Recensione: The Mystic Technocracy Preproduction Demo

Di Fabio Vellata - 16 Dicembre 2009 - 0:00
The Mystic Technocracy Preproduction Demo

Promette davvero grandi cose l’ambizioso progetto a cui sta lavorando da ben 20 anni Douglas R.Docker, autorevole musicista di origini franco-americane ora stabilmente residente nella nostra penisola, che alcuni ricorderanno per aver preso parte alla prima incarnazione della cult band Biloxi, gruppo che con il seminale “Let The Games Begin” nel corso del 1992, mise a segno un album che gli esperti conoscitori di AOR non avranno di certo dimenticato.

Orientata stilisticamente verso territori progressive, Aor e space-pop, affini – come dichiarato dallo stesso ideatore – ad ELP, Yes, Genesis, Asia, Rockets e Jean Michelle Jarre, la nuova creatura di Docker mostra sin dall’aspetto concettuale le caratteristiche ed i connotati tipici del grande colossal.
Ambientata in epoche remote ed ammantata del fascino inesauribile dei racconti fantascientifici, “The Mystic Technocracy” è una storia complessa, lunga ed articolata, che trae ispirazione da sci-fi  movie e serie televisive leggendarie quali “2001 Odissea nello Spazio”, “Guerre Stellari”, “The Black Hole”, “Spazio 1999” e “Star Trek” per addentrarsi in una vicenda epica che sin dalla trama colpisce per accuratezza ed originalità, grazie ad una miscela di elementi fantasy e narrativi che fungono da traino per formulare una sottile ed acuta critica nei confronti dei fanatismi imperanti storicamente nell’animo umano.

“Per oltre 4000 anni, l’uomo ha ucciso, torturato, intrapreso guerre e commesso genocidi in nome della religione. Questa non è un storia contro i credo religiosi, ma è un racconto incentrato sulla follia che cattura gli uomini allorquando essi cadono sotto l’influenza di dogmi basati sul fanatismo”.
Una dichiarazione decisamente esplicita d’intenti, estrinsecata attraverso una sequenza di brani musicali dalla struttura che si preannuncia molto ricca di sfumature, distribuiti in una serie differente d’album (ben cinque, secondo il progetto base) intesi come “stagioni” alla maniera delle serie TV di cui, le singole canzoni, costituiranno i vari episodi.

Un’idea mai tentata sinora e dall’inusitato fascino che, se supportata da una qualità compositiva parimenti valida, potrebbe, in effetti, portare alla luce qualcosa di davvero “nuovo” e senza precedenti.
Il plot merita approfondimenti, motivo per cui è tuttavia più indicato far riferimento diretto alla pagina Myspace di Docker, strumento mediante il quale gli interessati potranno ottenere maggiori delucidazioni sull’intreccio dell’avventura che, per ragioni di brevità, mettiamo in secondo piano, prediligendo per ora le questioni più strettamente musicali.

La possibilità di saggiare la consistenza specifica dell’opera ci è stata fornita con somma cortesia dallo stesso Docker, sotto forma di un demo di pre produzione recante due tracce inedite e la splendida cover della mitica “Prophecy” dei Rockets, band electro-pop transalpina che alcuni “vecchi” navigatori di certo rimembreranno.
Un “breve” assaggio utile per poter dichiarare senza indugi, citando il vecchio proverbio, che “se il buon giorno si vede dal mattino”, cose di immenso valore si prospettano all’orizzonte.
Tastiere imponenti, strutture musicali d’ampio respiro ma dalla drammaticità palpabile, hookline di buonissimo impatto melodico ed una serie d’effetti speciali di grande efficacia scenografica, sono ingredienti di una coppia di composizioni studiate con eccellente perizia e straordinaria padronanza dei propri mezzi.
Molto interessante la magniloquente opener “The Mystic Technocracy”, che in più d’un momento evoca le release di Arjen Lucassen a nome Ayreon e Star One, l’immane grandezza dell’idea concepita da Mr. Docker ci deriva dalla smisurata “Twilight Of The Gods”, venti minuti di suite a cavallo tra Asia, Magellan, Shadow Gallery, Dream Theater, ELP e Rockets in cui non mancano colpi di scena, attacchi cinematografici in puro stile hollywoodiano e refrain godibili tali da far apparire il minutaggio persino risicato, rispetto alla grandiosità di quanto proposto.

Una formula vincente racchiusa in quattro movimenti dall’insospettabile scorrevolezza, ben bilanciati tra situazioni che come vento cosmico, avvolgono l’ascoltatore per rapirlo in viaggi ai confini dell’universo e momenti di maggior enfasi e grinta, in più di un passaggio, accostabili senza alcun timore reverenziale ai giganteschi “Flight of The Migrator” e “The Dream Sequencer” dei già citati Ayreon.

Partendo dalla considerazione che quelli valutati sono cosiddetti “rough demos”, ovvero brani non definitivi e da perfezionare e che, nella versione finale del project saranno coinvolti calibri dai nomi altisonanti quali Ted Poley, Goran Edman, Tony Mills, Magnus Jacobson, Tony Franklin ed altri artisti al momento non ancora “ufficiali”, la conclusione non può essere che a carico di un semplice e schietto augurio.
Non vediamo l’ora cioè, di apprezzare il primo capitolo di questo magnifico e “sovrumano” progetto completo in ogni sua parte, per avere la reale conferma del fatto che, quello che abbiamo potuto presentare in anteprima ai lettori di Truemetal, è qualcosa che probabilmente sarà destinato a lasciare segni tangibili all’interno della scena musicale a noi più cara.

Se il buon giorno si vede dal mattino, grandi cose sono in movimento per il futuro prossimo.  E presto, Arjen Lucassen dovrà confrontarsi con un serio concorrente per la palma di miglior creatore di concept album progressive sci-fi rock…

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Tracklist:

01.    The Mystic Technocracy
02.    Twilight Of The Gods
·    Norse Cosmogony Part I
·    Norse Cosmogony Part II
·    Judeo – Christian Cosmogony
·    The Divine Comedy
03.    Prophecy (Rockets cover)

Line Up:

Douglas R. Docker – Voce / Tutti gli strumenti