, accompagnate da sfuriate crust di pochi  secondi, che rendono il brano più godibile.
Il resto della tracklist si presenta come più piatto e tradizionale. Non manca di buoni spunti (che però potevano essere sfruttati meglio), come per esempio i primi quaranta secondi di “Raise a Riot” e il riff principale di “In the Glare of Burning Churches”.
 

Riassumendo, “The Devil Tunes” è un lavoro carico di energia e passione, abbastanza ben prodotto e confezionato, che cattura  l’ascoltatore durante le prime tracce, ma scema con il passare dei minuti.
Davvero un peccato, visto che la band non manca di talento né di buone idee (ce lo dimostrano le canzoni precedentemente citate), e le doti tecniche sono più che sufficienti.
Mi sento comunque di consigliarlo a tutti gli appassionati del genere, che troveranno sicuramente pane per i loro denti, e a chi si può accontentare di quaranta minuti di metal spensierato e goliardico.
Auguro tutto il meglio ai Dead Samaritan e spero che la grande passione che li anima faccia raggiungere loro vette sempre più alte e fanbase sempre più vaste, magari con un nuovo album un po’ più “maturo” e ragionato. Coraggio!

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