Recensione: The Devil’s Dance
A rafforzare la scena metal brasiliana, oltre ai soliti nomi noti e chiacchierati, è ben presente anche un folto tessuto di band meno rinomate ma comunque altrettanto valide. Tra queste possiamo riconoscere gli Ivory Gates, validi esponenti dell’underground carioca e freschi autori di un nuovo album, successivo alle uscite di “Shapes of Memory” nel 2002 e di “Status Quo” nel 2005, entrambi ben accolti dalla stampa nazionale e internazionale.
Dediti a un prog metal classico e diretto, dallo stile compositivo aggressivo ma con arrangiamenti che si mantengono su alti livelli, i sudamericani annoverano tra i punti di forza “base”, il grande lavoro di batteria di Fabricio Felix – dotato di tecnica spaventosa, grande precisione e potenza, percepibili ad ogni cambio di tempo – e l’ugola di Felipe Travaglini, singer che sfoggia una prova vocale dai toni medio/alti (preferendo sovente i secondi ai primi) d’eccezionale impatto ed espressività. Assolutamente di primo livello anche le chitarre, mentre è il basso ad essere forse un po’ sacrificato sull’altare di una batteria impressionante: quando tuttavia i due strumenti riescono a dialogare, la sezione ritmica risulta solida come il marmo.
Altro elemento di rilievo è infine la completa assenza della tastiera – una scelta che discosta gli Ivory Gates dalla maggior parte delle band Prog – solitamente utile nell’addolcire la rabbia e la forza che trapela dai brani proposti. Un elemento tipico anche dei primi Fates Warning, band probabilmente tra le maggiori influenze del gruppo brasiliano, come testimoniato dal monicker stesso, forse ispirato al brano “The Ivory Gate of Dreams”, dall’album “No Exit”.
L’apertura è affidata a “Beyond the Black”. Utilizzato come singolo di presentazione è un brano che si regge su continue accelerazioni, rallentamenti ed incessanti cambi di tempo scanditi con dovuta perizia da una batteria che risulta essere il motore di questa macchina quasi perfetta.
Con la successiva “Devil’s Dance”, si scatena invece quella rabbia accennata in precedenza: chitarre armonizzate e pesanti, quasi al limite del thrash, il drumming orientato più sulla potenza che sulla tecnica e un cantato che si alterna tra il sofferto e il melodico, danno vita a un pezzo compatto, ricco di sostanza e personalità che in scaletta meriterebbe la prima posizione.
In “Endless Nightmare”, i continui controtempo ed i fraseggi del basso sono gli assoluti protagonisti; le chitarre fanno sentire la loro presenza solo al momento dell’assolo, svolgendo un lavoro più oscuro nella rimanente parte del brano, ottimo nell’esaltare in assoluto le prestazioni vocali di Felipe Travaglini, sugli “alti” prossimo a ricordare da vicino un certo Geoff Tate.
“Serpents Kiss” ci regala due minuti di tecnica allo stato puro: un’apertura strumentale affidata a chitarra, basso e batteria che va in crescendo, fino all’inserimento della seconda chitarra che confeziona un assolo pulito, per poi armonizzare il tutto in una ritmica ossessiva che permea il brano per tutta la durata. Affiancato da una malinconica sezione vocale, è uno degli episodi migliori del disco.
Giunti a questo punto, il livello qualitativo tende purtroppo a calare, materializzando una sorta di “spaccatura” con le tracce rimanenti in scaletta. Forse non a livello tecnico, ma di certo a livello compositivo. In effetti, “Under the Sky of Illusions” sembra essere un riflesso di “Point of View” e “Imaginary World” risulta un po’ troppo ispirata a “Through Different Eyes” (sempre Fates Warning), sintomo di una venerazione eccessiva o di una momentanea carenza d’ispirazione.
“Suite Memory”, durata 22 minuti, rappresenta il capitolo finale del disco, un capitolo impegnativo che soffre di alcuni momenti di stanca, in cui forse l’aiuto di una tastiera avrebbe reso le cose più facili. In particolare laddove la tecnica avrebbe potuto essere smorzata con un po’ di melodia ed orecchiabilità in più. Evidentemente non era questa l’intenzione degli Ivory Gates.
The Devil’s Dance, è in definitiva un buon album prog, nel quale si possono riconoscere tutti i tratti distintivi del genere. Una maggiore cura della produzione, e soprattutto, un distacco definitivo da band alle quali ci si rivolge per trovare l’ispirazione, sarebbero tuttavia auspicabili: le idee non mancano e sono sostenute da un’ottima preparazione tecnica, elementi che conferiscono complessità al lavoro prodotto e rendono necessario ben più di un ascolto per una conoscenza approfondita.
Probabilmente non sarà l’album dell’anno, ma se siete appassionati del genere, un ascolto è comunque consigliato.
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Tracklist:
01) Beyond the Black
02) Devil’s Dance
03) Endless Nightmare
04) Serpents Kiss
05) Under the Sky of Illusions
06) Imaginary World
07) Suite Memory
Line Up:
Felipe Travaglini – vocals
Matheus Armelin – guitars
Hugo Mazzotti – bass
Heitor Mazzotti – guitars
Fabricio Felix – drums