Recensione: The Voice Within

Di Francesco Maraglino - 30 Novembre 2019 - 8:48
The Voice Within
Etichetta:
Genere: Progressive 
Anno: 2019
Nazione:
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80

Fin dal 2007 il chitarrista Luca Sellitto è noto al popolo del metal e, in particolare, agli amanti del power-progressive, come il mastermind degli Stamina. La band, infatti, si è fatta apprezzare per ben quattro album in studio e, di recente, per un disco live registrato in Polonia, nonché per numerosi concerti in giro per l’Europa.

Oggi, per la prima volta, Sellitto ha realizzato un album da solista e, per portarlo alla luce, ha chiesto aiuto ad un pugno di valenti cantanti e ad una sezione ritmica  di strumentisti del calibro di Patrick Johansson dietro ai tamburi (il batterista ha suonato in passato con gente come Yngwie Malmsteen, Impellitteri, Vinnie Moore) e Svante Henryson (anche lui ex della band di Malmsteen, ma anche di quella di Joey Tempest), alle prese con  basso e violoncello;  per se stesso ha riservato, naturalmente, le chitarre ed i tasti d’avorio.

Il risultato di queste alchimie sonore è The Voice Within”, un album che omaggio le radici del rock neoclassico a cui s’ispira Luca Sellitto.

Alcuni brani solo esclusivamente strumentali. Tra questi, The Champion’s Code inizia con piano e tastiere in un raro sprazzo di quiete in un full-length complessivamente impetuoso, poi prosegue sulle tracce veloci e vorticose che ritroviamo anche in Étude. Qui la chitarra è in bella vista tra spunti neoclassici e prog, ma sono particolarmente da encomiare anche la batteria decisa e un basso incisivo e ficcante.
Tearful goodbye è, invece, l’altro momento slow, che qui assume un mood quasi struggente.

Un gruppo di canzoni avvince, altresì, percorrendo le strade del melodic metal. Si tratta di What If?, un heavy metal epico,  compatto e trascinante contrassegnato dalla voce grintosa di Rob Lundgren (The Mentalist), che ritroviamo nella potente e scattante Into the light e nell’uptempo di marca power Second to none, dalla melodia avvincente e carica di exploit  di chitarra  di matrice neoclassica.
 

Ritroviamo quest’ultimo canone stilistico pure in Land of the Vikings (power-progressive veloce e magniloquente che vede dietro la microfono l’ottimo  Göran Edman – già con Malmsteen e John Norum-, nella quale sei-corde e tastiere sono sugli scudi così come in Shadows Of Love (al canto troviamo qui l’ex Royal Hunt e Evil Masquerade Henrik Brockmann).
 

The Voice Within” è, in definitiva, un’opera molto ben costruita, certamente piena d’ispirazione a maestri del genere come Malmsteen, Stratovarius, Symphony X e Royal Hunt, ma in cui tali elementi sono personalizzati e perfettamente incastonati in un rosario equilibrato e raffinato di brani ben composti e ottimamente  arrangiati ed eseguiti. E nei quali la tecnica e la maestria strumentare non appaiano mai fini a se stesse ma funzionali alla costruzione dei brani e delle emozioni che si vogliono trasmettere.

Francesco Maraglino


 

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