Recensione: Thunder Rising

Di Marcello Catozzi - 12 Maggio 2013 - 12:57
Thunder Rising
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Genere:
Anno: 2013
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70

La notizia dell’uscita di un disco con Mark Boals non poteva non destare un certo interesse per chi, fin dalla notte dei tempi, aveva seguito le gesta del singer statunitense durante l’arco della sua luminosa carriera, che l’ha visto impegnato accanto ad autentiche stelle del firmamento mondiale, a partire da Sua Maestà Y.J. Malmsteen per arrivare ai Ring of Fire (con Virgil Donati, Vitalij Kuprij, Tony Mc Alpine), senza dimenticare alcune illustri partecipazioni a importanti progetti quali: Royal Hunt, Uli Jon Roth, Don Dokken, ecc.
L’idea del disco è scaturita dalla fusione di due cervelli “nostrani”: quello di Frank Caruso (Firehouse, Arachnes, Strings 24) e quello di Corrado “Nail” Ciceri, noto ai più come il drummer dei gloriosi Wine Spirit. Animati dal “sacro fuoco” della rockreativity, i nostri eroi hanno contattato Mark sottoponendogli il piano di lavoro e, successivamente, si è dato inizio alle registrazioni lungo la dorsale Milano – Los Angeles, con il supporto degli altri elementi della band: Gabriele Baroni al basso (Arachnes e String 24) e Andy Ringoli alla chitarra ritmica e acustica (Homerun).
Fatta questa doverosa premessa, diamo il via alle danze accendendo il lettore CD con una notevole dose di curiosità e impazienza.

“Something to believe” si apre con alcuni riff portati dal caldo vento californiano, che a poco a poco prendono corpo assumendo una loro precisa fisionomia e identità, con l’entrata in scena dell’inconfondibile voce di Mark Boals, limpida e cristallina come sempre, adeguatamente contrappuntata da cori perfettamente calibrati. L’esordio si mostra, in questa prima traccia, indubbiamente già meritevole di un plauso per la convivenza armoniosa dei suoni con le componenti canore.
In “Without you” sono le tastiere a dare un tocco di classe, presentandosi all’inizio con un motivo incisivo e assai orecchiabile, che fa da elemento trainante e unificante di questa rock ballad, tanto bene articolata quanto sapientemente equilibrata in tutte le sue parti. Contrassegnata da un’eccezionale immediatezza, la song si disimpegna con fluidità fino alla chiusura, affidata all’epico refrain di tastiere, di grande forza ed espressività, che sfocia e si fonde nell’acuto di marca Boals.
L’approccio di “Love hard, live fast” è molto “hard”, in conformità con il titolo, sostenuto da una base ritmica spedita e possente, appena ammorbidita da una voce in grado di cavalcare agilmente le onde più alte e insidiose. Nella parte centrale spicca un assolo chitarristico di ottima fattura, e successivamente la canzone prosegue la sua galoppata fino al traguardo, scandito e poi sfumato da un tocco di synth.
L’ouverture di “An angel cries” è quella classica di una ballad, con tastiere e chitarre che accompagnano le zuccherate melodie di una voce morbida e pastosa, che scorre liscia e gustosa lungo il pentagramma come il migliore olio extravergine. Il guitar solo si snoda secondo i canoni del puro hard rock, bello corposo e acuto quanto basta, per poi allacciarsi a quelle mirabili linee vocali che, unitamente a un’azzeccata impalcatura ritmica, ne fanno uno degli episodi più significativi dell’intero album.
“Tonight” è introdotta da un delicato arpeggio, la cui dolcezza è ribadita dalla voce di Mark, modulata e calibrata al punto giusto, con indovinata alternanza di cori architettati con maestria. La parte centrale è segnata da un assolo di chitarra che irrobustisce il brano, comunque mai disallineato o incoerente rispetto alle melodie vocali.

Anche la strumentale “Hip hop blues inspiration” esordisce con un arpeggio introduttivo, ma stavolta di veste più smaccatamente heavy, sostenuto da un connubio di basso e batteria piuttosto spinto e vigoroso. Qui è la chitarra a farla da padrone, riprendendo e reinterpretando con perizia e originalità il motivo iniziale.
“Without you (acoustic)” è un pezzo d’atmosfera, una “reprise” di impronta AOR, con la voce di Mark che si erge da protagonista emergendo, con la sua consueta pulizia, in questa ripresentazione – in chiave acustica – della seconda traccia, molto piacevole e interessante nell’approccio ritmico e coristico.
“Flying over the road” regala un inizio melodico ed estremamente soft, presto rafforzato da un concreto apporto chitarristico che irrompe, con gusto ed equilibrio, non disdegnando di lasciare spazio a gradevoli virtuosismi tecnici.

Terminato l’ascolto, la prima sensazione che ne deriva è quella di aver gustato un saporito momento di hard rock “temperato”, dove convivono in modo bilanciato elementi heavy, a volte aggressivi e impetuosi, e fattori più articolati e orchestrali, unificati da splendide linee vocali di eccelsa qualità. Rimarchevoli sono pure tutti gli arrangiamenti e soprattutto la produzione, che ha saputo realizzare suoni “di razza”. Un altro aspetto meritevole di sottolineatura è rappresentato da un inequivocabile respiro di attualità che pervade tutto il lavoro, in cui si avverte un indirizzo “american style” costante, volto alla modernizzazione del sound (nei tocchi di tastiera, in certi assolo chitarristici), che conferisce freschezza e dinamicità all’opera nel suo complesso.
Reso il giusto tributo agli autori di questo inaspettato quanto gradito CD, resta da chiedersi, a questo punto – considerata la distanza “continentale” intercorrente fra gli artisti – se “Thunder Rising” sarà destinato ad accomodarsi negli scaffali degli appassionati oppure se il disco sarà il preludio a un percorso comune, anche – perché no? – in ambito “live”…

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Tutte le canzoni sono state scritte da Frank Caruso e Mark Boals, eccetto le tracce 6 e 8 (F. Caruso) e la traccia 4 (F. Caruso, M. Boals e C. Ciceri).
Il disco è stato prodotto da Videoradio / Vinile srl e Globalsoundnet sas, registrato presso Phantom Studio di Milano e Downtown Studio di Los Angeles, mixato e masterizzato da Frank Caruso e Gabriele Baroni presso il Phantom Studio di Milano. Le foto sono a cura di Christian Pizzigoni.

Sito ufficiale: www.thunder-rising.com

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